NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
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Assegnati a Verona i Premi Masi 2010 con una serie di illustri personaggi

Il “Grosso d’oro veneziano” è andato ad uno scrittore come Peter Esterhazy che ha riportato la letteratura ungherese al grande ruolo che fu della Mitteleuropa. A Francesco Tullio Altan, Diana Bracco de Silva e Mario Brunello i tre premi per “Civiltà veneta”

di Resy Amaglio

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Assegnati a Verona i Premi Masi 2010 con una serie

È arrivato l'autunno, stagione amata da molti esteti, portando con sé il prodotto tipico delle nostre terre di collina celebrate da innumerevoli paesaggisti, l'uva. Sono i giorni della miglior vendemmia; ma sui colli della Valpolicella, Verona, dove la tradizione della vitivinicultura vanta radici lontane nel tempo e risultati pregevoli da sempre, si celebra anche il rito annuale di un premio che da quasi trent'anni coniuga simbolicamente terra e cultura, il Premio Masi Civiltà veneta, attribuito a personalità d'origine veneta che si siano distinte, in Italia e non solo, in differenti settori, dall'arte all'economia. A questa formulazione iniziale si è aggiunto il Premio Civiltà del vino, più strettamente legato all'attività dell'Agricola Masi, sulla quale si innesta l'omonima Fondazione, e in seguito il Grosso d'oro veneziano, assegnato a protagonisti autorevoli della cultura internazionale.

L'elenco dei premiati si è fatto lungo, un frastagliato ventaglio di nomi affiancati dalla sapiente botte di Amarone, materia prima del premio, che ha intrecciato poesia e alta cucina, musica arte e letteratura, scienza e fumetto. Anche per il 2010 Civiltà veneta ha scelto, con Diana Bracco de Silva, Mario Brunello e Francesco Tullio Altan, figure di rilievo.

Bracco significa da decenni chimica farmaceutica d'avanguardia, frutto di ricerca, aggiornamenti e studi mirati, che hanno portato il nome nel mondo attraverso la produzione di medicinali di sicura efficacia. Significa anche, però, cultura in senso più lato e solidarietà; allo scopo è nata da qualche mese una fondazione impegnata nella realizzazione di un programma vasto e articolato.

In Mario Brunello si è premiata la musica, eternamente moderna. Il violoncellista di Castelfranco interpreta infatti la grande tradizione classica con un successo costante a livello mondiale; ma questo suo strumento affascinante non si nega ad esperienze singolari, aprendo alla musica etnica e al confronto con creazioni atipiche, o "giocando" in modi inusuali gli spartiti dei maestri insieme ad altri strumenti.

Infine, premiare la firma Altan equivale sì a riconoscere il rude scontento di certi personaggi usciti dalla sua pungente matita satirica, Cipputi innanzi tutti, ma pure a regalare un riconoscimento all'universo infantile cresciuto gioiosamente con la deliziosa cagnolina Pimpa, nonché a quello che infantile non è più, il quale si specchia amaramente nella battuta del padre che non racconta alla figlia bambina "una storia", ma "una balla, così ti abitui".

Con il Grosso d'oro veneziano, la preziosa moneta della Serenissima, a Peter Esterhazy, Masi ha guardato all'Europa e alla sua storia, rivissuta dallo scrittore ungherese lungo il tracciato di dolorosi avvenimenti familiari, all'interno degli eventi che hanno sconvolto e ferito il suo Paese, ribaltandone valori e tradizioni.

Sul filo di un orizzonte assai ampio l'incontro con la Civiltà del vino avviene quest'anno al di là degli storici confini dell'estremo est europeo, tra i vigneti georgiani dove vive e lavora il Metropolita Sergj di Nekresi, destinatario del Premio.

Nel secolo scorso gran parte degli italiani hanno conosciuto la Georgia esclusivamente come patria di Stalin e ai nostri giorni molti ne sono giunti a conoscenza in relazione ai gravi problemi politici ed economici che attanagliano la regione, a qualche anno di distanza dallo scioglimento dell'U.R.S.S.

Nomi quali Ossezia appartengono alla cronaca politica internazionale recente e soltanto dai vecchi libri di scuola emerge il ricordo che nelle contrade strette tra Caucaso e Mar Nero correva in antico il nome Kolchis, la Colchide, che il Mito vuole patria di Medea e teatro dell'impresa degli Argonauti.

È questa una terra di forti tradizioni religiose. Dopo l'evangelizzazione, in quella che diverrà l'odierna Georgia si radica profondamente l'Ortodossia, testimoniata da numerosi monasteri; nella sua energica Chiesa, rimasta nei secoli autocefala sotto il proprio Katholikós, la popolazione trova in ogni tempo conforto e sostegno ai travagli che non mancano di connotare la sua storia.

Fiorisce anche la vite, sulle colline: da svariati secoli prima dell'Evo cristiano qui si coltiva la vigna e si produce un vino pregiato, apprezzato con gusto da tutti i dominatori, Greci e Romani compresi.

Il ruspante premio della Fondazione Masi ha perciò raggiunto un traguardo veramente felice, che si spera possa anche fungere da leva alla ripresa economica di un settore purtroppo in crisi.

"Premio del vino", definì il Masi uno dei più illustri premiati, Gillo Dorfles; il fatto che per il 2010 esso sia andato ad un'autorità religiosa riveste inoltre un significato particolare, implicando risvolti culturali imprevisti. Il prezioso figlio dell'uva è infatti entrato in tutte le culture sin dai primordi, attraversando miti, leggende, arte e perfino la storia sacra, con un variegato corredo simbolico dal portato talora contraddittorio.

Sacralità del vino: nei riti dionisiaci l'ebbrezza è forza vitale, capace di condurre all'unione con la divinità; presso alcune religioni il "sangue dell'uva" sostituisce invece quello della vittima sacrificale nel culto dei morti.

La Bibbia tramanda il racconto di Noè ubriaco, nudo e deriso dal figlio Cam; ma il vino, nella festa nuziale di Cana, rappresenta il primo miracolo di Gesù, mentre diviene sostanza partecipativa del rituale cristiano dell'Eucaristia, in memoria dell'Ultima cena. Anche i santi non trascurano di citarlo nei loro scritti: nel dodicesimo secolo sant'Ildegarda di Bingen, musicologa e naturalista, osserva che la saggezza è ritornata vigorosa tra gli uomini dopo che la terra profanata dal sangue di Abele ha prodotto il "nuovo nettare".

Nemmeno l'Islam rifiuta la vite, se una leggenda narra che l'arcangelo Gabriele fa dono di un viticcio al malcapitato Adamo cacciato dall'Eden.

Senza perdersi nel tempo, le radici della vigna stanno dunque ben salde in ogni dove.

In vino veritas? Forse. Certo è di casa la cultura, a Gargagnago di Valpolicella, dove troneggia la celebre botte ritualmente firmata negli anni da tutti i premiati.

nr. 35 anno XV del 2 ottobre 2010

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