C'è una ricchezza che sopravvive a ognuno di noi. Ed è la memoria che lasciamo agli altri.
In questo senso Ersilia Filippi, nativa di Valdastico, professione maestra elementare, scomparsa a 58 anni di età, si è rivelata una donna molto ricca.
Lo si è capito partecipando alla festa che, a una decina di giorni dalle esequie, il marito di Ersilia, Tiziano Copiello, e i loro tre figli – Lucia, Martina e Giacomo – hanno organizzato in una sala pubblica di Costabissara.
E' stato un sabato sera bello e caloroso. Animato da parole, musiche, sorrisi, immagini della vita e della lunga malattia di Ersilia, curiosi viavai di lacrime e risate.
Tanti i partecipanti. Centinaia.
Nessuno crediamo sia rincasato a mani vuote. O, meglio, lo vogliamo sperare.
Per quanto ci riguarda, ci siamo portati dietro, anzi, “dentro”, tre piccole, o forse grandi, verità.
Una è l''immagine del collettivo femminista di corso Fogazzaro, appositamente ricostituitosi in forma di coro, che ha eseguito due (stupende) canzoni, scritte nei primi anni '70 dalla stessa Ersilia. Più una “Iosca la rossa” che, se ancora ce ne fosse bisogno, dimostra quanto le belle canzoni, come questa di Bepi De Marzi, sono belle perché utili. Aiutano a vivere, a ricordare, a sentire.
La seconda riguarda il numero di persone prima o poi contagiate dall'umanità di Ersilia. Apprezzata per come sapeva donare buonumore, ascoltare parole diverse dalle proprie, immaginare comunque una qualche speranza verso cui puntare la rotta.
La terza ci riporta all'importanza del movimento No Dal Molin nella storia di Vicenza. Politicamente sconfitto dalla costruzione della base, e nello stesso tempo vincente da un punto di vista culturale, grazie all'impegno di cittadini che, come Ersilia, hanno semplicemente invitato la loro comunità a riflettere, osservare, confrontarsi, tirare le più varie conclusioni su temi come guerra e pace, diritti, motivi per cui guardare al domani.
Detto ciò, occorre aggiungere un'altra eredità di cui essere grati a Ersilia. Riguarda la parola “addio”. Una delle più misteriose che ci capita di pronunciare. Perché c'è dentro un po' di “Dio”, in versione minuscola, ed è nello stesso tempo la parola della disperazione, del “mai più”, del punto senza nessun a capo. Drammaticamente diversa dall'”arrivederci” che domina la tradizione dei funerali religiosi in cui siamo cresciuti.
Invece, proprio quell'Ersilia che ha cantato, ha sperato, ha fatto ridere a crepapelle, ha condiviso sogni e risvegli, ha sofferto coccolata dall'amore ininterrotto dei suoi cari e dei suoi amici, dopo 58 anni di una vita così potentemente vissuta, ci ha detto “addio”, basta, punto senza nessun a capo.
Quando questa parola ci raggiunge, e si posa dentro di noi, ci resta una sola cosa da fare, che è ricordare, e una sola emozione da vivere, che si chiama nostalgia.
Più qualcuno lascia nostalgia di sé, più si illumina una Memoria che è di tutti e di ognuno. Per rammentare, a quanti rimangono qui, che non esiste un domani senza uno ieri.
Addio, Ersilia.
nr. 22 anno XVIII dell'8 giugno 2013