Acuto indagatore della struttura della mente umana, come egli stesso si definisce, l'autore fa luce fin da subito sul complesso rapporto relazionale e vitale fra uomo e donna, andando a ricercarne storicamente le premesse: il mito dell'androgino di Platone spiega l'origine della separazione voluta dagli dei dell'Olimpo degli esseri umani e animali in due sfere sessuali divise, maschi e femmine, come condanna ad un inevitabile destino di perenne ricerca e sofferenza reciproca.
Il sentimento d'amore, tema centrale di tutto il libro, percorre trasversalmente ogni pagina, talvolta rinvigorito da argomentazioni in chiave d'esempio, altre volte avvalorato da un intenso dibattito filosofico sottostante che richiama, attraverso vivaci rimandi bibliografici tesi all'approfondimento, le concezioni esistenzialiste del pensiero di Nietzsche, Heidegger, Kierkegaard, Kant, Schopenhauer, Lacan e Sartre.Fra tutte queste figure, al nome di Freud vengono imputate assieme la capacità e la colpa di essere riuscito in alcuni momenti e di aver fallito in altri la sua analisi delle relazioni umane nella società moderna. Scrive Lopez: «Freud non era consapevole che la sua formulazione peccava di storicismo, nella misura in cui è del tutto vero che le differenze sessuali vengono accentuate dalla struttura culturale dominante della società patriarcale» (D. Lopez, La potenza dell'illusione: l'amore, cit. p. 13). E ancora: «Non bisogna dimenticare che gli esponenti principali della cultura del patriarcato, a cominciare da Freud, passando per Schopenhauer, per Malembrance, per Simmel, il quale considerava le donne un essere intermedio fra il bambino e l'uomo, per finire a Nietzsche, sono stati tutti maschilisti» ( Ivi, cit., p. 17).
L'autore ricorre di seguito alla concezione dell'amore religioso in cui Dio si raffigura come padre benevolo verso l'umana specie: il modello cristiano di un Dio che si fa carne spinto da un sentimento di infinito amore verso il genere umano, richiama ancora una volta l'antica mitologia greca con la tragedia di Prometeo che donò agli uomini il fuoco sacro degli dei, espiando la condanna inflitta da Zeus per la sua smisurata tracotanza. Il filo delle argomentazioni conduce il lettore alla formulazione di una nuova dizione che, appositamente coniata dall'autore, assurge a conclusione di tutta la poetica di Lopez: nel sé luciferino proveniente da Dio vanno ricercate le innumerevoli cause dell'inconscio su cui tante parole hanno speso gli psicanalisti: «Dio può sentirsi Dio solo se proietta fuori di sé il suo sé luciferino, chiamandolo Lucifero» (Ivi, cit., p. 93).
Anche Nietzsche riconosce un sé luciferino che interviene nei rapporti amorosi bloccando e congelando, qualora vi fossero fiducia e creatività gioiosa, lo slancio delle passioni: per lungo tempo Nietzsche cercò una soluzione alternativa all'attrazione per quel "dionisismo tragico" che implicava uno slancio spensierato e selvaggio che significava «vivere, rischiando di morire, per amore della vita» (Ivi, cit., p. 93). Come seconda possibilità rimaneva quella che fu la scelta di tanti come Kant, come Hegel, come Schopenhauer, come Kierkegaard e, in generale, come tanti filosofi pensatori occidentali che si ritirarono da asceti nella «cittadella fortificata della rappresentazione dell'epistemofilia» (D. Lopez, La potenza dell'illusione: l'amore, cit. p. 93).In Kant invece, la componente principale della sua filosofia è riconosciuta nella posizione moralistica. Eppure Kant stesso concepisce il purismo cinico come una forma di virtù degenerata nel momento in cui viene tolto lo spazio al benessere della convivenza sociale.
E Schopenhauer? L'autore, osservando con gli occhi di un giovane psichiatra studente all'Istituto Inglese di Psicoanalisi negli ospedali psichiatrici di Londra, sostiene l'ipotesi che Schopenhauer non sia mai pervenuto durante la sua vita all'amore come svolta definitiva, come sentimento che conduce alla follia e alla depressione, talvolta addirittura alla schizofrenia.
Se si parla di contributi, l'apporto più importante della scoperta che Lopez stesso ammette, è sicuramente quello di aver individuato nel sé luciferino il responsabile di quasi tutte le malattie mentali e psicanalitiche, permettendo di «sbattere via dalla mente dei pazienti questo plurimascherato persecutore, che a volte si presenta nella forma suadente del persecutore occulto».
nr. 06/15 del 20 febbraio 2010