(g. ar. ) - Da Bolca a Sprea, da San Bartolomeo delle Montagne a Durlo. Per finire con Campofontana. È il suggestivo itinerario geografico, storico, culturale (ma c'è anche molto di più) di un viaggio in quella parte delle prealpi dell'ovest vicentino che pare destinato a stare alla montagna quanto un arenile adriatico sta ai mari del Sud. Eppure montagna è, ma non solo montagna. È anche tutte le altre cose che abbiamo appena ricordato con l'aggiunta di sprazzi di incredibile vivacità di luce e colore dovuti alle immagini del libro. Claudio Portinari non è nuovo a questo viaggiare con gli occhi e col cuore, ma al seguito di una macchina fotografica in grado di portentose vette descrittive. Guarda, ma mentre guarda in una direzione registra nella sua personalissima memoria altri angoli, altre ispirazioni. E subito punta in quella direzione. Molto recentemente celebrato per un libro fotografico su Londra ripresa sotto la pioggia, questa volta l'artista leoniceno si dedica appunto alla montagna dell'ovest vicentino, quella a cavallo con la provincia di Verona, quella montagna che proprio in questi giorni sta vivendo uno dei frangenti più oscuri della sua lunghissima storia come si sa punteggiata da un'altra storia, quella della geologia di punta, quella dei ritrovamenti inesauribili di un'area fossile ricca e mondialmente conosciuta come quella di Bolca. Da Bolca a Sprea, passando San Bartolomeo, Durlo e Campofontana, il sottile ragionare descrittivo di Portinari formula un libro magnifico, di fotografie a colori, ma non solo. Già il titolo (Cinque Campanili Al Vento) basterebbe a capire l'eterogeneità della materia ritratta e trattata. In realtà l'obiettivo sensibilissimo di questo vero e proprio reportage è puntato su uno sfondo che fa da minimo comun denominatore di tutta l'opera: la Lessinia. Luogo di storia e di antichissima civiltà, la regione del gruppo di montagne che divide o unisce come incollandole l'una all'altra le due provincie, la Lessinia è anche localizzazioni linguistiche, tradizioni povere ma anche ricchissime di spunti, itinerari perfino ancora da scoprire. È il confine adagiato su quel gruppo del Carega che per gli escursionisti vale perfino più del Pasubio, su un riferimento storico-affettivo che forse in tutto il resto della montagna vicentina non ha eguali se non nell'aggancio con la grande guerra di tutto il resto dell'arco che va da Recoaro a Enego. È insomma una montagna di grandissimo interesse e di smisurata bellezza che però tra le sue aggettivazioni possibili ne ha una del tutto poco piacevole: è la montagna dell'oblio, la montagna che nessuno ricorda per prima quando si tratta di mettere giù una classifica delle preferenze. Claudio Portinari è molto bravo e questo suo nuovo libro risulta davvero affascinante come pochi: magari riuscirà a far uscire dall'oblio questa Lessinia così carica di messaggi ancora da esprimere.
Dalla miniera dei fossili di Bolca esplode l'infanzia del mondo
Ci sono dei luoghi di cui abbiamo bisogno... Claudio Portinari apre così la sua personalissima finestra sulla Lessinia, il viaggio che attraverso "cinque campanili al vento" percorre un itinerario colorito e indimenticabile che si snoda attraverso la terra della Lessinia, una terra altrettanto colorita e indimenticabile, quasi quanto altrettanto scarsamente conosciuta. E da questo punto di vista la prospettiva descrittiva scelta da Portinari assume appunto il valore di una scoperta a tutto campo. Nessuno prima di lui ha parlato della Lessinia e l'ha mostrata così, fin dentro le fibre meno viste, quasi sconosciute.
Luoghi di cui abbiamo bisogno, dice, aggiungendo che questi luoghi non sono necessariamente quelli importanti reclamizzati e pubblicizzati, ma al contrario «quelli più semplici, senza ostentata appariscenza, talvolta vicini e accessibili». Nella sua introduzione al libro Portinari scioglie i veli di un amore ben scoperto verso questa terra specie quando spiega che la vicinanza a questi luoghi è dovuta alla loro capacità di farti sentire "dentro", non lontano, non estraneo, luoghi che ti regalano la sensazione di uno stato d'animo tutto rivolto e aperto alla sensazione di essere lì per una serissima ragione che si chiama starci perfettamente dentro, dalla testa ai piedi.
Si tratta di paesaggi, dice ancora Portinari, che hanno il pregio della bellezza che affascina, ma anche della più scoperta quotidianità, dei ricordi, di qualche nostalgia, dei sapori del tempo andato e irrimediabilmente perduto secondo i nostri normali canoni del calcolare il tempo. Un paesaggio che ti appartiene per intero perché ne senti il bisogno e subito percepisci la sua capacità di accoglierti.
Come nasce questo libro? Portinari risponde così: «Ho percorso per anni la Val d'Alpone e la Val del Chiampo soffermandomi in particolare sulla parte alta tra l'infanzia del mondo a Bolca, la fede e la religiosità di Sprea, il folclore e le tradizioni di San Bartolomeo, l'intimità delle contrade di Durlo, le emozioni e i colori delle stagioni a Campofontana. E poi ancora avanti verso la Lobbia fino alla valletta della Pietà, la Madonna sbozzata con il figlio in braccio posta a guardia e protezione del pascolo: una pausa e una preghiera, e poi ancora su, il cielo, il vento, le nuvole, la pioggia, la neve. Il silenzio. La pace».
Lessinia, ancora Lessinia, sempre Lessinia. Come sottolinea nella sua introduzione Alessandro Anderloni, sono gli innamorati a cantare questa terra come un riferimento di antica civiltà e bellezze. Portinari, dice Anderloni, è un impressionista della fotografia, una mano e una visione di questi paesaggi che descrive della Lessinia colori inconsueti e reinventati raccontandone una storia unica e inconfondibile. È la profonda conoscenza dei luoghi a determinare e disegnare i contorni di questo lavoro nel quale l'artista fotografo «raccoglie l'essenza di un panorama dentro un'inquadratura» racchiusa nel perimetro personale che svaria lungo le stagioni tornando più volte negli stessi luoghi e magari nella stessa prospettiva di osservazione per ricavarne altri spunti e altre soluzioni nel momento in cui vede e sfrutta nuove ispirazioni dovute alla diversa luce offerta dagli orizzonti pur ripetuti e riosservati con la più grande attenzione.
Claudio Portinari non è nuovo a queste produzioni caratterizzate da una veramente notevole abilità nel maneggiare le risorse di una camera fotografica. Di lui vale la pena di ricordare uno studio di Lonigo sotto la pioggia, un vero e proprio saggio di abilità nell'andare a osservare sempre sotto la pioggia un panorama perfino inflazionato come quello di Londra. Il filo conduttore di tutto questo osservare e riprendere sta di certo nella particolare qualità dell'esprimersi di una sensibilità artistica molto acuta quando si riversa su un oggetto di osservazione al quale si possono strappare sfumature descrittive di spessore.
Nell'andare a vedere la Lessinia, o meglio: a rivedere la Lessinia per l'ennesima volta, Portinari non fa che ripercorrere un tracciato che ogni volta riconoscendosi acquista nuova forza e nuova capacità di raccontarsi. Il fascino della Lessinia vista attraverso questa lente tutta personale sta proprio nell'esplosione di situazioni, colori e sottolineature che vanno molto oltre un racconto per immagini. Se è vero come è vero che questa montagna vicentino-veronese è la cenerentola dell'area nord provinciale, se è vero che pare schiacciata sotto il peso di una posizione gregaria senza rimedio rispetto al resto dei tanti e conosciuti monti che tagliano orizzontalmente il confine con il Trentino, è altrettanto vero che attraverso questo libro acquista qualcosa di più, qualcosa di molto più importante da passare come testimone al tempo futuro.
Il libro di Portinari, particolarmente corposo nelle sue circa 400 pagine oltre che nell'inconsueto formato orizzontaleggiante, usufruisce dei contributi scritti di Alessandro Anderloni, delle poesie di Piero Piazzola, delle pitture di Luigi Rossetto e della molto cospicua testimonianza fotografica di cui è autore lo stesso Portinari.
nr. 46 anno XV del 18 dicembre 2010