NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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L’Agno a Trissino fotografato con gli occhi e il cuore

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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Vigolo

Lasciata definitivamente la valle, il torrente imbocca un lungo tratto di pianura. A Sarego il Guà cambia ancora nome e diventa Fiume Nuovo. Supera poi Lonigo, entra nel Veronese, passa Cologna Veneta, entra in provincia di Padova e piegando verso est assume il nome di Frassine. Giunto in prossimità di Este il Frassine diventa, per breve tratto, Canale Brancaglia ed infine Canale Santa Caterina.

A Vescovana, sempre in provincia di Padova, si unisce al Gorzone e con quest’ultimo nome, una cinquantina di km dopo, si getta nel Bacchiglione-Brenta nei pressi di Brondolo, poco distante dal mar Adriatico. Al termine del suo tragitto il corso d’acqua ha percorso quasi 158 km e attraversato quattro provincie: Vicenza, Verona, Padova e infine Venezia.

Vigolo (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Vari sono stati nel tempo i significati attribuiti al toponimo Agno, anche molto pittoreschi e fantasiosi: l’interpretazione corretta è quella che lo fa derivare dal latino amnis, che indica appunto fiume, corso d’acqua. L’importanza dell’Agno per l’economia della sua valle è stata fondamentale fino a non molti decenni fa. Oltre ad irrigare le campagne e a fornire l’acqua corrente per gli usi domestici e l’allevamento, ha alimentato mulini per macinare grani, azionare segherie, fusine e magli per la lavorazione dei metalli. Tra la fine del ‘700 e i primi decenni del secolo successivo è stato il motore che ha consentito lo sviluppo di uno dei primi e più importanti distretti europei specializzati nella lavorazione della lana. A Trissino, in particolare, nella zona a valle verso Tezze, il greto del torrente Agno era fonte di guadagno perché forniva ghiaie e sabbie per l’edilizia. Negli anni ’50 - ’60 del secolo scorso il lavoro di escavazione veniva eseguito manualmente, con picco, badile, carriola e servendosi di un setaccio per suddividere i materiali a seconda della grossezza.

L’Agno ha un regime nettamente torrentizio, con periodi di magra estiva e invernale, ma nei secoli scorsi è sempre stato soggetto a piene e inondazioni anche disastrose, soprattutto in seguito all’impetuosa crescita demografica e alla conseguente opera di disboscamento dei versanti montuosi e collinari del ‘500. Nonostante le opere di sistemazione idraulica intraprese dalla Repubblica di Venezia fin dal XVI secolo, questo corso d’acqua diede sempre gravi problemi La punta massima delle piene e delle alluvioni documentate si ebbe tra la metà del ‘700 e la metà del secolo successivo. Catastrofica quella del 1882, quando l’Agno minacciò seriamente l’intero abitato di Recoaro e lungo la valle travolse ponti e ruppe gli argini in più punti; la zona di Tezze rimase allagata per oltre un mese. L’Agno continuò ad essere fonte di preoccupazione per i paesi disposti lungo il suo corso, almeno fino a quando - negli anni venti del ‘900 e poi ancora nei decenni successivi - non vennero attuate efficaci misure di regolamentazione idraulica e di arginatura. Dopo di allora gli eventi maggiormente preoccupanti andarono diminuendo: l’ultima alluvione che interessò la media e bassa Valle dell’Agno può essere considerata quella del 1953. La notte del 29 ottobre il torrente ruppe l’argine poco sotto Cornedo, uscì dall’alveo e allagò la bassa valle fino a Trissino e Tezze, dove entrò nelle case e raggiunse in qualche caso un’altezza superiore al metro. Nei decenni successivi si può parlare solo di piene e non più di alluvioni: le ultime, in ordine di tempo, quelle dell’1 e 2 novembre 2010, che portò invece disastri e allagamenti a Vicenza città e dintorni, e quella recentissima del maggio 2013, che fortunatamente non ha portato danni considerevoli. Il libro può essere richiesto all’autore telefonando al 340 – 3512743.

A Vigolo abbiamo rivolto alcune domande sul libro e sulle opere.

Vigolo (Art. corrente, Pag. 3, Foto generica)

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