NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Noi ed i nostri maestri: ricordando Franco Volpi

Diario dei ragazzi della terza A per non dimenticare le lezioni di Faggin e le interrogazioni di Franco

di Loredana Padovan

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Noi ed i nostri maestri: ricordando Franco Volpi

"Die Welt von Gestern", "Il mondo di ieri" è il titolo di un libro di Stefan Zweig, autore austriaco nato a Vienna alla fine dell'Ottocento e morto durante la seconda Guerra Mondiale. Leggendo questo libro, ricostruzione autobiografica di un'epoca ormai prossima all'imminente catastrofe politica e morale, mi sono imbattuta in una frase che di tanto in tanto mi torna alla mente: "L'unico momento di vera, intensa felicità che io debbo alla scuola, fu quello in cui potei chiudere per sempre alle mie spalle la sua porta".

Per noi invece, la scuola non fu "costrizione, noia, scoramento, un posto dove bisognava inghiottire porzioni di materie scolastiche che sentivamo remote da ogni interesse personale". Non era "un apprendere ottuso e vuoto, arido e morto", era "un apprendere per la vita, regolato sull'individuo e ricco di affetto umano". Noi, ragazzi della terza A che ci apprestavamo a vivere la nostra vita, abbiamo trascorso degli anni proficui sui banchi di scuola, densi di insegnamenti e stimoli che spesso hanno orientato anche le nostre scelte universitarie e professionali.

Ricordo le lezioni del Prof. Faggin, che incantavano e seducevano, esaltavano ed entusiasmavano ad approfondimenti e nuove letture, ricordo le sue interrogazioni sempre imprevedibili perché lui non amava ricalcare le orme già tracciate, ma lo divertiva imboccare sempre nuovi sentieri: quanto precocemente ci siamo appropriati di doti critiche attraverso il continuo discutere ed analizzare! Ricordo come si divertisse, in particolare, a ragionare con Franco: il professore, seduto in cattedra con il mento sostenuto dalla mano scoppiava in una risata quando la risposta del ragazzo, volando alto, misurava gli spazi dello spirito e portava il colloquio ad una sfera superiore più consona ad un dibattito tra colleghi. Allora anche il ragazzo rideva e continuava ad esporre il suo pensiero con quella voce un po' roca, con facili sbalzi e la erre difettosa, il piede appoggiato alla pedana della cattedra, in un atteggiamento disinvolto e simpaticamente irriverente. Ricordo come tornasse poi al suo posto, lì davanti alla cattedra, di fronte alle alte finestre gotiche con quel sorriso sul volto che tutti conosciamo e con cui compare a tutti noi ogniqualvolta lo evochiamo, ogniqualvolta la sua immagine si affaccia alla nostra memoria, quel sorriso ironico e un po' burlone di chi prende sempre le distanze dalle proprie vicende personali e le misura con la stessa unità con cui misura quelle degli altri. Non era il sorriso compiaciuto del trionfatore, era una soddisfazione misurata, contenuta, presto abbandonata e già superata.

La sua bravura faceva onore a tutta la classe e tutti dichiaravamo spassionatamente la sua superiorità, egli trascinava i compagni dietro di sé col semplice fatto del suo successo. Furono quegli anni decisivi della formazione a mettergli nel sangue l'amore per il regno dello spirito, che mai più perse, a suscitare una passione produttiva che divenne senso, centro di tutta una vita, ché i giovani hanno un giusto istinto per i valori perenni. Citando ancora Zweig, "solo chi ha presto imparato a dare largo respiro all'anima sua, sarà capace più tardi di sentire in se stesso il mondo intero", e Mallarmé: "i giovani si scoprono i propri poeti perché hanno la volontà di scoprirseli". Non voglio qui idealizzare i miei compagni, non eravamo una classe speciale di prodigi, lo spirito goliardico non ci faceva difetto e le nostre birbonate le abbiamo fatte anche noi. Però non ricordo un litigio, un atto di meschinità o egoismo.

Ci volevamo bene e ci vogliamo tuttora bene e di questo dobbiamo dire grazie soprattutto a Edi, l'anima della terza A, che ci riunisce periodicamente a casa sua inviando una mail che suona: "E chi non viene è un Lioy". Ci siamo riuniti per ricordare l'amico e per ricordare anche Marina, l'altra compagna scomparsa. Recentemente mi sono complimentata con Paolo Menti per la sua nomina ad accademico olimpico e lui di rimando mi ha inviato un messaggino che diceva: "Grazie, Lori, la terza A si difende bene". Concordo, la terza A si difende bene.

 

nr. 15 anno XV del 24 aprile 2010

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