Domenica 23 novembre in Piazza San Pietro Giovanni Antonio Farina (11 gennaio 1803- 4 novembre 1888), vescovo di Vicenza, è stato elevato dal Pontefice Francesco agli onori degli altari, da quel momento in poi il presule sarà ricordato e venerato come “santo” della Chiesa cattolica, esempio di virtù eroiche e di testimonianza della fede. Il vescovo Farina era già stato proclamato “beato” il 4 novembre 2004 da Giovanni Paolo II, e la santificazione rende ancor più importante la sua figura, come riferimento di fede e di testimonianza, nonché d’impegno nelle opere, alla luce delle tre grandi virtù teologali: fede, speranza e carità.
La sua azione pastorale si svolse in tempi non facili, ma in un clima vivo e partecipato alle vicende religiose, culturali, politiche ed economiche, in particolare a Vicenza e nel vicentino tra la prima e la seconda metà dell’Ottocento.
Molti sono i protagonisti e tutti molto attivi nei rispettivi campi d’azione, la chiesa vicentina è protagonista e presente in modo qualificato in ogni campo. I sacerdoti, in particolare i diocesani, allora, erano dediti non solo, com’è loro primario compito, alla cura delle anime e alla sacra liturgia, ma anche sui fronti culturali, umanistici e scientifici, come si dice oggi, e anche in quello della politica, dove esprimevano una visione che vedeva nell’Italia unita la prospettiva per la risoluzione dei numerosi problemi che l’occupante austriaco, succeduto alla Repubblica di Venezia, aveva posto con la sua tassazione. I moti del 1848 a Vicenza furono importanti; infatti, proprio la sconfitta di questi, il 10 giugno 1848, dopo le gloriose giornate di maggio, ad opera del maresciallo Josef Radetzky, aumentò l’istanza di “unità”. Certamente la sconfitta fu cocente, nonostante l’aiuto dato dagli zuavi pontifici, che ebbero l’onore delle armi.
Molti i protagonisti, ad iniziare dal vescovo Giovanni Cappellari. Singolare figura di docente di teologia morale all’ateneo patavino, fu maestro di Antonio Rosmini e fu anche Magnifico rettore. Ebbe la nomina a Ordinario diocesano di Vicenza nel 1832; immediatamente si occupò della diocesi con grand’attenzione, adoperandosi per il rinnovamento della vita spirituale e per la costruzione del Seminario vicentino in Borgo Santa Lucia, rinnovando gli studi, abolì lo studio mnemonico.
Durante le vicende storiche mantenne un benevole atteggiamento di fronte ai rivoltosi e protesse il clero. Le autorità austriache lo sottolinearono, facendogli mancare aiuti finanziari per l’erigendo Seminario.
Tra i protagonisti anche Giacomo Zanella che non partecipò direttamente ai moti, ma li sostenne; le autorità austriache cercarono in ogni modo di 2far pagare caro al prete di Chiampo la sua adesione al movimento unitario. Nottetempo perquisirono la stanza del poeta in seminario, ma lui fece in tempo a eliminare scritti compromettenti. Dovette però, per sovvenire ad altri sacerdoti, rinunciare, nonostante l’appoggio del vescovo, all’insegnamento che aveva in Seminario. Si aprirono anni difficili, aiutato dagli amici, tra cui don Giuseppe Fogazzaro, uno dei protagonisti del 1848 a Vicenza, che gli affidò la cura educativa del nipote Antonio e da altri. Solo verso il 1857 Zanella poté riprendere, attenuandosi il clima di repressione, la carriera di insegnante. Lo fece in diversi licei tra cui quello di Vicenza e poi quello di Padova, come Direttore dal 1862, culminando la propria carriera come professore di Letteratura italiana all’Ateneo di Padova, dove fu anche Magnifico rettore tra il 1871 e il 1872. Fu acclamato come “il poeta dell’unità d’Italia” dopo che pubblicò la silloge nel 1868 Versi. (cfr. il mio Giacomo Zanella, il poeta dell’unità d’Italia, Monticello Conte Otto (VI), 2011. Si ritirò nella quiete che gli donavano le rive dell’Astichello a Cavazzale nel Comune di Monticello Conte Otto, dove scrisse il suo capolavoro Astichello (ed. recente Editrice Veneta, Vicenza, 2013).
Tra i protagonisti di quel periodo ci fu anche Giovanni Antonio Farina, singolare figura di educatore che si colloca tra le grandi figure che intuirono come l’istruzione e l’educazione potesse essere il grande compito per un rinnovamento spirituale e sociale. Dopo l’ordinazione sacerdotale nel 1827 compì il suo ministero a Vicenza e nel 1831 fondò la prima scuola popolare femminile e nel 1836 diede vita alle Suore Maestre di santa Dorotea Figlie dei Sacri Cuori, un istituto di «maestre di provata vocazione, consacrate al Signore e dedite interamente all'educazione delle fanciulle povere» con particolare attenzione anche per quelle che presentavano delle disabilità. Furono le prime ad intuire il valore della riabilitazione. Le “Dorotee” di Vicenza si dedicarono anche al servizio dei malati, come infermiere negli ospedali e questo puntando soprattutto sulla professionalità e attenzione alle nuove modalità con cui la medicina in quegli anni compiva progressi. Il sacerdote Farina si avvide che non esisteva un manuale per la formazione professionale delle infermiere. Lo procurerà lui stesso, facendo tradurre un testo francese e lo accompagnò con queste attualissime parole: «Un’infermiera deve avere il cuore di una madre, il sangue freddo di un medico, la pazienza di un santo. Cure intelligenti guariscono quanto i rimedi». (cfr. AA.VV., Il vescovo G. Antonio Farina e il suo istituto nell’Ottocento veneto, Presentazione di G. de Rosa Roma, Ed. di Storia e letteratura religiosa, 1988).
L’Ordine delle Suore Maestre di santa Dorotea fu uno dei pochi ordini che non subì del tutto la legge del 1866 che spogliava tutti gli ordini religiosi e i cui beni andarono alla casse del neonato Stato Italiano, bisognoso di fondi, che prelevò, come aveva fatto Napoleone, proprio dagli Ordini religiosi. Fu proprio il vescovo Farina a trovare degli “espedienti “ per salvare l’istituito dalla soppressione.
Nel 1850 il Papa Pio IX, accogliendo la nomina fatta dal governo di Vienna, confermò canonicamente Farina a vescovo di Treviso, dove si distinse in maniera particolare per la sua carità, tanto da essere chiamato il «vescovo dei poveri». Fece obbligo a tutti i parroci di istituire una Pia associazione per l’aiuto ai poveri. Non fu un periodo facile per le intemperanze di qualche sacerdote, restio al rigore disciplinare che chiedeva il vescovo. Da ricordare che il 18 settembre 1858 conferì l'ordinazione presbiterale a don Giuseppe Sarto, futuro papa Pio X.
Nel 1860 fu poi trasferito alla sede vescovile di Vicenza, il governo austriaco sostituiva così un vescovo “filoitaliano” ad uno meno interessato alle vicende risorgimentali e più vicino alle istanze della Santa Sede. Partecipò ai lavori del Concilio Vaticano I, dove sostenne con forza la definizione dell'infallibilità pontificia. Il suo servizio episcopale fu improntato a chiaro rigore caritativo, diffondendo il servizio delle suore Dorotee in tutta la diocesi e non solo e alla ricerca di unità nel clero, che volle formato al rigore della riflessione teologica e alla disciplina canonica.
Sul fronte “politico” accettò” l’annessione del Veneto nel 1866 al regno d’Italia e promosse, su invito del clero, una commemorazione dei martiri del 1848, affidando proprio a Giacomo Zanella la commemorazione. Fu però sostenitore degli intransigenti, ossia di coloro che non intendevano scendere a patti con il regno d’Italia nella questione del potere temporale del papa, che venne, di fatto, eliminato con la breccia di Porta Pia. La vera preoccupazione, però, del presule fu sempre e soprattutto quella della carità e a questa va ascritto il suo servizio episcopale.
Morì a Vicenza il 4 marzo 1888, poco più di due mesi dopo scompariva anche Giacomo Zanella.
I due protagonisti ebbero certamente diversi rapporti tra loro e ben chiara appare l’attenzione del poeta al suo vescovo che celebrò in due componimenti e nella già ricordata, commemorazione. Non è certo l’idealità risorgimentale ad avvicinare Giovanni Antonio Farina e Giacomo Zanella, ma la loro comune identità di sacerdoti e ambedue attenti al grande valore della carità, che manifestarono nei loro atti. Certo, la politica divide si afferma anche oggi, ma quando la vera intenzionalità è quella dell’amore al bene del prossimo, allora i differenti punti di vista parziali, è la politica è un aspetto e non tutto, della vita umana, non costituiscono un conflitto, ma solo un differente modo di pensare ed operare nel settore, in questo caso, politico.
La grandezza dei due personaggi, sottolineata da numerosi saggi. In particolare per il vescovo, ricordiamo solo quelli più recenti: Giovanni Antonio Farina: profeta della carità, a cura delle Suore maestre di santa Dorotea figlie dei sacri cuori, testi di R. Alvarez Ferrera, Strasbourg, Editions du signe, 2001 e A. Chiades, Giovanni Antonio Farina: luce e profezia, Gorle, Velar, 2007; D. Agasso, La carità è paziente: Giovanni Antonio Farina Vescovo e Fondatore, Cinisello Balsamo (MI), San Paolo, 2014 e le pubblicazioni della postulatrice suor Albarosa Ines Bassani, in particolare con il testo Profezia caritativa e pastoralità in Giovanni Antonio Farina, 1803-1888, Prefazione di G. De Rosa, Vicenza, Istituto per le ricerche di storia sociale e religiosa, 2000 e altri saggi.
Anche Giacomo Zanella ha visto in tempi recenti una ripresa di studi, dopo “un certo abbandono” dovuto soprattutto ad una visione ideologica che misconosceva il valore del poeta e insieme a lui di tanti altri scrittori e pensatori cattolici, tra cui gli importanti per la storia vicentina A. Rosmini e A. Fogazzaro. Tra gli studi sul poeta ricordiamo quelli di Giovanni Giolo, Zanella e Leopardi ,Vicenza, Editrice Veneta, 2012 e il mio Giacomo Zanella educatore, in appendice Della morale nella istruzione secondaria [di] Jacopo Zanella,Vicenza, Editrice Veneta, 2013.
Due protagonisti, due esponenti della vita di fede e ognuno nel suo campo del servizio pastorale, l’uno come vescovo e coordinatore delle varie attività della diocesi, l’altro nella prassi quotidiana che non si faceva notare, ma sovveniva a numerose esigenze per i poveri anche di Cavazzale. Ambedue esempi di vita cristiana e degni di essere ricordati.
I componimenti
Giacomo Zanella scrisse, come abbiamo già riferito, la commemorazione per i morti del 1848 nel 1866 in cattedrale su invito del vescovo G.A. Farina e dedicò due componimenti poetici sempre al presule, com’era, infatti, uso, in occasioni importanti e ciò fece il maggior poeta dell’Ottocento vicentino.
Don Giuseppe Fogazzaro
Nel Discorso commemorativo Nelle solenni esequie pei caduti del risorgimento d’Italia celebrate nella Cattedrale di Vicenza il 10 Ottobre 1866, pubblicata a Vicenza dalla Tipografia Naz.Paroni e a Venezia da Gaspari e in un “foglio volante” sempre nel 1866, Zanella, ricordando don Giuseppe Fogazzaro, traccia il valore dei giovani che parteciparono all’insurrezione, frutto di buona educazione e formazione religiosa che li vide partecipi di un’esigenza d’unità contro le “dabbenaggini” dell’Austria nei territori veneti. Contemporaneamente lancia pure qualche frecciata al clero italiano incapace di leggere il tempo presente e la sua mancanza di cultura, la lezione di Rosmini in Delle cinque piaghe della Santa Chiesa, tanto apprezzata da don G. Fogazzaro è ben presente. Zanella però non dimentica che è una celebrazione esequiale e quindi al termine ricorda il sacrificio dei giovani che “morirono nel pieno della vita e delle speranze: morirono deserti, senza il bacio delle madri e delle sorelle, e forse senza un pio, che venisse a santificare colla religione la loro fine”. Un sentimento religioso che deve sempre accompagnare tutte le fasi della vita ed in particolare quando si dà la vita “pel pubblico bene”. Infatti, “Religione e patria, figlie entrambe di Dio, si daranno di nuovo la mano, e i nostri nipoti – conclude Zanella – meraviglieranno che possa esservi stato mai tempo in cui fosser divise”.
Essere nella diversità uniti era l’ideale risorgimentale e federale del liberalismo di Antonio Rosmini e ben lo interpreta il poeta.
Non sappiamo come reagisse al discorso il vescovo, ma la sua preoccupazione era l’unità del clero e quindi accettò senz’altro le parole di Zanella, consapevole che l’unità d’Italia avesse sempre e comunque necessità della carità, che era lo scopo fondamentale del suo servizio nella religione.
Le composizione poetiche che Zanella dedica al vescovo Farina traggono la loro ragione dal giubileo dell’ingresso nella diocesi di Vicenza del prelato. Sono un sonetto composto per il XV dicembre 1885 A Monsignore Gio. Antonio Farina nel XXV anniversario dal suo ingresso alla sede vescovile di Vicenza e la seconda Brindisi alla mensa di Mons. Gio. Antonio Farina vescovo di Vicenza, recitato la sera del 16 dicembre 1885. Entrambe le poesie sono pubblicate in Poesie rifiutate, disperse, postume, inedite, a cura di G. Auzzas e M. Pastore Stocchi, Vicenza, Neri Pozza, 1991, p. 207 e p. 292. Il poeta non manca di ricordare nella prima poesia che l’unità d’Italia si coniuga con la fede e con l’assonanza con il papa, Leone XIII, mentre più d’occasione ci pare la seconda.
A Monsignore Gio. Antonio Farina
nel XXV anniversario dal suo ingresso
alla sede vescovile di Vicenza
xv dicembre mdccclxxxv
Negl’Italici petti ardono ancora
Celesti amore: non è l’aria infranta;
Ancor lo spirto il suo principio adora
E della fè di Cristo ancor si vanta.
Canuto Aronne, in cui Vicenza onora
Sacrato ramo dell’augusta pianta.
Che della sera i regni e dell’aurora
Coll’ombra sua, che mai non perde, ammanta,
Ascendi il monte, e non di lampi e tuoni
Ti circondi il terror, ma con la face
Di carità ti manifesta ai buoni.
Spegni i clamori; ed auspice di pace
La voce di Leon sola risuoni
Nell’ansia terra che l’attende e tace.
Brindisi alla mensa di Mons.
Gio. Antonio Farina vescovo di Vicenza
Se l’Angiol santo, che nel grave ammanto
Della romana Porpora rifulge,
Cominciar d’altri, che da Lui m’indulge:
Prima al nostro Pastor mando gli auguri,
Che serena la vita ancor gli duri.
D’Adria, Padova e Ceneda ai pastori
Auguro poche spine e mille fiori,
Nel difficil sentiero,
In questa età, del santo ministero.
Caldi auguri fo quindi e caldi voti
Per tutti i Monsignori e Sacerdoti;
Famiglia veneranda,
Che al desco del Pastor fanno ghirlanda.
All’Angiol di Venezia ora mi resta
Una preghiera alzar. Di questa festa
Sia dal labbro di Lui data novella
Al Grande, che di Pier la navicella,
Combattuta da torbida procella,
Regge animoso e col divin conforto
Spera ridurla (oh presto avvenga!) al porto..
nr. 42 anno XIX del 29 novembre 2014