Icona dei Padri conciliari nell'atto di mostrare il testo del Simbolo niceno-costantinopolitano.
II parte
Si parla di radici cristiane, ma queste sono non il Credo, non i dogmi, non il Magistero sapiente, ma queste sono identificate nei quadri, nelle statue e nei reliquiari svuotati del loro contenuto. Si spogliano le chiese degli arredi che la pietà popolare ha donato per porli in mostra, come residui di una regalità che la fede attribuiva solo a Dio. Nei mercatini d’antiquariato, nelle aste l’oggetto religioso, quello del culto è fatto desiderio di possesso. Ciò che era a lode di Dio, posacenere, o ornamento delle bacheche. Chiedete a qualcuno se vi debba essere chiara l’ispirazione cristiana della vita pubblica, vi risponderanno che lo Stato deve essere laico, che lo Stato non ha che una morale laica, la morale che non vi debbono essere morali, confondendo in ciò gli usi e costumi con il problema di coniugare la verità con il bene! Povero Tommaso Moro, ci rimise la testa per essere fedele alla Chiesa e non a Enrico VIII, come Tommaso Beckett, che da uomo di vizio, divenne uomo di fede sincera contro tutti i tentativi di politicizzare il suo ministero. E anche oggi si tenta di assoggettare la Chiesa: non può proporre la sua morale, essa deve rimanere confinata nel cuore, un fatto privato, sostenevano Lenin e Stalin nella loro Costituzioni, peggio di quanto affermavano i liberali di un tempo, cioè quella libera Chiesa in libero Stato, che in realtà tendevano comunque a negare. Ci riuscirono con il potere temporale, sembrò la massoneria vincere, ma più forte lo spirito e soprattutto più forte la fede e la mancanza di paura. Contro il potere laico prima e poi contro il totalitarismo non vi fu paura, anche quando la Chiesa fu del Silenzio, era un silenzio che faceva un gran paura. Non divisioni, ma predicazione della Buona Novella.
La laicità ha paura che qualcosa la neghi, per questo dicono di accettare qualsiasi affermazione, considerandola vera, e ciò per non far discutere della propria. Nel tranello sono caduti coloro che si considerano prima cittadini e poi cristiani e non avendo più necessità delle catacombe, erigono se stessi a sepolcro della propria fede.
Una società, uno Stato che si faccia condizionare dalle circostanze non costruisce per i suoi cittadini e li rende servi, incapaci di viver liberamente, come sosteneva Machiavelli e si finisce nella Statolatria, che in nome di un possibile perfetto futuro sacrifica il bene presente, nega la persona in nome e per conto di una astrazione, che però costruisce sempre per una parte un benessere materiale o di potere politico, frutto del presente dominato e piegato al volere delle singolarità che dominano.
Una Chiesa che viva le circostanze del secolo e non sappia predicare è destinata a vivere male. Una Chiesa che si rifugia nelle sue chiese, nei propri affari, nella difesa di quanto possiede, di quanto può utilizzare, non è Chiesa, ma un’associazione, come tante altre! Una chiesa che assume i modi della società politica contingente dedita ai tatticismi di potere o agli interessi del momento non ha nulla da predicare, ma solo da spartire nel dominio.
Un tempo la Chiesa era piagata dal fatto che i re nominavano i vescovi e per così dire lo scettro e non il pastorale cercava talora di indicare la via alla comunità, oggi si dovrebbe essere liberi, invece che accade? Si ha paura di spiacere al potere politico, perché da lui dipende la possibilità di ottenere qualche cosa, si fanno accordi con questo o quel capo di partito, forse perché potrà avere alle prossime elezioni la maggioranza. Ecco quindi che le persone notabili sono le più importanti, anche se le loro posizioni sono contrarie alla Chiesa: chi si erge come Sant’Antonio contro il tiranno Ezzelino? Si obietta che i tiranni nella società democratica non ci sono più e chi sono i vari politici che distribuiscono secondo il loro volere e danno solo a chi dà? Dovremo rallegrarci o piangere?
Contano più gli incontri più o meno segreti, le relazioni accademiche, il do ut des, non le sante cerimonie delle quali ormai si è più spettatori che partecipi, perché la partecipazione non è la risposta alle espressioni del celebrante, ma la partecipazione spirituale dell’anima al Sacrificio Eucaristico. Non s’invita più nessuno alla celebrazioni, ma il tutto avviene attraverso incontri, come si diceva e così si costituiscono le relazioni tra la Chiesa e il mondo. La Chiesa cede al secolo, si secolarizza, perché si è mondanizzata. È diventata moderna perché ha assunto i modi dell’epoca presente, ma in realtà rischia sempre di essere modernista. Un tempo si diceva che la chiesa era cosa da preti, e oggi pure? No, si risponde i laici partecipano, fanno addirittura le prediche di propaganda politica al fiore primaverile della margherita, e intanto si trascura la via della santità, oppure si predica dalle pagine dei giornali diocesani con lo scopo dichiarato di combattere una posizione politica. La chiesa secolare è quella che conta, non la Chiesa, perché è la chiesa che è fatta di uomini, di uomini che vivono il loro presente e da esso sono condizionati. Pertanto si deve accettare di essere una delle tante forme di culto, al pari di ogni altra manifestazioni, perché così ha stabilito Cesare. Un tempo, quando lo Stato romano era pagano, si voleva la distinzione, oggi che lo Stato è laico- cosa equivalente - si vuole il compromesso. In fondo i cristiani prima di tutto sono cittadini, il loro essere cristiani è un’accezione secondaria, altrimenti li si accusa di integralismo, di incapacità di comprendere il mondo, insomma siate una libera associazione che chiede contributi allo Stato e preoccupati di far tessere di associazione, costruite onlus e altro, date quello che volete, ma non pretendete MAI di essere i predicatori della verità. È reato sostenere che la religione cristiana è l’unica vera! Basti leggere le cronache giudiziarie di Verona. In politica esiste solo ciò che la maggioranza stabilisce! Questa è la verità, adattatevi! Addirittura per quanto riguarda la pastorale si sente affermare sui giornali che bisogna preoccuparsi della maggioranza, ma dov’è la preoccupazione per la totalità del gregge, dove il soccorso anche di uno solo. La parabola del buon pastore adattata al politichese? La Chiesa non fa conto di maggioranza e minoranza quando si tratta delle anime dei fedeli, si preoccupa di ciascuna e se proprio deve privilegiarne una, è di quella smarrita che va ricondotta all’ovile e non di fanno scappare quelle che sono dentro il recinto e di queste nemmeno una. Si riconduce all’ovile, non ci si ferma nella casa della smarrita, che non è più purtroppo sola, dato che molte sono uscite a causa dell’incuria del pastore, che voleva costruire un recinto più moderno e ha abbattuto quello antico e solido.
Antonio Rosmini
Fu così che il nemico del genere umano ha intorbidato il mondo, riducendolo a sola questione politica, ciò che vale è la politica, ciò che è politico è importante, le parole della politica sono le uniche parole. Ecco che il cristiano si è fatto politico anche nelle faccende della Chiesa, relegata però, come vuole la politica stessa, a sentimento personale, a afflato poetico qualche volta, a libera associazione, magari onlus, a richiesta di sussidio per questa o quella sua attività. Ecco la sesta piaga quella dei nostri giorni. Non abbiamo più a temere che vi sia divisione tra il popolo dal Clero, che il clero sia ignorante e che legga più la vita di Che Guevara che non il Vangelo, che i vescovi siano disuniti, solo questioni locali il fatto che ciò che vale a Padova non valga a Bergamo o Vicenza, che i vescovi non siano più nominati dal potere laicale, ma dalle sottili correnti interne di questo o quel cardinale, che non vi sia più il potere temporale, tanto quello è stato sostituito dal potere economico al quale dare sempre omaggio, la vera piaga della Santa Chiesa è oggi la sua politicizzazione, avvenuta lentamente, durante tutto un secolo: il Novecento.
Lentamente a partire dal secolo dei lumi si comprese che bisognava minare dall’interno la Chiesa, attaccarla non era possibile, bisogna sfruttare la debolezza dei suoi fedeli, far apparire loro che nelle parole tutto rimaneva eguale, anche se il contenuto cambiava del tutto. Provarono con il diritto della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità, riuscirono poco, perché chiara era la visione contro la Chiesa. Provarono allora con altre prospettive e individuarono nella carità il mezzo per entrare, confusero la carità con l’impegno sociale, confusero l’aiuto con l’impegno al miglioramento della vita, dissero che Cristo era il primo rivoluzionario, il primo proletario, che ben si sarebbe coniugato il cristianesimo con il socialismo.
Non fu facile, dobbiamo ammetterlo, con capacità pontefici, vescovi e clero rintuzzarono queste confusioni, ma si insistette e con sottoli distingui si fece apparire positivo anche quel pensiero che negava Dio e suo Figlio. S’inculturò il cristianesimo nel necessario dialogo, ma dove alla fine parlò solo uno dei due, la politica intesa come liberazione dall’oppressione capitalista, non dal male, ma solo da un identificato, di parte, male. Si presentarono come campioni della libertà, della fratellanza dell’uguaglianza, delle necessarie riforme, si dichiararono dalla parte degli oppressi, contestarono i segni della vita cristiana a partire proprio dalla liturgia, considerata come un orpello, da sveltire, da liquidare nel più breve tempo possibile nella parte del sacrificio.
Quando fu chiara la manovra era troppo tardi, oggi viviamo la piaga della politicizzazione della chiesa: interroghiamoci, quante sono le espressioni che si richiamano alla politica nell’operare della Chiesa? A estranei concetti, come quello della maggioranza o della minoranza, della partecipazione intesa come socializzazione, della comunità come assemblea e non come ecclesia, alla paura del potente di turno da omaggiare. Da quanto tempo un sacerdote, un vescovo non si erge a denunciare i mali della politica! Qualche voce si leva, ma in corteo politico, non in una processione che attesta l’identità cristiana. I cristiani, infatti, partecipano di più alle manifestazioni che non alle processioni, che sono state quasi del tutto abolite, per tema che non vi sia nemmeno quel cane che seguiva don Camillo nella benedizione del Po.
Ma se si può anche far meno talora di manifestazioni pubbliche, non certo nei contenuti si può far meno della Parola, ma invece a che cosa assistiamo. A ogni sorta di Babele teologica, catechistica, l’autorevolezza del Vangelo è quasi messa in discussione, per non parlare dei Padri e Dottori della Chiesa, anche se Santi. Ciò che conta è il secolo, la modernità, guai a indicare un errore in qualche pensatore, guai a non essere aggiornati sull’ultima fesseria dell’intellettuale di turno. Si preferiscono i filosofi laici, a coloro che spiegano il Vangelo. Manca solo che i teologi si considerino alla stregua degli intellettuali, ma manca poco a dire il vero. I sacerdoti sono poi considerati degli operatori sociali, la chiesa assume così sempre più l’immagine di un’istituzione di solidarietà sociale, cui non deve mancare l’iscrizione all’apposito albo del volontariato, come prescritto dalle leggi dello Stato. In Italia poi sarà anche una associazione onlus, perché così si opera senza troppe difficoltà.
Non a caso il termine solidarietà ha sostituito quasi completamente il termine carità, provate a numerare le volte che si utilizza solidarietà al posto di carità! La solidarietà come concetto nasce non cattolica, non cristiana, ma in un contesto di positivismo sociale, non traduciamo la parola polacca solidarnosc con quella italiana di solidarietà. A suoni uguali non corrispondono significati uguali. Giovanni Paolo II non confonde e se in Polonia l’impegno della carità nel sociale si è chiamato solidarnosc, non per questo dobbiamo confonderlo con quello che è scritto all’art.2 della Costituzione della Repubblica Italiana, o del solidarismo caro a certi eredi del marxismo, che ne fanno bandiera, ma sognano ancora la rivoluzione e abbattimento della civile società.
Purtroppo abbiamo fatto confusione, così la carità è diventata la solidarietà e si ha paura del termine carità! Per non parlare poi della Pace, confusa con la pace di ogni opinione. Cristo non è la pace dell’arcobaleno, è la Pace. Cristo, la Pace, non è la lotta per la pace e nemmeno la confusione tra coloro che parlano di pace solo per essere contro qualcuno. Per non parlare poi della preghiera, che non è la strana mescolanza di pratiche o di meditazioni di varia origine. Per non parlare della liturgia, dove accade di tutto e di più e che non appaiono nemmeno al vescovo. Ad una lingua universale qualcuno crede si debba sostituire addirittura la parlato o il gergo di un quartiere di una contrada, così si è più vicini ai fedeli e molto distanti dal senso della comunione universale! Per non parlare poi dell’unità, predicata, ma non praticata nella liturgia e nelle parole e nelle scelte per la società o dell’obbedienza, un voto, quindi un optional e soprattutto non è più una virtù!
Infatti, è di moda il dio fai da te, il dio della new age, che compare anche nei necrologi dei sacerdoti: “È tornato alla casa del Padre il reverendo don…..”; il rito secondo il momento e la circostanza, magari per stupire di più e non gli inni sacri e la musica cara, ma impoetiche traduzioni di canti antichi, come se la poesia potesse essere tradotta, non tensione allo spirito, ma spettacolo; anche nel momento del funerale: gli applausi si sprecano. Ognuno si fa la propria visione, ognuno è solo davanti a se stesso, davanti a Dio, davanti agli altri. Una folla di solitudini incapace di essere Chiesa, subito dopo la partecipazione ai riti. Proprio la babele delle lingue non unisce, perché non fare anche le S. Messe nei vari dialetti o lingue presenti? Il latino esprimeva l’unità, ma come dicevano i compagni e qualche sacerdote e non solo, era la lingua con i quali i ricchi esprimevano la differenza di classe. Fu dapprima abolita nelle scuole statali e poi nella vita della Chiesa ci s’ingegnò e ci s’ingegna a dire che bisogna essere attuali, altrimenti i fedeli se ne vanno. Anche quando la costituzione Sacrosantum Concilium la impone per l’officio divino dei Chierici, si dimentica. Ma da quando si è adottata la lingua nazionale, le chiese si sono svuotate. A nessuno però è venuto il sospetto che forse manca lo spirito e non saranno certamente la parole nelle lingue nazionali, locali o di quartiere o i gesti alla moda (leggasi arcobaleni, predicazioni laiche, scambi di scarpe anziché lavanda dei piedi, ecc. che lo riaffermeranno. Ma forse sono meglio le coreografie spontanee, che il canone, le regole non servono nemmeno nel servizio divino, nella liturgia. La stessa Sacra Scrittura è un libro di storie, superato da nuove riflessioni a partire dalla Bibbia. Ecco quindi festival della Bibbia, concorsi a premi per chi recita più versetti, ecc. ecc., il tutto terminerà a tarallucci e vino come si conviene ad una sagra strapaesana o al più cittadino spritz.
Non vi è Unità e Trinità di Dio, queste sono modi storici di concepire l’anelito dell’uomo a Dio, perché le espressioni di ciò sono molteplici, In fondo Dio altro non è che il gemito della creatura oppressa, è quell’oppio di cui alcuni hanno bisogno e che è necessario estirpare dalla società e dallo Stato, riconducendola là dove non è possibile proprio abolirlo, ad una manifestazione di quel soggetto, che forse con opportuna analisi psicologica può superare. Non vi è Incarnazione, passione, morte e Resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo. Sono modalità storiche del pensiero che pensa un dio, secondo la tradizione culturale propria dell’occidente con venature di ebraismo condito da ellenismo, come sosteneva F. Engels.
Martin Lutero; Giovanni Calvino; Jakob Hutter
I Sette Sacramenti, sono solo arbitrio della Chiesa Cattolica, basti pensare a quanto hanno compiuto i protestanti, si salva solo il battesimo, inteso non come avvio alla salvezza secondo l’indicazione di N.S. Gesù Cristo, ma un rito di iniziazione, quasi una tessera. La Cresima il rinnovo del tesseramento, così come il rinnovo delle promesse nella Settimana Santa. L’Eucaristia, un ricordo, non il Sacrificio di N.S. Gesù Cristo. La Penitenza, ma perché devo dire quello che ho compiuto ad un altro uomo, dato che sono libero faccio quello che voglio e nessuno mi può giudicare. Se esiste un Dio mi arrangerò io con Lui direttamente. L’unzione dei malati, il senso della sacralità della vita anche nell’ultimo istante, quando la si raccomanda a Dio stesso, una pratica inutile, meglio dissertare su quando vi è accanimento terapeutico e quindi necessità di eutanasia, questo libera veramente l’uomo dall’affanno del vivere. L’Ordine una costruzione per il dominio temporale ed economico, meglio abolirlo, tanto ognuno è sacerdote con Dio in modo diretto e proprio. Se serve per i necessari rapporti con lo Stato, allora siano fatti vescovi coloro che sanno mediare e ben ottenere dei vantaggio. I presbiteri siano soprattutto capaci di adeguarsi al mondo che li circonda, accondiscendano, in modo che l’associazione cresca, non che vi sia comunità di fedeli. Il Matrimonio, una bella festa che in chiesa ha più coreografia che non in municipio. Il divorzio non è solo per i laici, è anche per i cittadini cristiani, quindi…. se ne abbiamo bisogno…., visto che l’annullamento è faticoso e costoso.
I sette doni dello Spirito Santo (Sapienza, Intelletto, Consiglio, Fortezza, Scienza, Pietà, Timor di Dio) capacità umane, che la scuola, solo statale, deve fornire con pari opportunità a tutti e senza discriminazione classista. La formazione è umana e storica, ogni uomo deve essere sapiente, intellettuale, capace di agire, scienziato, solidaristico e senza paura: ecco ciò che la scuola deve far ottenere. Se qualcuno, ad esempio un handicappato, non raggiunge tutto ciò, si provvederà in qualche modo, anche come in Olanda con l’eutanasia! Perché non dallo Spirito Santo vengono i doni, ma solo dalle reazioni psicofisiche, regolate da reazioni biochimiche.
Da ciò risulta che le tre virtù teologali sono: la Fede è la mia opinione, è un sentimento, non un atto coinvolgente tutta la mia persona nella mente e nel cuore, nel corpo e nello spirito. La Speranza una dimensione psicologica che l’uomo avverte nella difficoltà e non è il senso della mia salvezza. La Carità è quanto socialmente e politicamente compio in linea con il partito che l’ha trasformata in solidarietà e ci dimentichiamo della dottrina sociale della chiesa, mutuiamo da filosofie negatrice del trascendente come quella positivista o da ideologie del male come quella comunista sempre la solidarietà. Ci dimentichiamo della sussidiarietà e traduciamo l’italiano solidarietà con il polacco solidarnosc, non questione di lingua, ma di sostanza nel suono quasi comune. Continuando, le quattro virtù cardinali sono: La Prudenza è diventata la paura di manifestarmi come cristiano e soprattutto come cattolico. La Giustizia è ridotta alla richiesta di diritti, secondo troppe umane e spesso politicizzate carte dei diritti, costruiti ad uso di questo o quel gruppo. Non è un atto di azione conforme al Bene e alla Verità. Giustizia è quanto di mio diritto io chiedo che lo Stato mi riconosca. Fortezza è un luogo di villeggiatura in Alto Adige e non il baluardo della conoscenza della mia fede che fa da usbergo alle novità pagane o politicizzanti la mia stessa fede. La Temperanza è diventata l’accettazione di qualsiasi possibilità di pensiero e d’azione, una sorta di tolleranza dove tutto è permesso, senza distinzione di vero e buono e giusto. Infine i quattro novissimi sono: la Morte un evento che sarebbe meglio negare, chiudere nelle stanze d’ospedale e soprattutto eliminare colui che muore nel più breve tempo possibile. L’eutanasia, l’aborto sono diritti di ogni uomo, e lo Stato li deve garantire e il cristiano non deve nemmeno dichiarare la sua contrarietà, darebbe fastidio. Infatti sia lo Stato a decidere della vita e della morte, ci toglierà un pensiero. Il Giudizio, ucciso da una canzone: nessuno mi può giudicare, io faccio quello che voglio, la libertà coincide con il mio desiderio, lo Stato deve garantirmi la possibilità di fare quello che voglio. La vera libertà è quella che stabiliscono le leggi, fatte a maggioranza, ma questa stessa maggioranza non vale se non coincide con il mio individuale desiderio. Una libertà che si definisce come libertà e non come azione conforme al bene, non è una libertà, ma solo un abbandonarsi alla contingenza. L’Inferno è solo in questa vita e una lotta sociale e politica può eliminarlo, se dipende dalle circostanze economiche, se è psicologico, allora interviene la psicoanalisi, la psicanalisi, la terapia relazionale ecc. a dissolvere il problema. Il Paradiso su questa terra è il mio piacere artificiale. Con un po’ di hascisc o di marijuana o una pera o una pasticca lo raggiungo, che necessità ho di pensare ad una vita futura e di bene? Vivo il mio presente, l’unico possibile e lo Stato me lo deve garantire.
Non vi sono più comandamenti, l’ubbidienza, come si diceva, non è una virtù e quindi aboliamoli tutti, inoltre sono anche del Vecchio testamento, più vecchi di così. Meglio sostituirli con un unico personale ordine: io faccio quello che voglio, io amo solo me stesso e chi la pensa come me, purché non antipatico. Non esiste amore per il prossimo, solo una ben organizzata solidarietà; le beatitudine che sono indicate nell’evangelo, un programma di politica ben avviato, ma solo per le parti che interessano, come quella dei poveri, dei pacifisti, di garantisti ecc.. Ne segue che la Chiesa non può dare i cinque precetti generali (1.Partecipare alla messa la domenica e le altre feste comandate; 2. Santificare i giorni di penitenza, secondo le disposizioni della Chiesa; 3. Confessarsi almeno una volta all’anno e comunicarsi almeno a Pasqua; 4. Soccorrere alle necessità della Chiesa, contribuendo secondo le leggi e le usanze, 5. Non celebrare solennemente le nozze nei tempi proibiti. Inoltre non si possono indicare Le sette opere di misericordia corporale (1. dar da mangiare agli affamati; 2.Dar da bere agli assetati; 3.Vestire gli ignudi; 4. Alloggiare i pellegrini; 5. Visitare gli infermi; 6.Visitare i carcerati; 7. Seppellire i morti). Queste sono parti di un programma politico sociale e quindi non vi è necessità di intervento dell’Associazione onlus: Chiesa Cattolica, che può solo contribuire alla sua realizzazione secondo quanto viene stabilito.
Le sette opere di misericordia spirituale sono una compito dello Stato (insegnare agli ignoranti), mentre le altre sono delegate al mondo della libera volontà, se proprio uno vuole scelga una o due da praticarsi, ma rispettando rigorosamente la legge sulla privacy (Consigliare i dubbiosi, Ammonire i peccatori, Consolare gli afflitti, Perdonare le offese, Sopportare pazientemente le persone moleste, Pregare Dio per i vivi e per i morti). Anche in queste opere lo Stato deve intervenire, perché anche il volontariato, un tempo si parlava di carità, deve essere regolato da apposita legge. Così sopportare le persone moleste fino a quando lo voglio io, poi faccio intervenire la legge.
Non occorre dilungarsi sui sette vizi capitali (Superbia, Avarizia, Lussuria, Ira, Gola, Invidia, Accidia) perché ognuno è libero di pensare ed agire come crede, solo un generico limite può essere stabilito, ma sempre e soltanto dalla Stato. I sei peccati contro lo Spirito Santo (1. Disperazione della salvezza; 2. Presunzione di salvarsi senza merito; 3. Impugnare la verità conosciuta; 4. Invidia della grazia altrui; 5. Ostinazione nei peccati; 6. Impenitenza finale), appartengono alla sfera privata, alle regole dell’Associazione. L’unico problema è quando vi sia la richiesta di riconoscimento e iscrizione all’apposito albo regionale. In questo caso bisogna verificare che queste norme non contrastino con l’ordinamento vigente, cosa che potrebbe accadere per il terzo peccato.
La cosa più preoccupante è costituita da I quattro peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio (1. Omicidio volontario; 2. Peccato impuro contro natura; 3. Oppressione dei poveri; 4. Frode nella mercede agli operai.), che mescolano dimensione privata e pubblica: saranno opportunamente ricollocati nella prospettiva di garantire i diritti per quanto è possibile. Perfino l’omicidio deve essere compreso e giustificato, perché esso dipende solo da circostanze sociali o derivate come quelle psicologiche. Aborto e eutanasia sono ormai realtà acquisite attraverso opportune leggi, per gli Stati che ancora non le hanno è solo questione di tempo. Quindi non si può parlare male delle leggi dello Stato e dei diritti affermati. Oggi il costume individuale deve essere eretto a norma, quindi nessuno può pretendere di indicare negatività in modo pubblico.
È questo il grande rischio di illegalità della Chiesa, cioè la sua capacità di affermare la verità, perché non esiste ne verum, né bonum né justum oggettivamente, ma solo quanto afferma la legge dello Stato, ovvero quanto la politica a suon di maggioranza indica nelle leggi.
Purtroppo molti nella chiesa temono di essere dichiarati illegali e pertanto riconducono tutte le proprie affermazioni a fatto privato, a regole interne, che non devono troppo essere pubblicate. Meglio adeguarsi, meglio assumere le stesse parole del mondo, cercare consenso, non conversione. Così molti fingono di apprezzare quando la Chiesa parla di dignità umana, di libertà, di giustizia di pace, ma in cuor loro sperano che i contenuti specifici, l’essenza stessa del messaggio cattolico seppur con qualche lentezza si attenui, s’illanguidisca e lasci il posto a quanto loro significano con quei termini. La dignità dell’uomo, la sua libertà ridotta al solo volere individuale, che considera equivalenti il bene e il male e l’uomo stesso oscillare, flebile essere, tra i due. Una libertà senza dovere, una libertà arbitrio dell’istante o una libertà intesa solo come emancipazione politica, una sorta di liberazione dal dominio di chi è considerato, a volte senza conoscenza, un nemico. Simile liberazione, che non è la libertà, è un’estenuazione della dignità umana nel presente, non una sua elevazione a senso del bene. A questa però si è affiancata anche un'altra concezione, quella che la libertà debba esprimersi solo attraverso diritti o carte dei diritti, frutto diversificato di interessi parziali, che chiedono giustizia, ma in realtà solo salvaguardia di quegli interessi. Così la libertà e la giustizia non struttura dell’essere, ma immanenza. La libertà e la giustizia si trovano a contatto con la molteplicità della situazioni contingenti, ma non si esauriscono in loro. È la politica che, mancando dell’ispirazione profonda di risposta alle esigenze della società unita in un’organizzazione, anziché rispondere alla costruzione di un bene comune, delineatosi in un bene civile (lo Stato) diventa arbitra, attraverso tutte le tattiche possibile, solo di diversi e spesso contrapposti interessi, cercando di rispondere a quanto in quel momento è utile alla conservazione del dominio. Il popolo è invitato alla contesa, ma il dominio finge di essere in contrapposizione, elargisce secondo le convenienze a questo o quel gruppo. La mediazione non la realizzazione della libertà nella giustizia, in altre parole nel bene politico è l’impegno. Certo lo dichiarano, ma poi…. Ecco che con la scusa di qualche vaga ispirazione cristiana, di un uso sapiente dei termini la politica utilizza il messaggio evangelico, il Magistero e quanto gli serve. L’attenzione non può cadere, ma cade per facilità soprattutto quando si parla di pace, la candidata pace. Essa non può né deve essere una posizione politica, la politica realizza con attenzione alla libertà e alla giustizia il fondamento stesso della vita umana: la Pace.
La Pace è Cristo, non la fine di un conflitto, non l’emancipazione, non la liberazione, non è lotta, non è violenza, sa quando e come agire per la sua affermazione ed ispira. Dimentichi del fondamento cattolici senza se e senza ma si confondono al suono della parole e non scavano nel contenuto. Così si fanno pure protagonisti di atti violenti, non perché li compiono, v’è qualche dubbio talora, ma li avvallano. Così la pace è scacciata e respinta in realtà Gesù Cristo che non si piega né si adatta né si confonde con queste visioni, è la paura di non essere eguali, fraterni e liberi? Di fronte a queste parole, il messaggio di Cristo non è confuso né confonde, se lo si segue.
È questo il compito precipuo di una persona, che è carne ed ossa e anima, non meccanismo biochimico; la sua centralità. Infatti, pone la sua stessa umanità come decisiva anche nella sua fallibilità che Gesù Cristo ha redento. Non vi può essere da parte della persona delega delle sue responsabilità, dei suoi doveri, della sua ricerca del vero, della sua azione buona e giusta a qualche altro organismo. Nella Chiesa stessa ognuno è protagonista e nell’insieme cerca la via del bene, che è maggiormente possibile proprio attraverso la comunanza e l’espressione di fede nella centralità dell’Eucaristia.
Un corpo mistico, la Chiesa pieno di paura, incapace di conoscere la propria identità, che critica prima di conoscere, che teme l’autorità come autorevolezza e l’obbedienza come rinuncia. Una Chiesa che ha paura non è una Chiesa, una chiesa che rinuncia alla propria Tradizione è una chiesa povera. Non importa se il corpo è piagato, lo spirito di verità lo reggerà. La cura per la sesta piaga è facile a farsi, basta smetterla con la politicizzazione di ogni espressione, basta con una visione laicista che trasforma i contenuti in armi per la lotta politica e inganna. La verità della Chiesa, espressa nella Sacra Scrittura, la vera Sacra Dottrina, ha nel Credo una facile comprensione e nelle indicazioni del catechismo espresse con parole semplici il suo punto di forza. Non si tratta di tornare indietro come temono i falsi progressisti, coloro che invocano anche i Concili senza leggere quanto viene nei Decreti detto, non si tratta di essere timorosi del futuro e rifugiarsi nell’antico, ma pensare che il nuovo spesso ha confuso, spesso ha allontanato, spesso ha negato. Chi ti è nemico se veste il tuo abito o si è convertito oppure vuole convertiti alle sue idee. I nemici della Chiesa oggi appaiono potenti, perché dominano la politica e riducono tutto alla loro visione, sono riusciti a piagare la chiesa, ma non prevalebunt e varchiamo senza paura la soglia della speranza, perché possiamo essere proposta all’umanità nell’orizzonte terreno e in quello dei cieli.
“Spento il sereno fior della speranza
Che rimena la stanca anima a Dio,
Quello che al mondo avanza
È notte sconsolata e freddo obblio”. (Giacomo Zanella)
Per gentile concessione dell’Editore Il Sileno, Vicenza
nr. 31 anno XXI del 10 settembre 2016