NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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IL VIAGGIATORE. Duemila anni di “vasche”, collassi e visioni all'angolo di contra' Porti

I vicentini che eleggono il sindaco e vedono la loro squadra sprofondare in serie C non possono dimenticare di vivere dentro una Storia millenaria

di Stefano Ferrio

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IL VIAGGIATORE. Duemila anni di “vasche”, collassi

Ma, voi per cui la vita è una vasca o quasi, in questo 2013, alla vigilia delle elezioni del sindaco di Vicenza, vi rendete conto di farlo “proprio lì”?

E cioè: siete consapevoli che “proprio lì” scrutate i necrologi del quotidiano cittadino, maledite il meteo che alla vostra veneranda età vi ha fatto vestire leggeri come foglie al vento, spiate il sedere di una studentessa finlandese di architettura più bionda di Filippa Lagerback, esorcizzate con una scoreggia la fine dei tempi, desiderate la distruzione istantanea di Montecitorio, avete nostalgia di una pasta con le sarde del secolo scorso, e infine riflettete sulla predestinazione travestita da goccia di pioggia caduta sul necrologio in alto a destra, quello del povero “Marino Fabbris, 79 anni, alpino”, accudito fino all'ultimo dai suoi “cari” inesistenti, ma in fondo a voi non così estraneo per tutti gli spritz che lo avete visto tracannare nei bar della città, inducendovi a meditare sulla follia di essere Marino di nome ma alpino di fatto. Tutte occupazioni che “proprio lì”, in quel punto, fanno vagare la vostra mente.

“Proprio lì”, all'angolo fra cardo e decumano dell'antica Vicetia, nel medesimo intersecarsi di corso Palladio e contra' Porti dove, tanto per dirne una, oggi schitta un piccione, e duemila anni fa, nel 13 dopo Cristo, il nobile romano Cassio Lepidio si accasciava al suolo, esalando uno dei suoi ultimi respiri, il giorno dopo essere rientrato da Roma imbolsito dagli stravizi consumati in occasione del trionfo decretato per Tiberio, figlioccio di Augusto dominatore delle orde pannoniche respinte ai confini dell'impero. Che, se ci pensate bene, è lo stesso “lì” dove, in questo maggio del 2013, Caio, 61 anni, disoccupato da quasi sempre, e da sempre ultrà del Vicenza Calcio, per la prima volta, nella sua tutto sommato intricata esistenza, è assalito per un istante dall'invidia per il cognato Renzo che, essendo di Negrar, tifa per il Verona neopromosso in serie A. Tale è infatti la disperazione in cui è precipitato chi segue la beneamata squadra biancorossa retrocessa in serie C, e forse destinata a scendere ancora più in basso dal possibile fallimento della società.

E' lo stesso “lì”, la stessa mattonella dell'Eternità, da cui poi Caio si sposta con passo reso malcerto dall'incubo di vendere la propria anima alla curva dell'Hellas. Destinato a non essere più quello che, solo un attimo prima, cantava felice una sempiterna “Gloria” di Umberto Tozzi, e invece smanioso di sputtanarsi al videopoker quanto gli resta del sussidio di disoccupazione. Ignaro, il tifoso della Curva Sud, di provare un senso di esistenziale svuotamento simile a quello che cinque secoli fa, nel 1513, attanagliava un certo Girolamo Agugliaro, vicentino soldato di ventura capace di trucidare inutilmente, al soldo del condottiero francese Louise de la Tremoille, oltre cento svizzeri affrontati di persona nella battaglia dell'Arlotta, persa dai francesi contro le milizie dell'elvetica Lega Santa.

In apparenza, a Girolamo Agugliaro andò meglio che a Caio. Perché, per riprendersi da quel senso di divorante malinconia (gli spiaceva da morire avere tranciato solo il naso, e non la vita, a un capitano svizzero particolarmente svizzero) finì nella vicina casa di piaceri situata dove attualmente si trova contra' Stalli, e lì condivise lunghe ore di una notte di passione con la cortigiana Lucilla. Fino a metterla incinta, dando vita a una spuria e contorta genealogia che, passando per un farmacista del '600 avvelenatore su commissione di adultere thienesi, e una spia napoleonica fatta impiccare a Brogliano per ordine di un antenato veronese di Giliola Cinquetti, porta nel 1952 alla nascita di Caio Spiller, meglio noto come Caio e basta, proprio il Caio la cui fede biancorossa è fatalmente vacillata sullo stesso anfratto di spazio-tempo in cui il suo nobile antenato maledisse per l'ennesima, e non ultima volta, l'esistenza degli svizzeri.

Caio Spiller non si è mai sposato, ha avuto una sola morosa, Vania, che nel 1973 lo lasciò senza troppi rimpianti per maritarsi con un certo Tullio, macellaio ciclista di Carmignano sul Brenta, ed è destinato a morire entro sei anni di cirrosi epatica, senza lasciare uno straccio di erede. Da cui si comprende come non esista, per l'anima di Girolamo Agugliaro, inferno peggiore della consapevolezza di essere stato talmente nocivo nella storia dell'umanità da dare vita a una così lunga, inutile e facinorosa progenie. Solo che – ecco le riposte virtù della Provvidenza – la sua ultraterrena contrizione è tale che, obbedendo a misteriosi impulsi, Caio da quella mattonella all'angolo fra corso Palladio e contra' Porti si muove diretto al videopoker dove, oltre a perdere 102 euro, conosce Isoke. E' la prostituta nigeriana di cui si innamorerà perdutamente, riamato al punto da toglierla dalla strada, e di crepare lo stesso di cirrosi epatica, ma due anni più tardi, in tempo per avere da lei una figlia, chiamata Paola in onore di Paolo Rossi. Se poi il padre biologico è il cognato Renzo da Negrar, tifoso dell'Hellas Verona, si tratta in realtà di un insignificante effetto collaterale.

Ciò che conta è solo il destino di Paola Spiller, più bella e dolce di un caffelatte. A proposito del quale siamo in grado di vaticinarvi che, dopo la laurea in sociologia con una tesi sull'estinzione degli ultras dagli stadi italiani, la figlia di Caio (e di Renzo) sposerà un certo Manuel, broker finanziario di San Germano dei Berici, a sua volta “erede” in linea diretta del nobile romano Cassio Lepidio che, come ricorderete, nell'anno 13 dopo Cristo stramazzava al suolo all'angolo fra il cardo e il decumano dell'antica Vicetia.

Ad altri spetterà il compito di capire e illustrare come, in un anno che potrebbe essere il 2813, ma anche il 24713, una discendente di Paola e Manuel contribuirà in un colpo solo alla salvezza dell'umanità e a quella del suo antenato Girolamo Agugliaro, così felice di lasciare gli inferi da far sorvolare alla sua anima redenta quanto sarà rimasto degli attuali, ventisei cantoni svizzeri.

L'importante è che, prima di fantasticare sulla siliconata nudità di Alba Parietti, di sputare la Brooklyn al gusto spearmint masticata per oltre mezz'ora, di ricordare quanto male gioca a calcio il difensore del Vicenza Zsolt Laczko, ungherese di Seghedino incline a battere gli out sulla propria nuca, di meditare su quanti euro costa un Vicenza-Casablanca andata senza ritorno, di telefonare alla mamma mentre la sua testa si tramuta in un carciofo sotto il casco della Gianna, e perfino di immaginare vostro cognato sindaco di Vicenza nel 2018, voi ricordiate, con un minimo di dovuta referenza, che rischiate di farlo “proprio lì”. All'angolo millenario fra corso Palladio e contra' Porti.

Lì, dove qualsiasi storiella diventa Storia. Dove alla fine di ogni vasca del corso siamo irrimediabilmente più vecchi di quando l'abbiamo incominciata. Dove cielo e terra si toccano nella palladiana perfezione di una basilica. E dove qualcosa di biancorosso sventolerà comunque, oltre la fine dei tempi.



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