NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
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Il flop di Verdini

di Mario Giulianati
10 ottobre 2015

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Interventi

Il tanto temuto, forse non da Matteo Renzi in pubblico, ma sicuramente dalla sua Maggioranza in pubblico e in privato, art. 2 della legge di Riforma del Senato, grazie a un marchingegno, ovverossia un emendamento preparato dalla Senatrice Finocchiaro, è stato votato, largamente, e quindi la strada per il voto finale, favorevole, è praticamente aperta.

VERDINI (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Salvo che il Senatore Calderoli non abbia, come almeno lui dice, un asso nella manica. Per ora la opposizione interna al PD si è ridotta ai minimi termini e perfino i duri più duri. I Senatori Walter Tocci e Corradino Mineo, l’irriducibile, si sono allineati. Il Senatore Felice Casson ha fatto una scelta del tutto diversa : semplicemente non ha partecipato alla votazione. Quello che mi ha maggiormente colpito in questa particolarissima vicenda relativa all’art. 2, è l’esultanza di una buona parte della minoranza, critica in precedenza, alla soluzione che, a leggere bene il tutto, per ora almeno, non risolve proprio nulla rispetto a tre giorni addietro.

ANNA_FINOCCHIARO (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Scrive Lettera 43: «C'è un fatto che non può essere disconosciuto», hanno affermato in una nota i senatori Federico Fornaro, Miguel Gotor, Doris Lo Moro e Carlo Pegorer, fautori dell'elettività di Palazzo Madama, «nel testo della riforma approvato dalla Camera i cittadini non avevano alcun ruolo nell'elezione del nuovo Senato; ora, invece, grazie anche alla determinazione della minoranza Pd, gli elettori potranno scegliere i senatori-consiglieri regionali in occasione delle elezioni regionali». Naturalmente chi si accontenta gode, ma questa soluzione in effetti rimanda ad una legge applicativa del metodo elettivo, e questa ha ancora da essere non scritta e votata, ma nemmeno compiutamente pensata. È semplicemente una linea di condotta suggerita, si voteranno contemporaneamente i consiglieri regionali e tra questi quelli che dovranno occupare i seggi senatoriali, ma nulla di più. Tutto da vedere e tutto da verificare. Si dimentica, tanto per fare un esempio, che le regioni votano in tempi diversi, e che questo è un problema di non facile soluzione. Sempre riportando da Lettera 43: “L'emendamento di Anna Finocchiaro aggiunge che l'elezione dei senatori da parte dei Consigli regionali deve avvenire «in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge» elettorale che dovrà essere successivamente varata”. Quindi in assenza, per ora, dello strumento operativo. Corriere della Sera scrive “E se la leggina non è pronta (per il 2018-ndr) addio alle scelte espresse dagli elettori”. Ho sempre sostenuto che un Senato numericamente ridotto (penso sempre a quello degli Stati Uniti d’America che ha 100 senatori rappresentanti 325.000.000 di americani. Più di cinque volte gli italiani), che abbia competenze, salvo casi rarissimi, diverse da quelle dalla Camera dei Deputati, dove ancora con l’Italicum avrà una presenza di parlamentari eccessiva, e quindi non sovrapponibili, dovrebbe essere eletto direttamente dalla gente. In fondo delle tre indicazioni fondamentali, due, in qualche misura, la legge di riforma le ha rispettate. Ma tralasciando questa mia personale, ma molto condivisa, opinione, rimane il fatto che una minoranza interna al PD non solo ha generato confusione e incertezza sia nello stesso partito che nella Maggioranza di Governo, ma ha messo in moto movimenti all’interno di ad altri partiti, nello specifico in Forza Italia, che hanno generato fughe legate a qualche speranza di essere attraenti e quindi poter avere una qualche prospettiva. In realtà l’operazione di “salvataggio” del Senatore Denis Verdini mi pare essere stata proprio un flop, e sul piano dell’estetica della politica è un bene che sia andata così.

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