NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Il compleanno del contadino e del suo gran libro

La data che celebra i 100 anni dalla nascita di Paolo Bonomi, fondatore della Coldiretti nazionale nel 1945 segna anche i punti chiave di una tradizione culturale che resiste al tempo nonostante i cambiamenti e le difficoltà del mercato internazionale - La premessa vicentina anche nella nascita delle cooperative bianche e nella lotta all’analfabetismo delle campagne

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Il compleanno del contadino e del suo gran libro

(g. ar.) - «La politica la facciano i politici, noi ci occupiamo dell'economia della terra, del reddito dei contadini, del futuro di un settore che rappresenta più della metà delle risorse nazionali di prodotto complessivo». Il 1° gennaio del 1945, alla vigilia della fondazione ufficiale della Federazione nazionale Coltivatori Diretti, che doveva avvenire di lì a un anno scarso, Paolo Bonomi pronunciava in questi termini quello che è rimasto poi il manifesto ideologico di una categoria poco votata alle ideologie, ma inequivocabilmente sempre legatissima alle proprie tradizioni culturali.

Che cosa sia rimasto di quella dichiarazione storica non è difficile verificarlo oggi. Poco o niente, se si tiene conto che già nei tre anni successivi e fino a tutto il 1948, il quadrifoglio della Coldiretti si trasformò in un vero e proprio bandierone, simbolo riconoscibile e indiscutibile di quel movimento cattolico dei lavoratori della terra che prendendo radice anche dalla tradizione delle cooperative bianche ottocentesche divenne la vera diga anticomunista al tempo della campagna contro il fronte popolare formato da Togliatti e Nenni.

Come dire che fin da subito la apoliticità si trasferì dal primo al secondo o al terzo piano delle priorità per lasciare spazio invece a un impegno schiettamente politico che però non ha mai dimenticato -anzi: sempre inseguendola con la massima energia- la fondatezza culturale delle tradizioni contadine italiane. Una trasformazione di qualità e ancor più di quantità, che ha dovuto fare i conti con la decimazione reale dei numeri: all'inizio del secondo dopoguerra oltre il cinquanta per cento della popolazione attiva era occupata in agricoltura; oggi quel +50% si è ridotto di dieci volte e supera appena il 5%. Tutto questo, ma in più anche il cambio di marcia dei rapporti mondiali tra produttività della terra, capitali impiegati, forza lavoro coinvolta, tipologie di prodotto. E sullo sfondo, proprio per la Coldiretti del Veneto in particolare, quella colossale grana delle quote latte che contro ogni logica dettata dall'Europa si alimenta sull'equivoco di qualche gioco di prestigio del resto abbastanza scoperto e che al mondo agricolo fa soltanto un gran male. Ne parliamo con Diego Meggiolaro, presidente provinciale. Dice: «Il bello del nostro lavorare è che l'impegno continua ad aumentare mentre il reddito continua a diminuire. Ma siccome è la nostra cultura quella che viene posta in gioco dai cambiamenti, ce la mettiamo tutta e credo che salveremo tradizione cultura e... anche un po' di reddito».

 

Tra 800 e 900 le scuole in parrocchia dei fratelli Scotton

 

Diego Meggiolaro guarda avanti e per spiegare il futuro analizza il passato, il presente, i giochetti di prestigio in atto e dichiara: «La cultura contadina è un patrimonio e non lo lasceremo disperdere, lotteremo per proseguire quel cammino di progresso che per noi rappresenta una realtà molto positiva, una vera e propria vittoria per l'equilibrio che riusciamo a tenere rispetto ai sempre forti cambiamenti del mercato».

Il percorso di cui parla Meggiolaro è quello di un riscatto culturale e sociale innegabile che ha coinvolto tutto il mondo rurale italiano e veneto in particolare. Sono sessant'anni, spiega il presidente, che hanno analizzato la realtà delle campagne e l'hanno assecondata tenendo conto delle continue e crescenti necessità di tutta una categoria che perdeva continuamente forza lavoro in direzione dell'industria, ma che pure doveva continuare a dare il proprio contributo alla produzione di beni economici, cioè ai prodotti alimentari.

Non bastava riscattare culturalmente la gente delle campagne, non bastava accompagnare difendendola la frattura che si verificava nelle famiglie man mano che il gruppo familiare prima compattamente assorbito dalle stagioni nei campi si spezzettava sempre più chiaramente per andare ad occuparsi in altre attività portandosi dietro tutto quello che nel frattempo era nato e si era sviluppato, come la famiglia di nuova formazione.

Diego Meggiolaro sottolinea con forza questi aspetti della storia dei contadini; oggi non sono più neppure parenti di quelli di anche solo una trentina di anni fa: «Il riscatto di cui parlo è passato attraverso molte fasi e molto lavoro tutto puntato sull'affermazione dei migliori fondamenti culturali. Il nostro percorso non ha soltanto riscattato le campagne vincendo la guerra contro l'analfabetismo, ma via via ha tenuto conto dei nuovi obiettivi, come l'affermazione del prodotto tipico, il made in Italy, come l'esigenza di salvaguardare l'ambiente di salvarlo davvero dall'inquinamento e di offrirlo sempre più vivibile alle prossime generazioni».

Il punto oscuro dentro questo difficile processo di avanzamento nella ricerca della qualità è però determinato da quegli equivoci provocati da vertenze manifestamente fuori luogo come quella delle quote latte. La Coldiretti anche su questo tema è molto esplicita: «C'è indubbiamente qualcuno che gioca contro le regole a proprio uso e consumo; hanno dichiarato pubblicamente a suo tempo di non voler accettare quelle regole e oggi pretendono una sanatoria assolutamente impossibile, illogica. Il problema sono i politici, quelli, almeno, che dopo aver approvato il quadro legislativo delle regole da rispettare, sotto sotto lavorano per sostenere le richieste degli allevatori e quindi per demolirle, quelle stesse regole».

È la voce di un mondo ancora una volta in trasformazione, ma esattamente come fin dall'inizio dedito a leggere senza equivoci le proprie realtà. È una storia che arriva da lontano quella della Coldiretti: per spiegare i disagi attuali bastano pochi riferimenti, come il prezzo del grano (15 euro a quintale contro i 25 di 20 anni fa), o l'età media (un addetto sotto i 35 anni ogni 12 over 65), o le 180mila stalle dell'89 che sono diventate 43mila, o il prezzo all'ingrosso di un chilo di carote che dal 2008 è sceso del 71%; per spiegare le forze della tradizione, invece, i riferimenti positivi non si contano: come le cooperative bianche che di fatto formarono l'argine rispetto all'associazionismo socialista, o come la tradizione scolastica iniziata a fine Ottocento dai fratelli Monsignori di Breganze. I tre Scotton che portarono poi al livello sociale più essenziale la Rerum Novarum aprendo centinaia di scuole aggregate alle parrocchie, distaccate dall'insegnamento statale ma assolutamente gratuite, le svilupparono contribuendo alla formazione di un gruppo dirigente che poi quell'eredità raccolse e diffuse ulteriormente. Come un legame indissolubile che appunto al momento delle cooperative funzionò da inestricabile collante culturale e anche politico al servizio proprio del mondo contadino. Il centenario di Paolo Bonomi passa anche attraverso tutto questo. E, seriamente, le beghe di oggi che pure scandalizzano quelli della "diga verde", non sembra la possano minimamente scalfire.

 

nr. 28 anno XV del 24 luglio 2010

 

 

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