NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Come una banda di iconoclasti riuscì a distruggere gli spettacoli olimpici

O si ritorna all’antica collaborazione tra Accademia e Comune e si rispettano le regole che furono dettate dal Comitato, o si chiude il Teatro ad ogni spettacolo – Strillino pure i “Vu teatrà” che hanno oggi un nuovo Teatro per le loro provocazioni

di Remo Schiavo
Accademico Olimpico

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Come una banda di iconoclasti riuscì a distruggere

Egregio Direttore,

gli Accademici Olimpici, malati di classicismo, verso il 1580 decisero di avere una sede stabile per le loro tornate, i loro spettacoli, e nacque l'Olimpico opera estrema del socio Andrea Palladio.

L'erezione e l'inaugurazione del teatro con l'"Edipo tiranno" di Sofocle portò Vicenza al primato, su tutte le città d'Italia, della rinascita del teatro classico con la tragedia che veniva posta al vertice delle manifestazioni dello spirito. Il Principe Leonardo Valmarana e gli Accademici avevano ben capito quale spazio teatrale il Palladio aveva loro affidato. Purtroppo tale concetto durò pochi anni nella vita secolare dell'Accademia, e l'Olimpico divenne sempre di più, con l'affermarsi del melodramma, inattuale, scomodo, e buono solo per riunioni di prestigio, ricevimenti, e mondanità del tempo, addirittura balli.

Gli Accademici ebbero la buona idea di rispettare l'Olimpico, lasciandolo nel silenzio, e di costruire l'Eretenio, gemma dei teatri italiani del Settecento, l'ideale contenitore dell'opera lirica, un miracolo del tutto italiano, come la tragedia per i greci, distrutto per eventi bellici e cancellato dal cuore dei vicentini. Salvato dalle bombe incendiarie l'Olimpico e la Basilica Palladiana, segnarono il periodo della rinascita dopo gli anni infami della guerra. E si volle la sua riconsacrazione che non poteva essere che con l'"Edipo re" di Sofocle (1948).

A vigilare sulle sorti del Teatro fu chiamato il Comitato per gli spettacoli classici nato da un accordo dell'Accademia Olimpica con il comune di Vicenza negli anni Trenta del Novecento. Per uno spettacolo all'Olimpico dovevano essere rispettati alcuni punti: l'Olimpico è un teatro eccezionale, perfetto a cui non si doveva aggiungere o togliere nulla, il teatro rappresentato (meglio una tragedia greca) doveva essere garantito nella traduzione e recitato integralmente senza tagli o sacrileghi adattamenti, gli esecutori dovevano essere di altissimo livello (il fiore della prosa italiana) con presenza scenica e voce adeguate allo spazio olimpico, la rappresentazione doveva essere un rito nel ricordo delle antiche rappresentazioni nei teatri greci.

Questo era l'Olimpico, o prendere o lasciare.

La squalifica dell'Olimpico arrivata ai nostri giorni potrebbe ricordare quella con il teatro a logge del melodramma con la differenza che i vecchi accademici si costruivano l'Eretenio, mentre i responsabili attuali vorrebbero piegare l'Olimpico ai loro capricci. Per le loro fantasie la grande macchina di Palladio Scamozzi non bastava più e allora via alle più strambe deformazioni: chiusure delle sette vie, coprire di stracci o di fango scene e proscenio, proiettare sulla grans scaenae cespugli e verzuce, far comparire sul proscenio per una tragedia classica avanzi di un modo in decomposizione. E non è tutto: il testo, sia pure una celebra tragedia, viene malmenato, maltradotto, sempre per confondere la testa del povero pubblico condannato a subire simili stupidità.

Così l'Olimpico, l'emblema del Rinascimento italiano, che aveva sedotto perfino Napoleone, viene banalizzato, squalificato, reso irriconoscibile, da una banda di iconoclasti.

Si può riparare a tanto danno? Forse si e forse no. O si ritorna all'antica collaborazione tra Accademia e Comune e si rispettano le regole del Comitato o si chiude l'Olimpico ad ogni spettacolo: sit ut sunt, aut non sit strillino pure i vu teatrà: non hanno un nuovo teatro con tanto di ridotto per sfogare le loro provocazioni? Non bastano? Ci sono sempre i teatrini parrocchiali a loro disposizione.

Et de hoc satis.

 

nr. 32 anno XV dell'11 settembre 2010

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