L’ho incontrato, per la prima volta, verso il finire degli anni '60, quando ebbi l’occasione, spinto da un caro amico, il Maestro Gastone Schiavotto che meriterebbe ben altro di questa semplice citazione, di riavvicinarmi alla politica e di iscrivermi ad una sezione del PSI vicentino. Nel PSI aveva fama di essere un filo democristiano, cosa non vera ma la sinistra socialista quando non condivideva doveva demonizzare, denigrare, diminuire e tante altre cose di chiara marca comunista.
Era un socialista democratico, non un socialdemocratico perché riteneva che fosse stato fatto un grande errore da parte di Saragat promuovendo la rottura socialista, ma lo considerava un errore tecnico, mentre riteneva che il torto di Nenni fosse politico quando appiatti il PSI sul Fronte Popolare. Ai tempi del tentativo di riunificazione socialista si adoperò perché a Vicenza riuscisse il matrimonio ma le cose andarono ben diversamente e tutto finì in una bolla di sapone.
Eppure lui si dichiarava un autonomista, appunto un nenniano. Però le battaglie, diceva, si combattono dall’interno. Un moderato sanguigno, abituato a confrontarsi, a battersi, anche a polemizzare, ma sempre con rispetto di tutti. Rosso di capelli, coniugato con figli, di corporatura media, robusto, si dava da fare per racimolare, lavorando a più non posso, qualche soldino.
Non pareva un dongiovanni ma non erano poche le voci che giravano sul suo conto e, per quanto ne so, le voci, in questo caso, non esageravano mica tanto. Oltre il lavoro, da ragioniere in qualche azienda, consigliere comunale era anche revisore dei conti in aziende pubbliche e private, presidente della gloriosa Società di Mutuo Soccorso e aspirò, senza riuscirci, a divenire direttore dell’AMCPS ma, ieri come oggi, contava la tessera che avevi in tasca e la sua non era molto gradita al sindaco del tempo.
Eppure avrebbe fatto bene perché il mestiere lo conosceva ed era persona ammodo.
Nella Società di Mutuo Soccorso ad un certo momento trovo un’altra socialista a sbarragli la strada, una della sinistra lombardiana dura e pura e alquanto testarda che riuscì a metterlo fuori gioco e che da quel momento tenne il controllo dell’ente. Anche in quell’occasione i metodi usati furono gli stessi: la denigrazione e l’insulto ma a voler essere maliziosi potrebbe essere stata più la voglia di controllare alcuni appetibili aspetti dell’ente. ad esempio la gestione del cinema Odeon, piuttosto che l’amore verso il popolo, quello della Mutuo s’intende, a far scendere in campo l’eroica donzella la quale, anni dopo, utilizzò lo stesso metodo per buttar fuori dalla presidenza dell’IPAB la avv.to Rigo. Ma anche questa è un’altra storia.
Fui con lui in Consiglio Comunale e imparai diverse cose anche se la sorte, pur essendo arrivato io per ultimo in Sala Bernarda (lui ci stava già da diversi anni) scelse me, nel 1971, quale capogruppo. Una sorte guidata e voluta da Ettore Gallo.
Appresi a non fare della eccessiva ironia quando parlavo al microfono in Consiglio perché, mi spiegava, non ne rimaneva traccia nei verbali e, al contrario, appariva una espressione di elogio.
Appresi anche a contenere gli interventi in tempi accettabili e questa cultura mi spinse, più tardi, a promuovere un regolamento comunale che tenesse conto della gestione del dibattito. Appresi l’enorme differenza esistente tra i principi del socialismo e quelli del comunismo e soprattutto i metodi e i comportamenti dei compagni comunisti.
Sapeva afferrare il punto centrale di ogni delibera, di ogni tema portato al dibattito, e nei suoi interventi non lasciava molto spazio di manovra all’avversario, in questo caso la dilagante Democrazia Cristiana che doveva rifugiarsi nel numero piuttosto che negli argomenti. Per molti anni fu un riferimento per gli autonomisti e quando misi assieme manciniani e autonomisti sotto la bandiera craxiana lui aderì e da quel momento fu oltre che amico e compagno leale anche un importante sostegno politico. Al tempo del tentativo, forse presunto, del colpo di stato, fummo allertati dalla direzione nazionale con l’ordine di presidiare, fisicamente, le nostre sedi. Passata parola, era notte, lo raggiunsi al telefono e Guerrino mi chiese di attendere alcuni minuti. Poi seppi che se ne era sceso, in vestaglia, in strada, stava sulla circonvallazione, e osservato che non vi era alcun movimento diverso dal solito, mi comunicò se ne tornava a dormine e che ne avremmo parlato il giorno dopo. Altri compagni si dettero alla macchia, per così dire e il federazione, il sabato mattina, ci ritrovammo in quattro gatti.
Ritiratosi dalla politica così come dalle altre attività, si incontra sempre meno e fa vita assai ritirata. Quelle rare volte che l’ho visto mi conferma sempre il suo pensiero che, gira e rigira, va a finire nell’identico modo: non fidarsi dei comunisti e, per tali, mette tutta l’attuale sinistra in un unico mazzo, ex democristiani compresi. So di sue difficoltà di mobilità che lo tengono praticamente agli “arresti domiciliari” ma la sua testa e la sua tempra è quella di sempre, vivace e attento a quello che accade nel mondo esterno. Ancor oggi un socialista.
nr. 22 anno XXI dell'11 giugno 2016