NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
google
  • Newsletter Iscriviti!
 
 

La città delle parole, scritture del Novecento vicentino

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

facebookStampa la pagina invia la pagina

Paolo Lanaro

Paolo Lanaro (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Toccante il ritratto di Ghirotti in Una notte insonne, alle prese con la subdola malattia che se lo portò via prematuramente nel pieno della carriera: Gigi Ghirotti si rigirò un paio di volte nel letto, poi socchiuse un occhio: sperava nell’alba, nel sole, nell’allungarsi ancora un po’ del sonno. Invece era ancora notte e l’unica luce veniva dai neon sfacciati del corridoio. Le notti ospedaliere hanno l’insopportabile prerogativa di durare molto di più delle altre. Prendete una notte di festa, di baldorie: è veloce come un battito d’ali. Non si fa a tempo a pensare alla prossima trovata che sta già per finire. Nemmeno quelle al giornale, anche se qualche volta si aveva la sensazione di stare in un’apnea tormentosa, erano paragonabili alle notti interminabili dei degenti. Anche perché queste cominciano molto prima di Carosello, pensava Ghirotti. Il sistema ospedaliero italiano, si era detto più volte, funziona secondo l’antica regola contadina: levata al canto del gallo, colazione un po’ prima di mezzodì, cena al tramonto e poi subito a letto come i polli. Durante i suoi mille ricoveri aveva provato a farlo notare, ma quel ritmo era immodificabile perché era tarato sui turni, altrettanto immodificabili, del personale. Il risultato era che la notte del malato era lunga come la Quaresima e della Quaresima aveva anche l’aspetto livido e penitenziale... Stava quasi perdendo la nozione degli anni, del momento in cui era cominciata quella storia crudele, che poi però era via via diventata una storia di umanità e anche un insolito esperimento di conoscenza. È la fortuna di essere giornalisti, pensò.

Ed è ancora Stella a far notare che Goffredo Parise, in un articolo scritto nel 1976 sul Corriere per ricordare Guido Piovene due anni dopo la morte, sosteneva che è la città stessa la Musa ispiratrice. Il fotografo Oliviero Toscani, a vederla, restò folgorato. E sempre in quel 1976 ne fece nel libro Vicenza Vicenza, un ritratto memorabile. “Destino volle che Piovene nascesse a Vicenza e diventasse scrittore. Uguale destino capitò a me - scriveva Parise in quell'articolo - . Per entrambi questa strana e ibernata città è servita da sfondo a più di un libro e per entrambi ha costituito motivo di astrazioni da dover poi mettere a confronto con la realtà italiana reale e non astratta. Dico servita da sfondo perché Vicenza non è, né fu mai città composita, fatta cioè di uno sfondo ma anche di primi piani, di persone, di umanità, di cultura, bensì, priva come fu ed è di una società, è sempre stata ed è comunque, da ogni angolo la si guardi, uno sfondo e nulla più. Il perché è presto detto: è una città fatta come un teatro, anzi è un teatro, appunto con meravigliosi fondali, ricchissima di scenografie intercambiabili, tutte vere, tutte di pietra e mattone e cieli veri, costruita e comunque modellata, personalizzata da un solo scenografo-autore: Andrea Palladio. Egli fu il vero fondatore di Vicenza, oggetto disposto nella pianura veneta per bellezza come si direbbe di un grande oggetto decorativo, ed egli fu ed ancor oggi è il suo unico abitante. Il resto non c'è, allo stesso modo di un palcoscenico dove, una volta aperto il sipario, tutta l'attenzione dello spettatore è attirata dalla scenografia e dall'atmosfera che emana dalla scenografia”.

Abbiamo incontrato l'autore e dialogato con lui.



« ritorna

continua »

Come installare l'app
nel tuo smartphone
o tablet

Guarda il video per
Android    Apple® IOS®
- P.I. 01261960247
Engineered SITEngine by Telemar