NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Dal canto della terra ai… Tokio Hotel

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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INTERVISTA ISRAEL YINON

Molti compositori, all'inizio del secolo scorso, hanno anticipato i tempi. In tutta Europa si sentiva la necessità di qualcosa di nuovo e rivoluzionario. Siamo all'inizio di un nuovo secolo e sembra che non si senta questa necessità di fare qualcosa di davvero nuovo e rivoluzionario nelle arti, sembra che non ci siano dei nuovi Stravinskij o Schoenberg.

«Io credo che lei si stia sbagliando davvero: nel momento in cui siamo seduti qui a parlare, ci sono almeno 5 compositori che hanno finito di scrivere un quartetto d'archi, un lied o una sinfonia ma semplicemente noi non ne usufruiamo. La gente è sempre stata creativa e io sono convinto che la creatività continui anche oggi e non c'è ragione perché non sia così. Pensiamo a John Cage o a Stockhausen. C'è sempre stata musica e ce ne sarà sempre. Ci sono delle correnti, delle ondate  ma sono differenti dal passato. Ci sono molti nuovi compositori che sono in grado di orchestrare in una maniera in cui nessuno dei grandi maestri del passato poteva fare: sono estremamente sensibili al suono e ciò che si sta facendo con la ricerca sul suono è davvero meraviglioso. Siamo nell'era del digitale, di internet, del suono e del rumore e lo sviluppo dell'orchestrazione è estremamente affascinante anche dal punto di vista dell'armonia e del linguaggio musicale. Io vedo gente di 30 o 40 anni che scrive musica incredibile che non è ancora andata in scena  perché ci vorrà ancora tempo perché ciò accada».

Quando ascoltiamo questi grandi compositori ci rendiamo conto di quanto gli autori di colonne sonore per i film attingano da loro. Come può essere che questa musica del passato possa essere così compatibile con il linguaggio filmico  che è un' arte così diversa?

«Le dirò una cosa che moltissimi non sanno: è tutto cominciato in Europa. I compositori per musiche da film andarono in America perché fuggivano dal regime nazista, portando a Hollywood una tradizione ricca di influenze viennesi. Oggi pensiamo che quella musica sia tipicamente hollywoodiana ma non è affatto così, è partita da qui. Cominciarono negli anni '20 con i film muti in Europa e in Russia e poi a Hollywood la cosa si sviluppò grazie alla domanda dell'industria cinematografica, andando in una direzione diversa; però suono, armonia e colore arrivavano da qui».

E quale intuizione permette  che la musica sia così compatibile con il linguaggio filmico?

«Questa è una bella domanda. Io penso che la musica stia diventando sempre più personale e questo permette di poter dialogare  direttamente con molti linguaggi e combinare una cosa con un'altra o con un'altra ancora, giocando con espressività differenti per veicolare un determinato messaggio. Ci può anche esser un effetto negativo perché  a volte si può sentire della musica che non si capisce che senso abbia  o che può non servire allo scopo, questo purtroppo le fa perdere di importanza».

Se lei potesse comporre musica da film che argomento le piacerebbe trattare e a chi si ispirerebbe?

«Oh beh, perché dovrei ispirarmi a qualcuno, prima di tutto? Secondariamente, io ho studiato composizione ma ho deciso che fossero gli altri a farlo. Io faccio la mia interpretazione, prendo una partitura e la riporto alla vita. Componevo da giovane ma ora non ne sento più la necessità. Anche nel pop si può trovare dell'ottima musica: gente come i Beatles, i Rolling Stones o i Queen hanno scritto dei grandi brani perché avevano delle menti brillantissime. Oggi ci sono quei giovani tedeschi, i Tokio Hotel...».

Scherza?

«Affatto! Non c'entra che possano piacere o meno o che si tratti di mode o di capelli. Fanno un ottimo lavoro e se la qualità c'è, può non piacere ma si può apprezzare».

 

nr. 18 anno XV del 15 maggio 2010

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