NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
google
  • Newsletter Iscriviti!
 
 

Non maltrattiamola è… la serva padrona

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

facebookStampa la pagina invia la pagina

La serva padrona

Tra i tanti dell'epoca lui è tra i più popolari e più rappresentati, nonostante la sua fama, in vita, sia durata solo 5 anni poiché è morto giovanissimo, a soli 26 anni. Tra l'altro lui è morto esattamente 20 anni prima che nascesse Mozart. In cosa si differenzia il suo operato da quello degli altri al punto di attirare l'attenzione di Bach e di Händel?

GC.D.L.: «Lì è proprio il talento: io sono un fan di Durante, ho inciso tutte le sue sinfonie e ne ho fatto una trascrizione, quindi quando sono a contatto con Pergolesi sono "a casa", diciamo. Pergolesi ha ereditato moltissimo da Durante ma ha in più questa grandissima sensibilità, questo talento che poi ne "La serva padrona" vediamo spiccato nell'unico largo dell'aria di Serpina, nel secondo atto. Lì, stasera, pensavo che sentire lui e sentire un'aria di Mozart, è la stessa cosa».

F.T.: «La stessa potenza».

GC.D.L.: «Io pensavo a "Le nozze di Figaro", ecco. 50 anni prima e a 23 anni».

F.T.: «Con in più una reminiscenza degli affetti: c'è una vicinanza a un mondo precedente, rispetto a Mozart, che consente ai sentimenti ancora più potere reale. In Mozart c'è sempre un'ironia».

GC.D.L.: «Ricordiamoci che Mozart diceva dell'Italia, ai suoi tempi, che la nostra non era musica perché si stava facendo largo più il virtuosismo canoro che la vocalità e la melodia vocale, diciamo. Mozart criticava questo alla musica italiana, in questo caso ritorna un po' alle origini. Pergolesi, invece, come diceva il Maestro Torrigiani, è molto più legato a un...».

F.T.: «...esprimere profondamente degli affetti che quando sono malinconici, sono struggentissimi».

Questi intermezzi divennero molto popolari ed erano di facile fruizione. Oggi, a quale realtà scenica o musicale potrebbero essere equiparati?

F.T.: «Non riesco a vederci niente: appartengono a un momento storico in cui a teatro ci si andava come momento sociale di incontro, usando ciò che veniva rappresentato come pretesto per incontrarsi. L'intermezzo si impone proprio per la sua freschezza e modernità. È come se oggi qualcuno si inventasse qualcosa che va immediatamente a ruba e che invade il mercato».

Potrebbe essere paragonato a una jam session che poi diventa uno standard, per esempio?

F.T.: «Sì ma con uno stile nuovo! Creando uno stile espressivo che va immediatamente di grandissima moda, una nuova forma di teatro o di cinema, o altra espressione artistica, che improvvisamente diventa popolarissima».

Questi intermezzi venivano eseguiti durante l'intervallo di opere più serie e ricercate, adatte ad un pubblico più colto e raffinato. Poi, questo intermezzo, divenne più famoso dell'opera stessa dalla quale è tratto. Come fu vissuto questo successo, dalla società dell'epoca?

GC.D.L.: «Non dimentichiamoci che in questo periodo,man mano che si va avanti, c'è una grande trasformazione sociale e la musica non è più solo appannaggio della nobiltà, che poi verrà sostituita dalla borghesia. Il fatto che a teatro non ci andassero più solo i nobili ma gli arricchiti, fu già un primo passo».

Però anche le persone che si erano arricchite, all'epoca studiavano.

F.T.: «Soprattutto non è solo quello: c'era molto pubblico femminile perché la cultura musicale era obbligatoria ed era una delle cose che venivano particolarmente coltivate nelle famiglie. Quello che è rivoluzionario è che nasce il teatro pubblico a pagamento. Nasce quindi un mercato del teatro e della musica, che deve essere popolare, accattivare il pubblico e che deve costare poco. Da qui nasce l'opera buffa, che ha pochi mezzi finanziari, con pochi personaggi senza grandi capacità virtuosistiche».

Torrigiani, lei conosce la musica in quanto è diplomato in fagotto e sicuramente ha meno difficoltà di altri nel gestire la scena quando si tratta di opera: con quale criterio ha scelto l'illuminazione sia della scenografia che della fuga prospettica e come mai ha optato per questa copertura riflettente sul palco?

F.T.: «Quando affronto una regia, per prima cosa guardo la partitura. Anche se non dimentico che ogni partitura di ogni drammaturgo musicale nasce da un testo e che le note che un compositore scrive le scrive perché il testo fa venire in mente quelle note. Le scelte sono dettate dall'occhio, entrare in questo teatro è un'esperienza shockante: non si può fare niente, come tocchi fai danno. Poi ho pensato che potevo fare qualcosa essendo il più silenzioso possibile: la scelta di mettere una copertura riflettente con degli oggetti trasparenti e i costumi settecenteschi è nata da questa opportunità di fare una regia in punta di piedi, di grande asciuttezza e rispetto della partitura e dello spazio in cui veniva fatto, il quale canta insieme alla musica. Avrà visto che le luci dei concerti sono diverse da quelle dell'opera, in modo che questa musica partecipi allo spazio e lo spazio sia uno degli attori in gioco. Il Mº De Lorenzo ed io abbiamo interpretato un capolavoro della musica dentro un capolavoro dell'architettura».

 

nr. 16 anno XV del 1 maggio 2010

« ritorna

Come installare l'app
nel tuo smartphone
o tablet

Guarda il video per
Android    Apple® IOS®
- P.I. 01261960247
Engineered SITEngine by Telemar