NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
google
  • Newsletter Iscriviti!
 
 

L’ospitalità a Vicenza: una mostra sugli ospedali in età medioevale

Una interessante appendice nella biblioteca Bertoliana del Festival Biblico che presenta attraverso documenti e libri antichi come la città avesse organizzato sistemi per accogliere gli stranieri

di Mario Bagnara
mario.bagnara@fastwebnet.it

facebookStampa la pagina invia la pagina

L’ospitalità a Vicenza: una mostra sugli ospedali

Tra i vari temi affrontati dal Festival Biblico vicentino nelle sue ormai sei edizioni, credo che "L'ospitalità delle Scritture" dell'ultima si sia rivelato il più concreto e, in tempi di grande immigrazione dai paesi musulmani e da quelli slavi ed ex sovietici, anche il più attuale. I vari protagonisti dei numerosissimi incontri che in quattro giorni si sono avvicendati in città e nella diocesi vicentina, a partire da padre Enzo Bianchi, il cardinale Dionigi Tettamanzi insieme con Gad Lerner nell'affollatissima Cattedrale a Erri De Luca nella gremitissima Basilica di Monte Berico, per finire con la cantante Noa (Achinoam Nini, israeliana con radici yemenite, cresciuta negli Stati Uniti) in una Piazza dei Signori presa d'assalto nell'ultima serata, sono stati tutti molto puntuali nelle citazioni di testi biblici e precisi nei riferimenti specifici al nostro vivere quotidiano.

L'interesse e la partecipazione del pubblico e dei mass media anche nazionali, di qualsiasi indirizzo ideologico-religioso, hanno sicuramente superato gli indici già elevati degli scorsi anni; ora però c'è da augurarsi che questi messaggi, lanciati anche da non credenti, ma profondi conoscitori della Bibbia, come già nell'anteprima del 12 marzo Massimo Cacciari, non restino solo un'affascinante lezione accademica, ma abbiano effettivamente toccato le coscienze e aiutino a inquadrare e a gestire, con coerente sensibilità umana, i problemi anzitutto dell'abituale convivenza, ma poi anche, e soprattutto, quelli dell'"ospitalità" interetnica. E il Festival Biblico avrà così raggiunto il suo obiettivo, se il potenziale hostis d'ora in poi sarà un vero hospes.

 

Continua la mostra Domus hospitalis

A tale scopo può essere utile approfondire meglio il significato storico dell'ospitalità in ambiente vicentino, visitando l'affascinante mostra che, aperta fino al prossimo 20 giugno, la Biblioteca Civica Bertoliana ha allestito, in occasione del Festival Biblico, nella ex Chiesa dei SS. Filippo e Giacomo con il titolo Domus hospitalis: ospedali e carità a Vicenza in età tardo medioevale.

Attraverso preziosi documenti e libri antichi delle raccolte della Biblioteca stessa si scopre che già in epoca precristiana "l'ospitalità gratuita verso gli stranieri era presente presso tutte le culture antiche... esercitata come dovere sacro", avvalorata poi dalla predicazione di Gesù che "insegnò l'accoglienza e l'amore per il prossimo". Già nell'alto, ma soprattutto nel basso Medioevo, in varie parti d'Europa, soprattutto lungo le rotte dei grandi pellegrinaggi, furono istituiti, ad opera di vescovi, monaci e confraternite laiche, degli hospitia per poveri e pellegrini.

 

Vicenza città ospitale (a partire dal XII secolo)

La prima parte dell'allestimento in cui viene motivato storicamente il concetto di hospitalitas, a partire dalle tradizioni giudaico-cristiana e greca, per giungere alla massima diffusione di questa pratica umanitaria con la fioritura degli ordini mendicanti del XII-XIII secolo, costituisce una opportuna introduzione alla descrizione delle domus hospitales vicentine, sorte in occasione della rinascita economica che, iniziata nel sec. XI, comportò l'allargamento della città e la formazione dei borghi immediatamente fuori dalla cinta muraria medioevale. La prima domus hospitalis vicentina è documentata nel 1123, in capite pontis de Nunto (Olmo di Creazzo), mentre un'altra si trovava a Lisiera sulla via Postumia. La prima della città è riferita all'avvento della confraternita dei Cruciferi, prevalentemente laici, nel 1130, in Borgo Portanova, nei pressi del Ponte Nuovo sul Bacchiglione, area nella quale più tardi, nel 1381, fu costruita la nuova Porta di Santa Croce.

Ma nel XIII secolo in Borgo San Felice, nell'area della Basilica e del monastero dei SS. Felice e Fortunato, erano in funzione anche l'Ospedale di S. Bovo, con il titolo di S. Maria della Misericordia, San Bovo e Santa Maria Maddalena e quello di San Lazzaro, originariamente destinato all'assistenza dei lebbrosi, poi degli appestati durante l'epidemia del 1630 e quindi, nel ‘700, dei rognosi.

In Borgo Pusterla era attivo anche l'Ospedale di S. Maria della Misericordia della fraglia dei Battuti (documentata a Vicenza fin dal 1286), trasformato agli inizi del ‘500 nel monastero delle Clarisse. Non molto lontano, nel 1384, sorse anche l'Ospedale dei Santi Ambrogio e Bellino, operativo grazie alle elemosine raccolte annualmente dai questuanti e oggetto di particolari attenzioni da parte delle autorità civili e religiose (in mostra una Lettera patente del podestà Francesco Mocenigo del 7 novembre 1578).

 

L'ospedale di S. Antonio abate in piazza Duomo

Ma la domus hospitalis più importante fu quella di Sant'Antonio Abate, sorta subito dopo la peste e il terremoto del 1348 per iniziativa di Alberto Billanth, un nobile di origine germaniche, cavaliere e conestabile a Vicenza per conto di Cansignorio e Alboino della Scala, che destinò la sua casa, situata presso il campanile della Cattedrale (in mostra una Veduta della piazza del Duomo di Cristoforo Dall'Acqua del ‘700), all'ospitalità dei pellegrini, malati, mendicanti e indigenti, affidandone la gestione alla confraternita dei Battuti di S. Antonio, S. Maria e S. Giorgio: una istituzione che giunse ad ottenere la solenne approvazione del Papa Eugenio IV nel 1437.

 

1772: accorpamento nell'ospedal grande degli infermi e dei poveri (attuale San Bortolo)

Tutte queste domus hospitales vicentine che a partire dal periodo rinascimentale divennero sempre più degli ospedali veri e propri, il 10 ottobre 1772, con provvedimento dei veneziani Sindici Inquisitori di Terraferma, furono soppresse e accorpate nel nuovo Ospedal Grande degli Infermi e dei Poveri, l'attuale San Bortolo, nella cui Chiesa fu trasferito anche il sarcofago, tuttora presente, di Alberto Billanth, fondatore dell'Ospedale di S. Antonio Abate.

I relativi archivi non andarono dispersi, ma dal 1930 furono riuniti, per un'adeguata conservazione, in Biblioteca Bertoliana la quale, grazie a questi e ad altri tesori documentari, importanti, oltre che per i contenuti storici, anche per i pregi grafico-artistici, è stata ora in grado di ricostruire questa storia esemplare della carità e quindi dell'"ospitalità" vicentina.

 

nr. 23 anno XV del 19 giugno 2010

Come installare l'app
nel tuo smartphone
o tablet

Guarda il video per
Android    Apple® IOS®
- P.I. 01261960247
Engineered SITEngine by Telemar