NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Italicum?

di Mario Giulianati
15 marzo 2014

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Interventi

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MATTEO_RENZI (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Se va avanti così, come appare avviata alla Camera, la nuovissima legge elettorale, denominata Italicum, non è solo figlia di Renzi e Berlusconi - che a dar retta a Crozza sembrano padre e figlio,politici si intende - ma anche la nipotina di Calderoli. Per alcuni anni gli italiani si sono divisi in grandi schieramenti che erano talmente trasversali e reciprocamente inclusivi che praticamente era impossibile affermare con sicurezza chi la pensava in un modo e chi nel modo contrario. Mentre una percentuale enorme di persone sosteneva la assoluta indispensabilità che alla base della governabilità doveva porsi la stabilità. altrettanti sostenevano che questa era impossibile ad ottenersi con il tanto deprecabile porcellum. Ma immediatamente si alzava l’urlo di una enorme folla di eletti ed elettori che affermavano la altrettanto assoluta necessità che il porcellum fosse cancellato, addirittura dalla memoria degli italiani, e sostituito con una legge elettorale che riconoscesse al cittadino il sacrosanto diritto di scegliersi il proprio rappresentante in Parlamento. Quindi una legge con le preferenze. Magari, per non esagerare, invece di due o tre, bastava che ce ne fosse una. L’elettore se ne accontentava e si illudeva di essere, almeno per un momento, protagonista della vita politica nazionale. A garantire questo sacrosanto diritto si sono levate le voci dei più importanti leader di partito e di movimento. Almeno di quasi tutti. L’attuale Premier, Matteo Renzi, se non vado errato era proprio tra questi. Ma i patti sono patti e vanno rispettati. Te lo dicono pure in latino BERLUSCONI (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Pacta sunt servanda” e te lo trovi scritto nei testi di diritto internazionale e quindi il patto siglato tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi può anche disattendere le promesse fatte. Può anche deludere una buona parte degli italiani, ma “va rispettato”. E le Camera dei Deputati lo rispetta e respinge l’emendamento che chiedeva l’inserimento di una preferenza. Così riavremo, rinnovato, il porcellum. Collegi piccoli, da poche centinaia di migliaia di abitanti, tre-quattrocentomila. Tanto per fare un esempio il collegio che includeva, in passato, Vicenza copriva quattro provincie, quella di Vicenza, di Padova, di Rovigo e di Verona. Qualche milione di abitanti. In futuro ne avremo due solo in provincia di Vicenza, e questo, assieme alla mancanza della preferenza farà si che ogni candidato non sarà impegnato in una campagna elettorale dispendiosa. Sarà semplicemente impegnato ad essere gradito a che avrà il potere di scrivere la lista – piccola rispetto quella del passato, pare di 5/6 candidati - e di formare così una graduatoria di merito senza alcun merito riconosciuto dall’ elettorato. Collegi con meno territorio, meno elettori, quindi meno spese elettorali per il singolo candidato, così affermano i sostenitori dell’Italicum, ma di sicuro assai più potere per chi ha titolo per presentare le liste. E lo chiamano rinnovamento.

 

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BINDI (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)L’italicum pareva, ma così non è stato, anche che potesse distinguersi dal passato per la affermazione di un principio, che personalmente non mi trova del tutto consenziente. Quello della parità di genere che, in concreto doveva esprimersi nella composizione delle liste di collegio con un 50% di maschi e altrettanto di femmine. Ma non posizionati gli uni e le altre come più conveniva al leader, ma alternati. Un maschio, una femmina, oppure l’inverso. Una rivoluzione. Addirittura un primato europeo, se non addirittura mondiale. L’unico risultato che ne è sortito è stato quello, negando questa parità di genere, di coalizzare una novantina di deputate, tra le quali cito, tanto per fare un esempio anche se non capisco quale comune timore (di non essere rinominate?) coltivino, l’on. Rosy Bindi, politica di lungo corso, e la neo deputata, vicentina Alessandra Moretti.

PRESTIGIACOMO (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Per mantenermi equidistante cito una dichiarazione dell’on. Stefania Prestigiacomo, di tutt’altro schieramento, che dichiara (Corriere della Sera): “Chiediamo una semplice norma di civiltà, e non ci rispondano che si va avanti “ per merito” e non per imposizione, perché se si fa una legge con i listini bloccati è difficile per chi è candidato dimostrare il merito…”. Parole sacrosante ma viene da chiedersi allora perché hanno votato contro l’emendamento che pretendeva l’inserimento della preferenza. Questo mi avrebbe consentito, così come a molti altri, di votare un partito e di dare la preferenza a una candidata donna e non trovarmi, obbligatoriamente, un eletto che magari proprio non mi piace. Riporto anche una dichiarazione(La Nuova Vicenza), sotto un certo profilo, illuminante dell on.Daniela Sbrollini che recita – «Il ”cambiare verso” promosso dal SBROLLINI (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Partito Democratico passa anche attraverso la parità di genere nella nuova legge elettorale……Proprio perché consapevoli dell’importanza di varare una nuova legge elettorale che presieda al buon funzionamento della nostra democrazia, promuoviamo in modo unitario e trasversale la presenza femminile nelle istituzioni puntando a dare piena attuazione agli articoli 3 (eguaglianza) e 51 (eguaglianza nell’accesso alle cariche elettive) della nostra Costituzione.” Anche questo perfettamente condivisibile e, soprattutto molto chiaro e comprensibile, ma torna la domanda di prima: perché non è stato sostenuto l’emendamento che inseriva la preferenza, unico autentico strumento per garantire un minimo di riconoscimento del merito? La chiave di volta, al di la di tutte le motivazioni giustificative possibili e immaginabili, è proprio la “preferenza” che pur non eliminando la possibilità di errori, consente un qualche riconoscimento del merito guadagnatosi, sul territorio. da un candidato, maschio o femmina che sia. Ma l’ultima delle giustificazioni utilizzabili e sostenibili in difesa della cancellazione delle preferenze è proprio quell’elemento che tutti dicono indispensabile “la stabilità del governo”. Gli anni passati con il regime del porcellum sono li a dimostrarci che una legge di questo genere oltre che mettere in discussione, pesante, la presenza femminile, non garantisce la stabilità.

 

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Il sistema bicamerale perfetto, quello che esiste in Italia, è tale quando le due camere, Camera dei Deputati e Senato, hanno le stesse funzioni e quindi una legge per essere approvata abbisogna del voto di entrambe le camere. È facile comprendere, e tutta la storia della democrazia italiana lo sta a dimostrare, che questo complica assai le attività parlamentari. Ma questo bicameralismo perfetto è garantito dall’art. 55 della Costituzione e il procedimento per modificare un articolo della Costituzione è assai complicato e comporta tempi non brevi. Voler cancellare, o comunque modificare la natura e le funzioni del Senato, addirittura abolirlo, vuol dire intaccare e modificare almeno una ventina di articoli della Costituzione. Quando il Premier Matteo Renzi ha proposto la cancellazione del Senato per sostituirlo con una Camera delle Autonomie, che in realtà sarebbe una specie di commissione consultiva senza reali poteri, non ha fatto i conti, probabilmente, con le difficoltà temporali e con quelle caratteriali delle diverse forze politiche presenti in Senato, oltre alla complicazione che deriva da molti senatori che si troverebbero nella necessità di votare la conclusione della propria attività politica. Ecco quindi lo spacchettamento della legge elettorale. L’italicum dimezzato e, per quanto riguarda la Camera dei Deputati reso esecutivo, forse, l’anno prossimo e per quanto riguarda il Senato tutto ancora da inventare. Se ne parlerà quando si BALDUZZI (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)potrà, comunque in ogni caso con la certezza per gli attuali senatori di rimanere in carica fino alla scadenza naturale della legislatura. Scrive Repubblica che il Premier, in effetti mettendo in soffitta la questione relativa al Senato, dice "Il fatto che il Senato abbia o no la norma elettorale nel momento in cui abbiamo deciso di superare il Senato è secondario, è un tema per addetti ai lavori", mentre Scelta Civica, per bocca dell’on. Renato Balduzzi dichiara "Chiediamo al presidente Renzi di chiarire il senso politico e istituzionale del cosiddetto accordo Pd-Fi sulla limitazione alla sola Camera dei deputati della nuova legge elettorale, senza differimento della sua entrata in vigore sino alla riforma del Senato". In effetti la questione è proprio questa: che senso ha modificare l’assetto bicamerale, sancito dalla Costituzione, eliminando virtualmente i poteri del Senato assegnandoli in toto alla Camera dei Deputati senza toccare minimamente la struttura del Senato stesso che, piaccia o non piaccia a Renzi e a Berlusconi manterrebbe, anche ad elezioni anticipate utilizzando quel che rimane dell’italicum, le proprie prerogative? In altre parole senza cancellare l’art. 55 della Costituzione? Mi pare proprio che l’on. Balduzzi ponga l’accento sul punto delicato di tutta questa faccenda cioè la non contemporaneità della riforma delle due Camere cosa questa che cozza pesantemente contro la Costituzione.



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