NR. 41 anno XXVIII DEL 25 NOVEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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I racconti del Canal del Brenta

Ritorna un classico della letteratura popolare bassanese: il libro di Andrea Gastner che ha avuto tre edizioni in otto anni

di Gianni Giolo
giolo.giovanni@tiscali.it

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I RACCONTI DEL CANAL DEL BRENTA

Ritorna in terza edizione un classico della letteratura popolare bassanese: "I racconti del Canal del Brenta" di Andrea Gastner, autore dei romanzi "Valle amara" I giorni del ritorno" (1998-99-2000), "La levantina. I giorni dell'esilio" (1999) e "Shalom. I giorni dei ricordi" (2001), che costituiscono la Trilogia della Valle del Brenta e dei Drigo", di "Stagioni lontane" (2004), di "Eugenia Venier" (2006), di "Sul fiume sugli argini" (2008). Il libro è stato adottato anche da numerose scuole da insegnanti che intendono far conoscere la storia locale ai giovani che non sanno nulla della storia di miseria e di emigrazione della Valle del Brenta.
 
Il senso del mistero


È cosa abbastanza rara che un libro tipicamente bassanese veda tre edizioni nel giro di otto anni (la prima è del 2002 e la seconda del 2007). Gastner è il più popolare degli autori bassanesi per la sua capacità di raccogliere, dalla viva voce dei contadini, dei montanari e dei valligiani, i racconti, spesso dolorosi se non tragici, nati dalla vita e dall'esperienza della gente della Val del Brenta. I suoi racconti hanno quindi il sapore e il calore della vita vera, anche se alcuni sono frutto di fantasia, come il primo "La volpe bianca" che vive nella dimensione del mito e della favola. Il nonno conduce il nipotino a vedere la volpe bianca che appare e scompare, come un sogno o un miraggio o un parvenza magica e lontana. L'essenziale è il senso del mistero e dell'attesa, che si traduce in racconti che sanno di mito e di leggenda. Il tutto immerso in una natura sempre antica e sempre nuova, che si rinnova e si riproduce, mentre le vite degli uomini si fanno sempre più stanche ed evanescenti. Quello che rimane sono le radici della nostra gente e della nostra terra che il libro recupera e ripropone con l'incanto del fluire incessante ed eterno delle stagioni.                                                          

La storia degli emigranti

Il secondo racconto è Emigranti. Un valligiano parte per la Svizzera. Saluta padre e madre. Nessuna lacrima nessun rimpianto e tanto meno pianto. Tutto alla montanara: "il padre scosse la testa, non disse una parola, ma il gesto parlava chiaro come il Vangelo. C'era gente sulla strada, non partiva da solo, sul treno sarebbero montati in tanti. La madre lo aveva abbracciato davanti al focolare, di fianco alla cucina economica: le raccomandazioni a quel punto contavano poco, le lacrime ancora meno e allungare un addio non era il suo forte. Non andava mica in America".

Una tragedia di molti


Lo stile popolare, sobrio, asciutto, povero e antiletterario di Gastner scandisce una tragedia nota a molti nella Valle del Brenta: l'emigrazione. Il viaggio duro e lungo in treno. Poche parole, tanti pensieri e forse tante speranze. Tutte deluse. Un lavoro umiliante, una soffitta fredda e inospitale. Ma la madre non deve sapere niente e deve credere che suo figlio ora ha finito di tribolare. E scrive una lettera piena di meraviglie, dove tutto andava bene e le cose procedevano per il verso giusto, come se suo figlio fosse approdato nel paradiso terrestre: "Cara madre, sono arrivato in Svizzera sano e salvo. Il viaggio tutto bene, le carte erano a posto, non mi hanno fatto aspettare molto. Sapete che c'è ancora la neve sulle montagne?".


Il processo e il giudizio


"Lo stanzone, grande, austero, pieno di odori antichi, di quadri in penombra e di legno invecchiato dal tempo e dagli uomini, intimorì subito il contrabbandiere". Uno dei tanti valligiani che vivevano contrabbandando di tabacco, uno dei tanti modi per sopravvivere, in una valle misera e avara. Da una parte i finanzieri che accusano spietatamente il povero cristo, dall'altra un avvocato che non ha nessuna voglia di fare il suo mestiere e che raccomanda all'imputato di parlare poco o niente. Un presidente di tribunale onesto. I finanzieri definiscono il montanaro come un avanzo di galera, un pericolo e un danno della pubblica economia. L'avvocato tira in ballo l'ignoranza e la miseria e descrive una valle degna dell'Inferno dantesco e alla fine dell'arringa si rimette alla clemenza della corte.

Il colpo di scena


A questo punto colpo di scena. L'imputato chiede di parlare e di conferire direttamente con il giudice. Sconcerto generale. Il presidente chiede al povero cristo di consultarsi prima con il suo avvocato. Ma il montanaro, visto che era già condannato, intende vendere a caro prezzo la sua pelle e dice che lui con quella storia del contrabbando non c'entrava niente e che stava andando incontro tranquillamente ai finanzieri perché in cerca di legna. Il giudice sospetta che i finanzieri gli abbiano portato davanti il solito capro espiatorio e chiede a quanta distanza si trovava l'imputato dalla refurtiva. Il brigadiere risponde: "circa cinquecento metri". "Cinquecento metri", sbotta il giudice. E quella sarebbe una prova di colpevolezza. I finanzieri tacciono. Il giudice li guarda con uno sguardo accusatorio e assolve l'imputato. Una volta tanto la giustizia si è schierata dalla parte dei deboli e degli indifesi.

nr. 06/15 del 20 febbraio 2010

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