NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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La serva padrona di Pergolesi:
pieno successo al Teatro

Buona prova dell’Orchestra diretta egregiamente da Giancarlo De Lorenzo – Applauditi gli interpreti principali soprano Daniela Mazzucato, basso Eugenio Leggiadri-Gallani e mimo Renzo Guddemi

di Mario Bagnara
mario.bagnara@fastwebnet.it

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LA SERVA PADRONA

Il 17 marzo 1736 moriva a Pozzuoli di tisi, a soli 26 anni, Giovanni Battista Pergolesi (nato a Jesi nel 1710): un compositore che, per il trecentesimo anniversario della nascita, sta avendo un grande risalto nella programmazione musicale italiana ed europea di quest'anno. Un giusto omaggio, dal momento che, nonostante la sua breve e sfortunata esistenza, riuscì a conquistare un'insolita fama europea, lasciando autentici capolavori come lo Stabat Mater, già proposto a Vicenza circa un mese fa sia da I Virtuosi Italiani diretti da G. Battista Rigon sia da I Solisti Veneti diretti da Claudio Scimone.

E su quest'onda celebrativa nella quale trova esaltazione anche il ventennale della sua attività, anche l'Orchestra del Teatro Olimpico ha voluto qualificare la programmazione de "Il Suono dell'Olimpico 2010", con La Serva Padrona, composta da Pergolesi a soli 23 anni su libretto, per altro poeticamente poco significativo, di Gennaro Antonio Federico. Dopo Le Nozze di Figaro di Mozart nel 2008 e Giocasta di Azio Corghi nel 2009, questo intermezzo in due tempi, eseguito per la prima volta a Napoli al Teatro San Bartolomeo il 28 agosto 1733, l'anno dopo un altro capolavoro pergolesiano, un'opera buffa in napoletano, Lo Frate ‘nnamorato, ha splendidamente completato il trittico di opere liriche, prodotte dall'Orchestra cittadina per il Teatro Olimpico, ripristinando una tradizione che dall'immediato secondo dopoguerra e soprattutto negli anni '80 del secolo scorso con le quattro edizioni del Festival "Mozart in Italia e il Teatro Musicale Veneto" di Italo Gomez, ha avuto un notevole radicamento.

Molto semplice la vicenda che presenta tre soli interpreti: Serpina, serva sì di Uberto, ricco scapolo sempre indeciso anche nelle scelte affettive, e quindi opportunisticamente già padrona prima ancora di diventarlo effettivamente, convincendolo a sposarla. Un obiettivo che riesce facilmente a conseguire con uno stratagemma architettato insieme con Vespone, servo destinato a rimanere tale, ma in scena come Capitan Tempesta, presunto sposo.

 

Pergolesi antesignano dell'opera comica

Evidente lo spirito comico, anche nella sgrammaticata battuta iniziale "Aspettare e non venire...", riferita a due soggetti diversi, di una composizione che ancora non poteva essere definita un'opera buffa; migliore quindi la qualificazione come "intermezzi in musica" (all'Olimpico frapposti tra due rasserenanti Concerti per archi, il n. 5 e il n. 1, dello stesso autore) tra il primo e il secondo atto e tra il secondo e il terzo di un'opera seria (in questo caso Il Prigionier Superbo sempre di Pergolesi). Ma proprio per questo La Serva Padrona di Pergolesi viene considerata il prototipo dell'opera comica, subito ripresa in Francia e nel resto d'Europa.

Un evento musicale particolarmente atteso che all'Olimpico ha avuto tre rappresentazioni di cui due riservate alla Fondazione Zoè, da molti anni particolarmente vicina alle produzioni dell'OTO sia per l'opera lirica che per il tradizionale Concerto di Natale a S. Ambrogio di Milano e alla Basilica dei SS. Felice e Fortunato a Vicenza.

 

Successo pieno all'Olimpico

Interpreti molto bravi e applauditi di una partitura musicale particolarmente avvincente, nella sua difficoltà, una frizzante Daniela Mazzucato soprano (Serpina), un simpatico, nella sua ingenuità, Eugenio Leggiadri-Gallani basso (Uberto), bene assecondati dall'elegante mimo Renzo Guddemi (Vespone) che non ha né recitato né cantato, ma è stato più che eloquente con la sua gestualità e le sue leggere movenze. Perfetta la regia del livornese Francesco Torrigiani, consulente artistico della Fondazione Teatro Carlo Goldoni di Livorno per la quale opera l'Orchestra intitolata a Massimo De Bernart, direttore artistico dell'OTO dal 1993 al 1995.

In piena armonia con il contesto settecentesco i costumi e gli essenziali elementi di arredo di un proscenio olimpico reso ancor più luminoso dalla pellicola riflettente stesa sul pavimento. 

A ravvivare con le sue note questo affascinante gioco di luce, suono e azione un'Orchestra del Teatro Olimpico in formazione cameristica, in grande forma per precisione e intensità interpretativa, abilmente guidata dalla mano, espressione della mente e del cuore, del direttore artistico e principale Giancarlo De Lorenzo che così, dopo otto anni di presenze olimpiche (dal debutto del 27 aprile 2002) ha coronato il sogno di poter realizzare nel teatro palladiano un'opera in maniera del tutto autonoma.  

 

(Foto in alto di Luca Ragoso -Foto nel testo di Mauro Pozzer)

 

nr. 16 anno XV del 1 maggio 2010

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