(C.R.) Arcugnano, Recoaro e Valli del Pasubio. Sono tre dei comuni vicentini (purtroppo non gli unici, la lista è molto lunga) maggiormente coinvolti negli ultimi tempi da frane, smottamenti e dissesti di varia natura. Il portale www.ladomenicadivicenza.it ha fatto un viaggio per capire, dai rispettivi sindaci, umori e speranze (vane) di lavori quanto mai necessari. Ecco quanto è emerso.
Ad Arcugnano 14 frane attive. Il sindaco Paolo Gozzi: «Fondamentale tornare a lavorare nei boschi, che possono dare un lavoro»
Arcugnano rappresenta uno dei comuni vicentini più a rischio con 13 frane attive a cui si aggiunge anche uno smottamento. Una situazione di forte allarme che vede il sindaco Paolo Gozzi e gli altri amministratori impegnati in un lavoro di controllo di monitoraggio sul territorio. «Abbiamo voluto fare una mappatura - spiega il primo cittadino - per avere un quadro della situazione complessivo, necessario anche come relazione da allegare alla richiesta fondi alla Regione Veneto o ad eventuali enti simili. In realtà si tratta di un lavoro che non era mai stato fatto e che servirà anche come punto di riferimento nelle cartografie comunali. Di queste 14 frane ce ne sono in mezzo ai boschi e che quindi rappresentano un pericolo relativo, ma ce ne sono anche che mettono in pericolo arterie molte trafficate, non solo dai nostri cittadini ma anche da automobilisti che la percorrono come via di trasferimento tra un comune e l'altro tra la zona di Sant'Agostino e la dorsale dei Berici».
Il riferimento è la chiusura, tramite un'ordinanza, della cosiddetta "Strada militare", messa a repentaglio da una frana che preoccupa molto il sindaco, collocata sopra Torri di Arcugnano e in corrispondenza con il Monte Cucco. Necessari almeno 50 mila euro per mettere in sicurezza la strada e almeno 300 mila euro per i lavori di ripristino, che in questo momento non sono disponibili. «La preoccupazione sta nel fatto - precisa il primo cittadino - che in questa parte di collina esistevano due movimenti franosi, distanti tra loro circa 500 metri, mentre di recente ne è sorto un terzo, collocato in mezzo ai due. Il timore sta nel fatto che essendoci degli alberi piegati in tutta la dorsale, la paura è che si stia muovendo l'intera collina. Da parte nostra oltre alla chiusura dell'arteria, abbiamo provveduto anche ad evacuare completamente l'ecocentro, collocato in basso ma nella stessa direttiva, che resterà chiuso sino a quanto la situazione non tornerà in piena sicurezza».
Al di là di quelle che sono le urgenze quotidiane, il sindaco Gozzi ha un progetto che potrebbe diventare un punto di riferimento per molti comuni. «Non possiamo dare la colpa solamente agli eventi atmosferici - precisa il primo cittadino di Arcugnano - ma renderci conto che questi eventi si stanno verificando perché boschi e colline sono ormai abbandonati. Proprio in questi giorni noi abbiamo convocato un vertice, con la presenza, oltre che di amministratori locali e politici, tra gli altri, anche di geologi e rappresentanti di Coldiretti e Servizi Forestali, proprio sul tema dell'abbandono di queste aree, che invece vanno riscoperte. Se i nostri boschi sono abbandonati perché raccogliere le legna alla fine obbliga a venderla a 10-11 euro al quintale, mentre quella che arriva dall'Est Europa costa 7-8 euro, bisogna fare qualcosa, magari con il contributo di comuni e Regione, per abbassare i nostri costi. E così riporteremmo i nostri lavoratori, magari disoccupati, a lavorare nei boschi, in modo che possono anche diventare un'attività».
A Recoaro monitoraggio con l'alta tecnologia. Il sindaco Giovanni Ceola: «Anche l'Università di Firenze al lavoro per la frana del Rotolon»
Se da Arcugnano arriva un importante segnale per la difesa e il riutilizzo dei nostri boschi, anche Giovanni Ceola, sindaco di Recoaro, si dice perfettamente d'accordo su questa linea. «È necessario investire nei territori abbandonati, in particolare boschi e pascoli, che una volta venivano lavorati metro per metro, mentre ora la quasi totalità delle aree sono incolte e quindi in preda agli eventi atmosferici. A proposito di queste ultimi va anche rilevato che in passato non era mai successo un rischio alluvione durante le vacanze di Natale e che nello stesso periodo piovesse a dirotto in alta montagna, come successo ad inizio anno. Sicuramente questo stravolgimento climatico sta pesando molto, ma a mio parere non è sicuramente l'unica causa».
In questi anni nel comune di Recoaro non si è rimasti a guardare. In particolare nell'ultimo biennio è stato portato avanti un lavoro importante di monitoraggio, attraverso strumentazioni ad alta tecnologia, utilizzati per la frana del Rotolon, che per estensione è la seconda più importante in Italia. «In effetti sono state utilizzate apparecchiature molto sofisticate - conferma il sindaco Ceola - che garantiscono sistemi di monitoraggio molto affidabili nel rilievo della frana ed eventuali spostamenti anche nell'ordine di millimetri. Se poi aggiungiamo che questi dati, praticamente in tempo reale, vengono inviati all'Università di Firenze che li elabora e poi a sua volta li trasmette alla Regione Veneto, possiamo dire che sotto il segno della prevenzione siamo molto tranquilli e soddisfatti. Peraltro sono in contatto con uno dei docenti di Firenze che con una certa frequenza ci invia delle relazioni molto dettagliate ed esaurienti».
Ma qual è la strategia per la zona del Rotolon? «Si è lavorato e si continua a farlo per l'ampliamento del letto del fiume - aggiunge il sindaco - in quella che in termine tecnico si chiama "difesa spondale": in altre parole con una maggior larghezza dell'alveo, si favorirà, nelle situazioni di forti e continuate piogge, il deflusso dell'acqua del materiale fangoso, che in questo modo tenderà ad allontanarsi velocemente in modo da evitare, o perlomeno ridurre al minimo, le dighe naturali».
Al di là dello smottamento del Monte Rotolon, quello di Recoaro Terme rimane uno dei comuni vicentini dove negli ultimi tempi (ma anche storicamente) si sono verificate molte frane. «Siamo sempre in allerta - ammette il primo cittadino recoarese - perché il nostro territorio, da sempre, convive con queste problematiche, che purtroppo hanno creato dissesti, tratti di viabilità compromessa e danni alle abitazioni. In ordine di tempo (l'intervista è stata realizzata martedì 14 gennaio, ndr.) l'ultima frana di una certa importanza si è verificata, in località Fronte Franco, il giorno di Santo Stefano. Anche la frana nella contrada Fantoni, sulla strada che porta a Recoaro Mille, è abbastanza conosciuta al di fuori della nostra realtà per questa problematica».
L'allarme di Armando Cunegato, sindaco di Valli del Pasubio: «Tre milioni ancora fermi in cassa, serve una protesta con i sindaci uniti»
Valli del Pasubio, comune dell'Alto Vicentino, sopra Schio, ha un record poco invidiabile: in occasione dell'ondata di maltempo del 1 novembre 2010, che provocò l'alluvione a Vicenza e Caldogno, e danni ingenti in tutta la provincia berica, fu infatti il comune più "franato" con una settantina di smottamenti, grandi e piccoli. «E a distanza di oltre tre anni - confida con amarezza il sindaco Armando Cunegato - siamo nella stessa situazione, anzi possiamo dire che le cose sono peggiorate, se è vero che successivamente si sono verificate altre frane, a cominciare da quella, molto grande, staccatasi ad inizio dicembre 2012, dal Monte Cornetto, dal pilastro nord est del Vajo Stretto, stimata in oltre cento metri d´altezza per cinquanta di base: abbiamo rischiato una disgrazia visto che il materiale, più di 5 mila tonnellate di roccia, si è riversato nella valle sottostante, danneggiando seriamente la strada che dal Pian delle Fugazze che porta all´Ossario. Poi la strada è stata liberata, ma non è stata messa in sicurezza l'area franata che dunque potenzialmente rimane un pericolo».
A turbare i sonni del sindaco Cunegato non c'è solo questo allarme, ma molti altri. «La stima dei danni dopo quanto avvenuto a novembre 2010 - la ricostruzione del sindaco di Valli del Pasubio - fu di 15 milioni: nessun comune in assoluto, tra quelli coinvolti nei movimenti franosi, registrò una cifra così alta. Ci fu assegnato circa un terzo di questa cifra, qualcosa come 5,5 milioni. I lavori iniziarono nel più breve possibile, dando la priorità alle situazioni di maggiore emergenza, ossia contrade isolate, strade interrotte e case in pericolo. Di quei soldi ne sono stati spesi circa 2 milioni e mezzo, poi da parte dell'allora Commissario straordinario, Perla Stancari, cambiarono le carte in tavola e parte di quei soldi furono "destinati" per la costruzione dei bacini di espansione, opere altrettanto importanti, per carità, ma il tutto non doveva essere fatto a scapito dei comuni colpiti dalle frane. In definitiva noi abbiamo ancora in corsa 3 milioni che non possiamo spendere e che a questo punto basterebbero per la messa in sicurezza dei danni causati: senza dimenticare che questi soldi andrebbero alle aziende locali e quindi andrebbero reinvestiti».
«Da tre anni a questa parte, compresi gli ultimi mesi - conclude Cunegato - ho provato a bussare a tutte le porte possibili, dalla Provincia dove il presidente Schneck mi ha detto recentemente che non ci sono fondi, mentre dalla Regione a tutt'oggi non mi hanno ancora dato una risposta. Sono sicuro di non essere l'unico sindaco in questa situazione difficile ma anche di paura, visto che quando ci sono queste ondate di maltempo, trascorro le notti in bianco a controllare le varie situazioni. Un'iniziativa di protesta? Sono convinto che il lamento di un unico amministratore non viene ascoltato, semmai servirebbe una protesta con tutti i sindaci uniti, in modo da evidenziare la situazione in cui ci troviamo».
nr. 02 anno XIX del 18 gennaio 2014