Introduzione
La predicazione di Maometto diede inizio ad una prospettiva religiosa, inizialmente non tollerata nella città di nascita, tanto che dovette andarsene ed emigrò (Ègira) nella città di Yathrib. Da questo momento inizia l’era mussulmana, che oggi è l’anno 1394 ed è differenza di quello solare perché utilizza 12 mesi lunari di 29 o 30 giorni. L'anno, quindi, è di 354 giorni o 355, evento che accade circa ogni tre anni. Il riferimento principale della nuova religione è il Sacro Corano, che contiene quanto Maometto ha ricevuto da Dio stesso. Infatti, Maometto ha ricevuto l’incarico incaricato da Dio stesso - attraverso l'arcangelo Gabriele- di divulgare l'ultima e definitiva rivelazione all'umanità. Il testo contiene tutto quanto serve al fedele sia in campo teologico, orante e anche civile. Un testo complesso che è circondato da un rispetto totale e non può subire modificazioni, anche se per alcune parti del mondo islamico vi è una qualche possibilità d’interpretazione.
Fin dal suo apparire, nonostante che nel Sacro Corano siano contenuti riferimenti sia alla religione ebraica sia a quella cristiana, ed in particolare ben 33 citazioni di Maria, Madre di Gesù, vi fu quasi subito una precisa contrapposizione alle due altre religioni, che, seppur tollerate in parte, le altre no, non trovano facile comprensione nemmeno oggi nel mondo islamico. È vero che esistono associazione come il CO.RE.IS. (Comunità Religiosa Islamica) Italiana, che propongono, attraverso incontri, uno degli ultimi presso l’ultimo Istituto Superiore di Scienze Religiose Santa Maria di Monte Berico Vicenza, una relazione di conoscenza e rispetto reciproci, ma nel corso dei secoli non furono certo facili i rapporti.
I contenuti del sacro Corano vengono, in genere, riassunti, ma è una visione poverissima, in “cinque pilastri”:
1. Accettazione di Dio (Allah);
2. Ṣalāt, ovvero preghiera quotidiana;
3.Zakat, ovvero elemosina legale;
4.Sawm, il digiuno nel mese di Ramadan
5.Hajj, il pellegrinaggio alla Mecca nel mese di Dhu I-Hijjal l’ultimo dell’anno islamico.
Queste basi per l’ortoprassi, ossia la vera condotta che il credente si deve assumere e alla quale fare riferimento.
Nota: È disponibile in rete una versione italiana del Sacro Corano, rivista e controllata nella dottrina dall’Unione delle Comunità ed Organizzazioni Islamiche in Italia – UCOII.
Fin dall’emigrazione a Yathrib, ribattezzata Medina, la religione islamica si costituisce anche come Stato e adotta il Sacro Corano, secondo alcuni solo una parte 190 versi su 6236 totali, la Sunna (ovvero gli hadith del Profeta), il consenso dei dotti (ijm) e l'analogia giuridica (qiyās), come riferimenti politico-giuridici.
Le relazioni con le religione ebraica e cristiana, sono regolate da una tolleranza che però esige da parte dei seguaci il pagamento della dhimma (protezione), che consente la possibilità di seguire il proprio “credo”. Ciò è possibile per queste due religioni, non per coloro che sono dichiarati “politeisti”; a loro è consentito, in realtà, solo la conversione (Sura n.9):“tranne con i quali concludeste un patto, che non lo violarono in nulla e non aiutarono nessuno contro di voi: rispettate il patto fino alla sua scadenza.” Il versetto successivo chiarisce anche: “Quando poi siano trascorsi i mesi sacri, uccidete questi associatori ovunque li incontriate, catturateli, assediateli e tendete loro agguati. Se poi si pentono, eseguono l'orazione e pagano la decima, lasciateli andare per la loro strada. Allah è perdonatore, misericordioso.”
Nel corso dei secoli successivi, la situazione di relazione con il mondo cristiano fu complessa e quasi esclusivamente bellica sia con i possedimenti persiani e Impero bizantino, che fu privato di tutti i possedimenti, gran parte del Vicino oriente e l’Africa del nord, sia con l’Europa, almeno fino a Carlo Martello, re dei Franchi, che con la battaglia di Poitiers nel 732 dell’era cristiana pose fine all’espansione in territorio francese, nel quale erano giunti occupando la Spagna e sconfiggendo gli ultimi sovrani. Anche durante il, regno di Carlo Magno vi furono scontri, famoso quello di Roncisvalle e dei paladini con Orlando, ma possiamo dire che per l’Europa il pericolo dell’invasione araba subì un arresto. Spagna, Sicilia erano nelle loro mani, l’espansione continuò nell’Africa subsahariana e verso l’oriente, India.
All’interno della religione islamica fin dopo la morte di Maometto erano iniziate divisioni e scontri tra due prospettive che, ancor oggi esistono e sono denominate quelle dei sanniti e quella degli sciti. I primi, il popolo delle tradizioni si considerano la prospettiva religiosa più ortodossa e tradizionalista dell’Islam, mentre i secondi, i sostenitori di Ali, il genero di Maometto, al quale secondo i seguaci avrebbe dovuto spettare la successione al califfato dopo Maometto, non avendo costui figli maschi. Una divisione che è totale e in tutti gli ambiti, non solo quindi religiosa, ma anche politica, giuridica ecc.
Dopo il grande momento dell’espansione territoriale, l’Islam che aveva organizzato i territori conquistati, sviluppò una civiltà che ebbe il suo centro in Bagdhad dove si coltivarono le scienze e soprattutto la medicina, nonostante lo sceicco Omar avesse “provveduto” ad eliminare la Biblioteca di Alessandria, quella Psychēs iatreion, che è anche il motto, purtroppo non conosciuto e soprattutto dimenticato e tolto dal sito, della Biblioteca Bertoliana di Vicenza. La filosofia era riguardata con qualche sospetto, dato che non collimava, soprattutto nei pensatori greci, in particolare Aristotele, con quanto era affermato dal sacro Corano. L’Islam ammette la creazione, mentre Aristotele parla di un motore Immobile che “muove” il mondo; una differenza, dibattuta anche dai teologici cristiani e risolta soprattutto con il pensiero di san Tommaso d’Aquino, che diede luogo a riflessioni oltremodo interessanti, che ebbero anche in Ispagna importanti sviluppi e fecero conoscere in particolare i libri della Metafisica di Aristotele in Europa e il più noto è “Averrois (Averroè) che ‘l gran commento feo” (Dante, Inferno, IV, v.50), ma anche studiosi ebrei furono coinvolti nella grande stagione della cultura araba.
L’invasione delle tribù turche, di origine mongolica, decretarono la fine dei califfati arabi e costoro sottomisero quasi tutto il vicino oriente e determinarono quello scontro con il mondo cristiano che va sotto il nome di Crociate, la cui storia è spesso narrata in modo confuso e ideologicamente scorretto nelle scuole italiane, dove prevale la visione anticristiana e non storica, come se i cristiani, che vivevano, tutto sommato in pace con gli islamici da qualche secolo, avessero intenzionalmente voluto combattere il mondo mussulmano, che era lui stesso dominato dai turchi, che certo non esercitavano un potere “pacifico”. I Turchi, come ben noto, dopo aver subito sconfitte da parte dei Franchi, così spesso sono detti in arabo i Crociati, ripresero il potere e, dopo l’accordo per la Terrasanta con Federico II di Svevia e lo stesso papato, i cui esiti sono ancor oggi seguiti in parte per opera dell’Ordine Francescano (Custodia di Terrasanta, cfr. L'Archivio storico della Custodia di Terra Santa (1230-1970), a cura di A. Maiarelli Milano, Edizioni Terra Santa, 2012 ) e, superati molti dissidi interni pongono d’assedio l’ultima parte dell’Impero d’Oriente e lo conquistano nel 1453,occupando il 29 maggio Bisanzio. A nulla valsero gli sforzi veneziani, i Turchi fondarono nella città di Costantino, la loro capitale fino al 1919, quando il Congresso di Sivas, sotto l’influenza di Mustafa Kemal Atatürk, trasferì la stessa ad Ankara.
Era sopravissuto solo l’impero di Trebisonda, e Davide II Comneno (Trebisonda, 1408 – Costantinopoli, 1º novembre 1463) fu l'ultimo imperatore di Trebisonda dal 22 aprile 1459 fino al 15 agosto 1461, anno in cui la città cadde e scomparve l’ultimo stato cristiano nel Vicino Oriente.
La caduta di Costantinopoli preparò l’ulteriore espansione turco-islamica in Europa e nel 1526 con la battaglia di Mohacs i Turchi conquistarono 2/3 dell’Ungheria e iniziarono una lunga serie di assedi alla città di Vienna, ma si affacciarono anche all’Italia giungendo fino a Cividale del Friuli. Scese in campo Erasmo da Rotterdam, che invocava una guerra ai Turchi, proprio lui il grande fautore della pace, ma che imputava l’aggressione turca più ai principi cristiani e alle loro divisioni e appetiti, il 1527 è l’anno del sacco di Roma, che non ai Turchi stessi (cfr. Erasmo da Rotterdam Guerra ai Turchi, in ID, Pace e guerra, a cura di I.F. Baldo, Roma, Salerno, 204).
Ricordiamo che esito di questa espansione è che nei territori balcanici sottomessi; ancor oggi vi sono popolazioni di fede islamica, soprattutto in Bosnia Erzegovina e in Albania
Nuovo progetto per la Moschea di Tirana-Albania
La presa di Costantinopoli suscitò scalpore e preoccupazione, da poco le Chiese cattolica e ortodossa, avevano raggiunto un accordo per la riunificazione, il 6 luglio 1439 al concilio di Firenze; ma tale unione era mal vista soprattutto dal clero orientale e attivamente ad essa operavano il papa stesso Eugenio IV e l’imperatore bizantino Giovanni VIII Paleologo, che in santa Maria del fiore siglarono l’accordo. Tra i greci vi era quel Bessarione, (Trebisonda, 2 gennaio 1403 – Ravenna, 18 novembre 1472), che diventerà protagonista della politica papale, ma anche strenuo difensore dei greci e degli Albanesi dalle conquiste turche. Uomo di vasta cultura, ebbe una biblioteca famosa, che donò a Venezia ed è il primo grande nucleo della Biblioteca Marciana.
Il problema islamico si affacciava ancora una volta in Europa, si conosceva il sacro Corano che era stato tradotto parzialmente a Toledo da Roberto di Ketton, composta a Toledo tra il 1141 e il 1143, l'opera gli era stata commissionata da Pietro il Venerabile, abate di Cluny. Nel XV secolo Il grande umanista Niccolò Cusano fece un viaggio a Bisanzio e lì ebbe modo di conoscere bene il Sacro Corano e compose successivamente un saggio di riflessione sul testo stesso, la Cribatio Alkorani (Il vaglio del Corano).
Morì a Roma ed è sepolto in San Pietro in Vincoli, la chiesa dove è conservato il Mosè di Michelangelo.
Moltissime le sue opere, tra le quali ricordiamo De Concordantia catholica, (Hamburgi, F.Meiner, 1968) dove sostenne, prima di Valla, che la famosa Donazione di Costantino doveva essere probabilmente un falso, ma eccelle la De Docta ignorantia, testo fondamentale per comprendere come il pensatore intendesse che l’uomo per quanto conosce non potrà mai penetrare i mistero di Dio, ma non per questo deve abbandonare la ricerca anzi! Propone quindi una teologia negativa, per meglio intendere Dio, bisogna procedere negando quello che Dio non è; così non si avrà la definizione positiva, ma non vi sarà possibilità di confondere Dio con altro. Ciò che delinea inoltre il pensiero cusaniano è la coincidentia oppositorum, in altre parole il massimo e minimo convergono, non è possibile comprendere il massimo senza il minimo e viceversa. Se si vuole un passaggio moderno, l’errore del relativismo è quello di innalzare il minimo al massimo, ovvero il particolare all’universale, negando o escludendo proprio ciò che fonda il minimo. Infatti, non è possibile, in campo antropologico, comprendere l’individuo se non si comprende l’uomo.
Fu, il pensatore di Kues, uomo attivo e partecipe della realtà del suo tempo e costantemente egli sostenne la grande dignità dell’intelligenza umana; l’uomo è grande perché riesce a plasmare un cucchiaio e perché sa intravedere la bellezza che non è un semplice questione sensibile, ma la scoperta dell’armonia che è nell’universo (cfr. la predica Tota pulchra es amica mea, Vicenza, Editrice Veneta, 2012).
L’interesse per il Sacro Corano è in Cusano uno delle costanti della sua riflessione religiosa, egli nella Cribratio Alkorani mostra non solo di conoscerlo, ma di cercare una possibile convergenza con il mondo cristiano e ciò opera su due piani. Il primo è quello metafisico, relativo ai contenuti, il secondo sul piano storico, perché il cardinale ritiene che si “possa recuperare nel cristianesimo l’Islam, in quanto in esso vi è quell’irraggiamento della verità che si manifesta in ogni fede sinceramente coltivata. È una vera e propria anticipazione di quello che i teologi odierni chiamano i Semina Verbis, seguendo quanto affermato dal Concilio Vaticano II. Il Decreto sull’attività missionaria: “[I cristiani] conoscano a fondo le loro [= dei non-cristiani] tradizioni nazionali e religiose; con gioia e rispetto scoprano i germi del Verbo in esse latenti» (Ad gentes, n. 11; cfr. Lumen gentium, n. 17); tema questo sottolineato successivamente da Paolo Vi e da Giovanni Paolo II nella Redemtor hominis (11): “Giustamente i Padri della Chiesa vedevano nelle diverse religioni quasi altrettanti riflessi di un’unica verità come “germi del Verbo”, i quali testimoniano che, quantunque per diverse strade, è rivolta tuttavia in un’unica direzione la piú profonda aspirazione dello spirito umano, quale si esprime nella ricerca di Dio ed insieme nella ricerca, mediante la tensione verso Dio, della piena dimensione dell’umanità, ossia del pieno senso della vita umana.” È la tesi che Cusano afferma nel De pace fidei, come vedremo.
Nel testo che esaminiamo, Cusano sostiene che la Rivelazione coranica dipende dal cristianesimo ne sarebbe una sorta di eresia, perché riprende i temi di Nestorio (ultimo parte del IV secolo- 451 d.C.) e del monofisismo, considerata un’eresia cristologica. Nestorio fu accusato di sostenere l'esistenza, in Gesù Cristo, oltre che di «due nature», di «due persone» e negare la decisione del concilio ecumenico di Efeso del 431 di dichiarare l’ortodossia e la congruità teologica di Theotókos (Madre di Dio). Le tesi di Nestorio furono considerate eretiche, anche se alcune chiese in Egitto (copta), in Siria e in Armenia seguirono il suo pensiero. La riflessione monofisita era ben viva e dibattuta nei secoli successivi. Maometto è considerato appartenente a questa prospettiva, che però risolse nella nuova fede. Per Cusano quindi si tratta, per l’Islam, di abbandonare l’eresia ed entrare nel cristianesimo, dato che il Corano prima di tutto non contraddice al Vangelo e che gli errori contenuti sono dovuti a ciò che del cristianesimo non sapeva Maometto. (N. Cusano, Dal Setaccio del Corano, in ID, Congetture di pace. Scritti irenici, Prodromo di G. Fiaschi, a cura di M. Merlo, Tirrenia (Pisa), 2003, p.105 e p.116; cfr. G.C. Anawati, Islam e cristianesimo: l'incontro tra due culture nell'Occidente medievale, Milano, Vita e pensiero, 1995 p.65. I cristiani sono dal filosofo anteposti a tutti, per la loro fede che non è certo equivalente a nessun’altra.
Maometto II Pio II
Certo una posizione originale, ma che si confronta con quanto di “cristiano” è contenuto nel Sacro Corano e non, come considerava Enea Silvio Piccolomini, papa Pio II, che l’Islam sia una prospettiva pagana, richiamandosi a quanto affermava in modo intransigente l’inflessibile cardinale Torquemada nella sua Contra Principales Errores Perfidi Machometti (Romae, Typographia Gulielmi Facciotti, 1606). Pertanto invitava i maomettani ad abbandonare la propria fede; Pio II aveva tentato di convertire Maometto II (cfr. Epistola ad Mahometem cfr. L. D'Ascia, Il Corano e la tiara: l'epistola a Maometto di Enea Silvio Piccolomini, Introduzione e cura di L.D'Ascia ; Prefazione di A. Prosperi, Bologna, Pendragon, 2001 ), fallito il tentativo proclamò la guerra santa nel 1463.
La riflessione di Cusano è però più importante, perché tende, comunque, a stabilire un ponte di possibile relazione e addirittura unità cfr. M. Borrmans, Ragione e fede nei pensatori arabi mussulmani contemporanei, in AA.VV., La filosofia e l’Islam, a cura di G. Piaia, Padova, Gegoriana, 1996, pp.35-57.Annotiamo che vi sono molti testi che cercano un incontro tra cristianesimo e Islam, segnaliamo G. Dal Ferro, Islam e cristianesimo in dialogo, Verona, Istituto di studi ecumenici S. Bernardino, 1996 e J. Ellul, Islam e cristianesimo: una parentela impossibile, Prefazione di A. Besancon, Torino, Lindau, 2006.
Per sviluppare il tema dell’incontro possibile con l’Islam in Cusano è opportuno riferirci ad un’altra opera: de Pace fidei, dove, filosoficamente, appare ben chiara la possibilità di unità, visto che l’uomo per natura crede e quindi vi è un comune denominatore soprattutto nelle religioni monoteiste che si sintetizza nell’espressione cusaniana. Una fides in varietate rituum, una fede nella diversità dei riti.
Un avvenimento, la caduta di Costantinopoli il 29 maggio 1553 in mani turche, suggerì a Cusano l’importante riflessione intorno alla pace. Il dialogo De pace Fidei (in Opere religiose, a cura di P. Gaia, Torino, Utet, 1971, pp.617-673) fu terminato nel settembre dello stesso anno e rappresenta una via nuova rispetto a quella tradizionale delle “crociate” contro gli infedeli, che erano invece, all’epoca, caldeggiate dal cardinal Basilio Bessarione (1408-1472 e da Enea Silvio Piccolomini (1405-1464), papa Pio II. La via di Cusano è la via del dialogo, del confronto e della discussione tra i rappresentanti delle varie religioni, al fine di raggiungere una pace sulla base di un’unica fede universale verso la quale concorderebbero, pur nella diversità apparente, tutte le religioni. Infatti, la fede è il servizio che gli uomini rendono a Dio e pertanto essa è universale. Ricalcando quanto altri avevano sostenuto, come Raimondo Lullo, Liber de gentili et tribus sapientibus (a cura di A. Bonner, Palma de Mallorca, 1993) nell’analisi del Credo e dell’eventuale concordanza delle altre due religioni monoteiste (ebraismo e islamismo), Cusano, ricordando l’espressione, è in una notazione manoscritta marginale al testo, del trattato anonimo Machumetis Saracenorum principis eiusque successorum vitate ac doctrina ipseque Alcoran (a cura di T. Bibliander, Basilea, 1543): “fides una ritus diversi” ritiene che sia possibile una coincidentia di ciò che appare opposto. La via intrapresa non è quella della negazione di valore, ma di avvicinamento e conoscenza prima di tutto. “È noto che tutti coloro che si occupano in modo corretto di filosofia pensano e credono che il sommo bene non sia altro che Dio, la cui incomparabile e ineffabile beatitudine è senza inizio né fine, non può mai crescere né diminuire, scriveva Pietro Abelardo (Dialogo tra un filosofo, un giudeo e un cristiano, Milano, Rizzoli, 1992, p.217), se la ragione è capace di ciò, vi è un’identità nell’atto sostanziale e se questo è comune, è possibile pure la pace, che può procedere dal riconoscimento di una fede implicita in ogni religione pur nella varietà dei riti. Un'unica Sapienza ha creato e governa il mondo e l’uomo, creature di Dio, ha insita la fede verso il proprio creatore, quindi nell’orizzonte umano è possibile un’unità. Infatti, tutti gli uomini, in fondo, sono monoteisti, perché anche nella gerarchia politeista vi è sempre un unico fondamento. Una pia interpretazione sa cogliere l’unità della verità pur in una varietà tollerabile di riti.
Certo qui parla il filosofo, non il cardinale, ma vi è un’esigenza di fondo che emerge nella riflessione cusaniana, ossia che nella visione cristiana possano convergere le prospettive monoteiste ebraiche e islamiche; le prime perché ben connesse con la venuta di Cristo, le seconde perché lo stesso Islam, non sarebbe che una prospettiva, come abbiamo sopra riferito, di origine cristiana, per l’esattezza monofisita. Nella considerazione di Cusano l’Islam è detto «semicristiano» (cfr. N. CUSANO, Esame critico del Corano, in ID., Opere religiose, a cura di P. GAIA, Torino, UTET, 1971, p. 877). Ma va anche precisato che non si tratta per Cusano, come hanno sostenuto alcuni interpreti, di affermare una sorta di religione naturale nel senso dell’illuminismo, ma di una pura e ortodossa fede che la ragione riconosce in ogni uomo e che ha nel cristianesimo il suo apogeo. L’esplicazione della fede nella varietà dei riti non inficia la fede stessa. Non si tratta qui di un problema di istituzioni ecclesiali, ma di una visione universale della fede, che può portare alla pace. Una religione capace di incontrare sul fondamento le altre espressioni di fede, è questa la grande novità di Cusano e sia sigillo di ciò proprio la fine del dialogo: ” Ed in questo modo si concluse nel cielo la discussione, fatta su basi razionali, circa la concordia delle religioni. Il re dei re comandò poi, ai sapienti di ritornare in terra per condurre i popoli all’unità del vero culto, ed incaricò i ministri angelici di guidarli e assisterli. Comandò inoltre ai sapienti di portarsi con pieni poteri, a Gerusalemme quale centro universale, per accogliere, a nome di tutti i popoli, l’unica fede e fondare su questa una pace perpetua, affinché, attraverso tale pace, il creatore dell’Universo, benedetto nei secoli, fosse eternamente glorificato. Amen.” (Cfr. G. FEDERICI VESCOVINI, L’irenismo di Nicolò Cusano, in La tolleranza religiosa, a cura di M. SINA, Milano, Vita e pensiero, 1991, pp. 27-55.)
La pace è il bene di Dio e gli uomini se l’intendono, debbono seguirla, perché essa instaura la vera fede; questa linea è caratteristica proprio della visione umanistica, che nel mondo cristiano non diminuisce certo il valore del cristianesimo stesso, ma l’approfondisce alla luce di una visione globale dell’uomo, come creatura di Dio. Infatti, la pace deve essere possibile nella concordanza, unione degli uomini, superando le divisioni. Su ciò soffermeranno la propria attenzione si Marsilio Ficino sia Pico della Mirandola e diversi altri tra cui ricordiamo l’umanista spagnolo J. Luis Vives nel suo De veritate Christina, L. IV, dove sviluppa il dialogo tra un cristiano e un dottore islamico.
In una situazione difficilissima anche perché l’incontro in terra europea oggi tra Islam e Cristianesimo è causato spesso dalle difficoltà che gli islamici incontrano nelle proprie zone d’origine e nell’inserimento nella dinamica culturale e politica dell’Europa e d’altri Stati anche extraeuropei.
Quali siano le possibili soluzioni non è dato a priori sapere, certo è che solo facendo bene quello che di bene si sa si debba fare, può contribuire a risolvere le difficoltà. Coloro che hanno la capacità di promuovere, senza confusioni e solidarismi, anche cristiani, di maniera, forse è possibile una convivenza, ma se questa è ben chiara nella realtà per il mondo cristiano e il mondo anche laico, in parte, non è ancora del tutto precisata nel contesto della fede islamica. Si spera che il tempo lavori a favore della pace e il bene non sia una piante che pure fiorisce nel deserto.
nr. 03 anno XXI del 30 gennaio 2016