NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Quando l’Alto vicentino era tutto una miniera

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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Minerali Pegoraro

Quando e da cosa è nata la sua passione per i minerali?

"Avevo 12 o 13 anni, a casa di alcuni parenti ricevetti in dono da una cugina un minerale grande come una noce era pesante e in parte ricoperto da minuscoli cubetti dal colore dorato, non era un metallo nobile e prezioso ma pirite, un solfuro di ferro; il mio primo minerale. Trasferito a Milano sia per studio, sia poi per lavoro, ampliai la mia conoscenza in mineralogia e anche la mia vetrinetta di minerali, frequentando un gruppo di appassionati mineralogisti del Gruppo Mineralogico Lombardo, un’associazione sorta in quelli anni con sede presso il Museo di Storia Naturale di Porta Venezia. In quelli anni (1970), pochi erano i possessori di microscopio, ed essendone sprovvisto la mia ricerca purtroppo era indirizzata a raccogliere solo minerali dove i cristalli erano ben evidenti. L’acquisto di un microscopio a quei tempi era molto oneroso, fu solo verso gli anni 90 che ne acquistai uno era di origine russa; un microscopio a basso costo acquistato in una bancarella da ambulanti polacchi. I microscopi russi avevano un’eccellente ottica ma purtroppo una scadente meccanica. L’uso di questo strumento modificò completamente il mio modo di cercare i minerali abbandonai la collezione di cristalli macro passando al mondo del piccolo anzi del piccolissimo".

Minerali Pegoraro (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Che cosa l'affascina di più nei minerali? Il colore? La forma? O il gusto dell'esplorazione?

"Non è mai stato il colore o l’abito dei cristalli che mi attirava, ma l’interesse alla ricerca dei vecchi siti minerari, la conoscenza e studio dei minerali supergenici che accompagnano i primari; prima nell’area Lombarda poi arrivata l’età della pensione nel Veneto in particolare nei monti del Vicentino. Dal 1996 ritornato nella mia città nativa, Schio, il mio interesse di ricerca si rivolse nell’area dei monti dell’Alto Vicentino per ritrovare le antiche miniere sparse nell’area che va dalle colline a Nord di Schio alla comunità di Recoaro. Il filo conduttore di questa mia ricerca è stato una pubblicazione data alle stampe nel 1810 per opera di un geologo scledense, l’abate Pietro Maraschin".

Perché si parla di monti d'oro dell'area di Schio? E dell’oro del Mantese?

Nelle vicinanze del paese di Pievebelvicino, l'area che circonda la contrada Riolo è conosciuta come località Monti d’oro. In questo sito esistono diversi filoni mineralizzati con minerali dall’aspetto dorato, vedi calcopirite e pirite, il colore di questi minerali probabilmente ha attribuito il nome alla località. L’oro di Mantese invece è tutt’altra storia. Così lo ricorda Silvino Marzotto: circa settant’anni fa un certo Vittorio Mantese, che esercitava il piccolo commercio ambulante, si trovò al centro dell’attenzione generale non solo nel Vicentino ma anche in tutta Italia. Il paese di Torrebelvicino era così noto che bastava scrivere come indirizzo “Paese del tesoro – Italia” e la lettera, spedita da qualsiasi punto dell’Italia e del mondo, arrivava a destinazione. Il paese del tesoro era appunto Torrebelvicino. Tutto ebbe origine nei primi giorni del 1939 quando in alcuni quotidiani locali apparve la notizia di un favoloso tesoro racchiuso in una grotta nei monti della Val Leogra scoperto da Vittorio Mantese. La notizia, tenuta inizialmente gelosamente nascosta, era cominciata ben presto a trapelare accendendo la curiosità di tutti: giornalisti, la Sovraintendenza dei Beni archeologici di Padova e studiosi di storia che per qualche mese tutti erano alla ricerca di questo favoloso tesoro. Man mano che il tempo passava Mantese non dava precise indicazioni di dove fosse occultato questo tesoro, ma lo arricchiva con particolari strabilianti. In paese e nei dintorni cresceva sempre più l’agitazione; complice qualche bicchiere di vino di troppo, dalle chiacchiere, dalle discussioni alle fantasie popolari si passò ai fatti e così i monti si popolarono di uomini armati di picconi e badili, che giravano alla ricerca del tesoro. Il tempo passava e nella gente cominciò ad aumentare lo scetticismo: i giornalisti che raccolsero inoltre alcune confidenze e scrissero che in paese il venditore ambulante era ritenuto un “abituale visionario specializzato in balle…”. Passato l’inverno, le autorità richiesero di essere accompagnati alla galleria, ma come le altre volte all’ultimo momento il turritano rinviava la spedizione comunicando che non si sentiva molto bene, pensando così ancora una volta di evitare la resa dei conti. Lo stesso giorno vide presentarsi a casa sua due carabinieri della stazione di Valli del Pasubio che, su richiesta del Sovrintendente, lo accompagnarono in questura di Vicenza. Fu interrogato, e confermò ancora una volta la vicenda del favoloso ritrovamento, non riuscendo però a essere convincente. Fu trasferito nel carcere vicentino".

Minerali Pegoraro (Art. corrente, Pag. 3, Foto generica)

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