NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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È una nave “truccata”: è un ospedale

Sta per nascere un libro documentario sull’avventura iniziata in Colombia dal San Raffaele di Milano con don Verzè che viene aiutato dal calciatore dell’Inter Cordoba - Come si porta soccorso ad angoli di mondo altrimenti irraggiungibili dove qualsiasi malattia in assenza di medici e farmaci può diventare inaffrontabile

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È una nave “truccata”: è un ospedale

(g. ar.) - Ci sono i nodi della memoria e quelli del presente. Inutile perfino sottolineare quale sia l'urgenza vera. Se l'Amarcord di Fellini disegnava sensazioni suoni e colori di un passaggio del transatlantico Rex rivissuto nell'età adulta da un ex bambino della riviera romagnola, ora c'è un'altra "nave che va", molto meno imponente, però spinta da un carico di carburante che non bada troppo al sottile quando si tratta di difficoltà. È poco più di un battello, ma percorre una rotta della speranza che sta per andare alle stampe sotto forma di libro-documento. Si chiama "La Speranza", percorre centinaia di miglia lungo i fiumi del sistema amazzonico della Colombia, dalla maggiore profondità della jungla fino alla foce, nell'oceano Pacifico. Al timone c'è l'Aispo (associazione italiana per la solidarietà tra popoli), una ong che è emanazione del San Raffaele di Milano, casa di ricovero e cura notissima per la materia in cui è specializzata, la cura dei tumori. E dietro a tutto questo ci sono tre personaggi con nome e cognome: don Luigi Maria Verzè, ex imprenditore, ma soprattutto ex sacerdote veronese di Illasi, sospeso a divinis dall'autorità ecclesiastica milanese per la scomodità delle posizioni da sempre espresse con grande chiarezza e coraggio, e con lui il calciatore colombiano dell'Inter Ivan Ramiro Cordoba e la moglie Maria Yepes. Tutti impegnati a fare cosa? Non solo opera di promozione per fini di solidarietà, ma un'azione vera e senza precedenti che consiste nel mandare per villaggi questa nave che va portandosi dietro medici, infermieri, sale operatorie, strumenti per l'indagine scientifica. Tutto quel che serve ad un ospedale per lavorare. La Speranza è un ospedale, un ospedale viaggiante, che arriva a portare soccorso in angoli altrimenti irraggiungibili con altri mezzi. In questa parte della Colombia chi sta male è separato per qualsiasi genere di soccorso da almeno un giorno di viaggio. Senza ospedali nelle vicinanze e senza aeroporti per avvicinarli un po'. Come una sentenza di morte pronunciata senza giudici o giurie.

 

Da un villaggio all'altro, tutti i giorni sul fiume

La missione sanitaria e umanitaria La Esperanza nasce dalla fondazione Colombia Te Quiere Ver (la Colombia ti vuole vedere) con la collaborazione del calciatore Ivan Ramiro Cordoba e della moglie Maria Yepes. È una missione destinata alle popolazioni indigene della fetta più povera ed emarginata del territorio colombiano, tra fiumi amazzonici e foresta pluviale, dove è pura utopia sperare in un qualsiasi insediamento di servizio per la popolazione. Le centinaia di villaggi che si affacciano sui fiumi fino allo sbocco nel Pacifico, sono tutti caratterizzati da spaventose carenze che si assommano poi in malattie normalmente non impossibili da curare, ma di fatto letali in quelle particolari condizioni di esistenza.

L'iniziativa ha alle spalle don Luigi Maria Verzè ed il suo San Raffaele di Milano, un punto di riferimento noto in tutto il mondo per la medicina che si occupa di tumori. L'idea, che si avvale della collaborazione della ong italiana Aisp e anche dell'intervento di personale medico e tecnico colombiano, si è concretizzata nella missione affidata a La Speranza, una nave ospedale in piena regola abbastanza ridotta nelle dimensioni per navigare lungo i fiumi, ma abbastanza grande per essere attrezzata di tutto ciò che occorre ad un ospedale, dal personale alle sale operatorie e a quelle per le medicazioni, senza dimenticare le tecnologie di accertamento e diagnosi (raggi x, analisi, eccetera).

La nave viaggia avanti e indietro lungo i fiumi seguendo una mappa complicata di punti di approdo che corrispondono ai villaggi delle popolazioni indigene. Ha un'agenda precisa e si presenta esattamente quando è previsto che arrivi all'approdo.

Una specie di miracolo viaggiante che contribuisce ad alleviare in concreto lo stato sanitario disastroso della gente della foresta che a causa del clima tropicale presenta comunemente patologie diffuse favorite dalle condizioni igieniche inesistenti, dalla carenza di acqua potabile: malaria, tubercolosi, infezioni respiratorie, parassitosi intestinali e molto altro ancora. Il resto in direzione del peggio lo fa la condizione nutrizionale decisamente insufficiente, così come la totale assenza di presidi sanitari.

Ecco perché la nave va a cercare chi ha bisogno di un aiuto.

Don Luigi Maria Verzé nato ad Illasi in provincia di Verona il 14 marzo 1920 è un imprenditore e accademico italiano. Già segretario di don Giovanni Calabria, è un ex-sacerdote della diocesi di Verona. È il fondatore dell'Ospedale San Raffaele, presidente della Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor e attuale rettore dell'Università Vita-Salute San Raffaele. Verzè si laurea in Lettere e Filosofia nel 1947 presso l'Università Cattolica di Milano. Viene ordinato sacerdote nel 1948 e nominato segretario di san Giovanni Calabria. Nel 1950 apre in collaborazione con san Giovanni Calabria un centro di assistenza all'infanzia abbandonata a Milano; successivamente Verzè progetta e fonda l'Ospedale San Raffaele di Milano. Nel 1973 viene sospeso a divinis dalla Curia milanese, presieduta dal cardinale Giovanni Colombo. Nel 1996 affianca all'Ospedale San Raffaele una iniziativa di formazione universitaria in Medicina, assumendo la presidenza anche di questo ente. Ha suscitato grande scalpore una sua intervista, apparsa sul Corriere della Sera del 13 ottobre 2006, nella quale rivela di aver aiutato un amico medico malato a morire, riaprendo ancora una volta il dibattito sull'eutanasia. Secondo don Verzè «quando a chiederlo è chi vive grazie alle macchine, allora non è eutanasia, è un atto d'amore».

Don Verzè sta intanto cercando di aprire anche ad Illasi un centro di altissima specializzazione per la cura dei tumori. Tutto pronto anche dal punto di vista dei problemi di insediamento urbanistico. Tutto, tranne qualche timbro della burocrazia che tarda ad arrivare. Ma anche qui può funzionare il nome di questa nave che va: La Speranza.

 

nr. 41 anno XV del 13 novembre 2010

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