A Vicenza la tradizione degli studi classici è continuata nei secoli e può far riferimento al grammatico Quinto Remnio Palemone, maestro di Persio e Quintiliano con la sua Ars grammatica, che fu il primo ad illustrare nelle lettere la città dove nacque e che era municipio, ascritto alla tribù Menenia. Nelle scuole vicentine fin dal 823 d.C., quando l’imperatore Lotario I, sulla scia di quanto aveva compiuto già da Carlo Magno, aveva prescritto che nelle maggiori città si aprissero scuole pubbliche, lo studio del latino fu importantissimo. Basti ricordare che nella città insegnarono illustri maestri, tra loro il greco Giorgio Trapezunzio, Ognibene Leoniceno, Oliviero d’Arzignano, Marc’Antonio Sabellico, Celio Rodigino, Filippo Beroaldo, Fulvio Pellegrino Morato, Francesco Maria Macchiavello, e tanti altri e nell’Ottocento G. Zanella, forte anche della tradizione di studi classici nel seminario vescovile con Carlo Bologna. In tempi recenti la cultura latina a Vicenza ebbe nel poeta Ferdinando Bandini un mentore.
In questo solco tanti sono stati i docenti nella “piccola Atene”, il Ginnasio-Liceo “A. Pigafetta”, fondato nel 1807 che hanno formato moltissimi giovani alla conoscenza della lingua, della letteratura e della storia del mondo latino. Infatti, la lingua di Cicerone, Tito Livio, Virgilio ecc. è in tutto il mondo oggetto di studi amorevoli e soprattutto di fonte perenne di riflessione in tutte le espressioni che ebbe nella filosofia, nelle scienze, nel diritto, nell’arte ecc. e non certo ultima, visto che ha duemila anni, la Chiesa cattolica, che nel latino, come afferma il Concilio vaticano II ha la sua lingua ufficiale nei riti.
Certo molti hanno “remato contro” lo studio del latino; in questo si distinguono perfino presbiteri della Chiesa cattolica, ma non prevalebunt! Costoro non possono prevalere, perché il fascino che quel mondo ha esercitato ed esercita non potrà certo venir meno per piccole ideologie populiste.
Il valore del mondo latino è stato oggetto, in tempi recenti, di un importante Convegno, tenuto a Vicenza in occasione del bimillenario della morte del primo imperatore romano nella primavera del 2014. Cesare Ottaviano Augusto è l’imperatore “per eccellenza” del mondo occidentale e forse l’unico a livello mondiale. È l’imperatore per antonomasia e di lui si parla come di “un mito” politico, militare, sociale, culturale, tanto di sé informò il periodo in cui fu ordinatore, comandante, ma anche provveditore della Respublica romana.
Sull’eccezionale figura e statura del primo imperatore, durante il Convegno, che prevedeva anche la visita alla “Vicenza romana”, hanno soffermato la loro attenzione molti studiosi, ascoltati da un vasto pubblico di giovani. Si è trattato dell’unico Convegno su Augusto svoltosi nella Regione Veneto, che si è affiancato a quello svoltosi ad Aquileia. Proprio nella Regio X, Venetia et Histria, Augusto fu presente con la sua capacità politica e con quel mito, di cui si diceva, che nacque grazie allo stesso imperatore, lui stesso ne fu l’artefice.
Il Convegno vicentino ideato e realizzato dai vicentini Anna Busetto, studiosa della cultura latina, ed Edoardo Bedin, archeologo, degni figli della “piccola Atene”, ebbe grande successo.
Vicenza: scultura di età romana imperiale, testa maschile da altorilievo
A distanza di poco più di un anno e mezzo, ecco che ci sono presentate, raccolte in un pregevole volume, le relazioni che erano state tenute al Convegno del 2014. Nella Premessa al volume (Sulle tracce di Augusto, Trieste, Editreg 2016) i due curatori avvertono che come il mito Augusto non ha mai cessato “ carsicamente” di “permeare la letteratura e l’ideologia occidentale fino all’età contemporanea”. Certo i giudizi sull’imperatore romano non sono tutti encomiastici, ma merita sempre di essere ricordato quello di Dante Alighieri nel De monarchia (I, XVI): “Tutte le argomentazioni precedenti trovano conferma in un evento memorabile, vale a dire in quell'ordinamento politico degli uomini che il Figlio di Dio, quando gli piacque, attese, oppure preparò egli stesso, prima di assumere la natura umana per la salvezza degli uomini. Infatti, se ripercorriamo con la memoria le condizioni politiche dell'umanità nelle varie epoche storiche, [a partire] dalla caduta dei progenitori, che fu il principio di tutti i nostri traviamenti, troveremo che solo sotto il monarca divo Augusto il mondo godette ovunque di una pace universale, essendovi allora una monarchia perfetta. E che allora il genere umano fosse felice nella tranquillità di una pace universale lo attestano tutti gli storici, l'attestano illustri poeti e si è degnato di attestarlo lo stesso scrittore che ci parlò della mansuetudine di Cristo; ed infine Paolo chiamò quello stato felicissimo «pienezza del tempo».”
Fu certo anche “sfruttato” il mito augusteo, ma proprio dell’ultimo “utilizzo”, durante gli anni trenta del secolo scorso, quando il governo del Regno d’Italia, presieduto da Benito Mussolini, con l’esigenza di dare forza ideologica alla propria politica, quasi trasformò “Augusto” in un suo “seguace”. Ma “istoria veluti matrona pudica” come affermava Guarino Veronese ha ben accettato gli studi scientifici che non mancarono allora, ma ha fatto “piazza pulita” dell’ideologismo, anche di quello post seconda guerra mondiale, che ha visto nell’imperatore romano l’immagine di ogni dittatura. Lo storico serio non deve avere preoccupazioni “di parte”, che spesso son facili, ma poco scientifiche.
ieri Ara pacis oggi
I saggi presentati nel volume ci attestano una capacità d’indagine scientifica. I primi quattro indagano sulla politica e l’ideologia del principato augusteo, una volta ben conosciuta, grazie al saggio di L. De Vecchi, la mitizzazione che il fascismo fece di Augusto. Sgombrato il campo; I. Somà ci illustra la festa della pace il 2 giugno del 17 a.C. e le feste delle “imperatrici” e il calendario di Augusto. Un pregevole studio è quello di S. Lenzi sulla policromia delle opere di marmo di età augustea. Proprio la policromia ci fa immaginare, un ben diverso mondo dei monumenti, noi abituati ed educati al “bianco marmoreo”, tanto amato da J.J. Winckelmann.
Il saggio di A. Roncaglia sul problema della successione, mediante adozione in genere, che tanto preoccuperà quasi tutti i successori di Augusto, perché non si trattava solo di questioni di famiglia, ma di continuità del potere, che l’imperatore, soprattutto come capo dell’esercito, deteneva e con il quale, unito al diritto, teneva nelle sue mani tutti i vasti territori.
Gli ultimi due saggi ci portano più vicino, a quella Regio X Venetia et Histyria, che si estende verso l’Illirico e la sua importanza per gli scambi commerciali con le merci di provenienza dunubiana-balcanica. Ricordare il ruolo di Aquileia come emporio di queste merci, significa anche comprendere come Roma avesse sempre una grande attenzione per tutte le zone dell’impero e il loro benessere. Infine F. Boscolo ci narra dei veterani nella colonia di Ateste (Este) ma non solo perchè veterani erano presenti, come attesta la stele di Marcus Bilienus, oggi al Museo Naturalistico Archeologico di Vicenza, anche nella zona di Poiana Maggiore. In tutta la zona tra Este e Montagnana i veterani ebbero un ruolo importante che durerà fino alla caduta, dopo 500 anni nel 476 d.C., dell’Impero fondato da Augusto, allorché “migrazioni varie di popoli” cambieranno le vicende della Regio X e del mondo occidentale. Era però già nato, “un fanciullo” che Virgilio stesso aveva profetato (IV egloga), come lo stesso Dante Alighieri riteneva, che aveva iniziato a cambiare il mondo romano, ma non distruggendolo ma portandolo ad altra e nuova vita.
Il pregevole volume curato con affetto e lo si coglie, da A. Busetto ed E. Bedin costituisce quindi la tappa più recente di quella millenaria storia dell’amore verso il mondo antico che è “vero testis temporum, lux veritatis et magistra vitae” per ricordare il de oratore di Cicerone.
Ci restano due speranze da esprimere. La prima è che mai venga meno l’amore del mondo classico, nonostante qualche insipienza pure diffusa nelle scuole. Infatti, il vero amante del classico, non è mai un “nostalgico” o, peggio, un ripetitore, come il poeta vicentino Giacomo Zanella insegnava nella “piccola Atene”. La seconda è che aumentino gli studi su Vicenza nell’epoca romana, sulla quale è sorta e dalla quale ha tratto ispirazione proprio il suo monumento più celebre, che Palladio fa nuovo con le antiche forme.
Speranze che trovano in questo volume valide ragioni.
P.S. Lo scrivente, alias il “vecioprof.” per i propri alunni, si congratula molto per il lavoro svolto dai curatori, suoi giovani ex studenti, ma semel discipulus, sempre discipulus!
Sulle tracce di Augusto, a cura di A. Busetto- E. Bedin, Trieste, Editreg 2016.
nr. 21 anno XXI del 4 giugno 2016