NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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L’infanzia fiabesca di Carolina Antich in una bella mostra allo spazio AB23

Nella Chiesa dei SS. Ambrogio e Bellino, un singolare seduttivo teatrino della nota pittrice argentina che abita a Venezia e che è intitolata “Capricci” in cui si portano alla ribalta originali invenzioni pittoriche

di Resy Amaglio

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L’infanzia fiabesca di Carolina Antich in una bell

È di scena l'infanzia, allo spazio AB23, alias chiesa dei santi Ambrogio e Bellino, trasformata in anonimo contenitore per attraversamenti solitari delle offerte espositive di nuova generazione; o meglio, sono di scena i bambini, fiabeschi e irreali come sbocciati da un sogno e fissati sulla tela con l'inflessibile pazienza di un entomologo.

A proporre il singolare seduttivo teatrino è Carolina Raquel Antich, pittrice argentina che abita a Venezia, appartenente alla vasta schiera di artisti tra i trenta e i quarant'anni che sembrano ormai essere in procinto di riscoprire proprio tutto. La mostra intitolata Capricci è curata da Stefania Portinari con il gusto e l'eleganza che le sono tipici, perfettamente consoni alle opere delle quali sposano la levigata poesia.

Rimestando con grazia tra le pagine de Il Piccolo Principe, la Antich porta alla ribalta delle sue invenzioni pittoriche un congruo numero di cloni del fanciullo immaginato da Antoine de Saint Exupéry, atterrato in pieno Sahara dal prodigioso asteroide B612, per scordare le pene d'amore provocate da una rosa capricciosa. Dopo molti incontri e peregrinazioni, messosi infine alla ricerca dell'uomo, lo straordinario personaggino s'imbatte nel suo narratore-creatore, costretto da un guasto all'aereo a sostare nello stesso luogo e a lui racconta le proprie strabilianti vicende, attinte dal pozzo cosmico di una fantasia meravigliosa. Il breve gioiello narrativo, sostanziato di metafore e allegorie, avvince dal lontano 1943 i lettori di ogni età, per la vena d'indecifrabile lirismo che lo caratterizza, permeandolo dell'innocenza delle cose buone dell'infanzia, quali dovrebbero virtuosamente serbarsi oltre la corsa del tempo e la maldestra memoria divenuta adulta.

Simile a un elogio della leggerezza in forma visiva e senza tema di cadere nell'effimero, la mostra sgrana fresche silhouettes infantili in atteggiamento compunto, su fondali dolcemente velati da colori preferibilmente tenui, rosa, verde pallido, azzurro tenero e terso. Le figurine emergono nella luce e si mettono in posa con volto trasognato, come per una foto ricordo d'un tempo nato remoto, riunite a fissare l'attimo di un giorno solenne, ed è Prima comunione: vista in prospettiva, la scena produce lo strano effetto d'un gruppo di teste colorate posate su impercettibili tracce candide, di corpi spariti fra le trame del supporto; altrove, le fragili creature se ne stanno sedute sopra micrometeoriti cadute su terreni d'erba scura e contro cieli cupi invasi da luminescenze lunari, Sobre esta pietra, o, ancora, escono dall'azzurro pastoso di Nebbia. Ogni quadro è una pagina fantasiosa nutrita di letteratura e della partecipazione sentimentale a un'ipotesi di realtà fanciullesca nella quale le cose sono sempre intimamente belle e vagamente transfughe di se stesse. Appaiono così l'incantato Narciso mentre si ammira duplicato nel castone d'acqua che circonda il suo lembo di prato, perduto in una sconfinata atmosfera aurorale, l'enigmatico Tadzio nel trionfo di trasparenze azzurrate che Visconti avrebbe apprezzato, i bianchi lupi di Woltman, gli innamorati-bambini di Notturno, sorretti dal fogliame filiforme dei bambù, nell'aria toccata da chiarori brumosi di sapore orientaleggiante.

Fiori e foglie sanno tutti d'oriente, ora raccolti alla maniera di ikebana, tra cui s'intravede il faccino chiaro che guarda lontano, Into flower, ora a strascico del piccolo viandante diretto chissà dove, A gift.

Carolina Antich non è soltanto decorativa. Questa sua pittura cela emozioni sottili e una provata sperimentazione del fare; ottima artigiana, utilizza l'acrilico su lino con esiti sicuri, fondati su scelte cromatiche oculate e sulla felice capacità di un segno determinato non meno che lieve. I suoi alberi surreali in controluce, in fuga tra vapori notturni, o il tronco stecchito, giocato tra l'oscurità in primo piano e il digradare della luce verso i confini di un paesaggio lattescente, a far da cornice al laghetto venato d'opale dove sguazzano i principini Bagnanti, sono esempi ben leggibili, che dicono una cultura dell'arte non semplicistica e armonicamente personalizzata. Con qualche astuzia, s'intende.

La mostra è aperta fino al 18 luglio.

 

nr. 26 anno XV del 10 luglio 2010

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