Per un medico/scrittore, vicentino, ma di origini emiliane, impegnato in una lunga e qualificante attività professionale di chirurgo, il traguardo di quindici libri, a partire dal 1972, assume un significato di particolare importanza. Giovanni Venturini questo traguardo l'ha raggiunto quest'anno con un appassionante e stilisticamente avvincente romanzo dal titolo Di quale amore... (430 pp.). La sua esperienza narrativa, nata quasi per caso, dapprima ha tratto alimento dalle vicende derivanti dalla sua professione e successivamente da una iniziativa di carattere culturale della quale desiderava che restassero tracce nell'ambito socioculturale in cui viveva. Infatti nel suo bello e accogliente palazzo di Contrà San Francesco, per oltre quindici anni, si sono succeduti poeti, scrittori, musicisti, scultori, giornalisti ed altri protagonisti della realtà culturale italiana: ne sono testimonianza i due volumi Le nostre serate (1988) e Oh voi che meco...(2001).
La sua grande passione per la musica lo portò anche a divenire attivissimo e appassionato Presidente, per dieci anni, della Società del Quartetto (una delle cinque esistenti allora in Italia). Nel 2003 la più giovane Associazione Amici della Musica di Vicenza e la Società del Quartetto si sono fuse in un'unica Associazione Musicale che porta tuttora il nome di Società del Quartetto la quale ha così potuto celebrare quest'anno il centenario della fondazione, avvenuta per iniziativa del concittadino Antonio Fogazzaro nel 1910. Da questa esperienza sono nati I Quaderni del Quartetto (ideati e diretti dal 1990 al 2000) e Società del Quartetto: 90 anni di musica a Vicenza (2000).
Nel resto della sua produzione Venturini ha sempre espresso un interesse critico verso fede e religione (Che fatica amare Dio! del 1993, Tre giorni d'inferno del 1995 e La seduzione della conoscenza del 2007). Una problematica esistenziale che pervade anche la sua ricca narrativa la quale, oltre alle antologie di racconti soprattutto dei primi anni (Racconti per 12 sere del 1972, Fosse la notte, la luna o le stelle... del 1974 e Racconti di un romanzo del 1983), ma anche degli ultimi (Apologoi del 2004, Aspettando Freud del 2005), comprende anche romanzi veri e propri.
In quest'ultimo romanzo, il terzo (a partire dal primo Federicus quidam del 1977), ricompare la figura di Sebastiano che, già protagonista di Prima che nasca il giorno del 2003, anche qui è presente sino alla fine dell'intricata vicenda, ricordato, anche dopo la morte, dalla moglie Roberta, personaggio che, apparentemente fragile, diviene, con la sua sensibilità e la spiccata personalità, dominante dalla prima all'ultima pagina.
Per quale ragione ha riproposto il personaggio di Sebastiano?
«Sebastiano è sempre stato il personaggio ideale per ciò che andavo scrivendo, anche quando non ne facevo il nome. Poi negli ultimi due romanzi ha preso il sopravvento».
Come indica il titolo, il tema fondamentale è l'amore. Come concepisce nel suo romanzo questo sentimento universale il quale alla fine, dopo molte peripezie, sembra trionfare?
«Il libro altro non è che un auspicio, un anelito, un monito, affinché l'amore, quello vero, abbia sempre a trionfare in coloro che si amano».
C'è un personaggio, apparentemente secondario all'inizio, che Lei chiama Luigino, portatore di una grave menomazione di natura cerebrale. Vuole spiegarcene la funzione, sempre più importante nello svolgimento delle vicende del romanzo?
«Viviamo in un periodo di continue e interessanti scoperte in tutto l'ambito del mondo scientifico ed io, come medico, ho voluto additare la condizione di questo ragazzo che, in virtù di queste scoperte, raggiungerà una guarigione, in altri tempi impensabile».
Proprio le cure con le cellule staminali cui viene sottoposto Luigino a Palo Alto in California, portano il romanzo a spaziare in varie città e in vari continenti: questo perché a Lei piace veramente viaggiare oppure, come hanno fatto altri scrittori (Ludovico Ariosto, Emilio Salgari, il nostro Virgilio Scapin...), Lei viaggia con la fantasia, senza allontanarsi un passo dalla Sua scrivania?
«È così. Non mi allontano un passo dal mio tavolino, perché non ho la vocazione del viaggiatore, dimentico presto quel che vedo ed ho il piacere di vivere in una casa accogliente che mi dà più di quanto merito».
C'è una scansione temporale nel romanzo, con precise indicazioni soprattutto nella parte finale (dopo cinque anni, dopo dieci anni, dopo cinquant'anni). Perché?
«Io trovo che sia comodo, ma fuorviante per uno scrittore, chiudere il testo con la solita frase "...e vissero felici e contenti". Io ho voluto andare oltre, per sapere che cosa c'è, che cosa avviene, qual è la verità».
Un'esigenza personale quasi manzoniana. Anche in questo romanzo, come nei precedenti, pare di cogliere un elemento autobiografico: la passione per la musica che coltiva Sebastiano. È così?
«In tutti i miei libri c'è sempre un riferimento alla musica, perché, come Lei ha ricordato, è stata la mia passione più grande per tutta la vita. Ma è l'unico elemento autobiografico (almeno chiaramente espresso)».
Di quale amore..., un romanzo nel quale Venturini riesce a dominare egregiamente i suoi personaggi, esprimendone la psicologia anche mediante i dialoghi incisivi e serrati, non è in normale distribuzione nelle librerie; gli interessati però lo possono reperire e scaricare gratuitamente dal sito www.lulu.com/giovanniventurini (e-mail: venturinigiov@gmail.com) o rivolgersi direttamente all'autore (prof. Giovanni Venturini, tel. 0444 920898), ben felice di fornire uno strumento di rilassante e arricchente lettura, anche perché, come affermava nel precedente romanzo, egli è convinto che i libri debbano essere «di guida e di aiuto per gli altri» e non «pagine povere di saggezza, quasi completamente vuote di insegnamenti».
nr. 25 anno XV del 3 luglio 2010