NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Perché non ricordare Paolo Lioy con una ricostruzione del “crocodilus”?

Nel vasto programma di festeggiamenti per il centenario della morte dello studioso vicentino non si parla mai di quella che fu la sua più bella “invenzione”: la scoperta del fossile di Bolca

di Giuseppe Brugnoli

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Perché non ricordare Paolo Lioy con una ricostruzi

È un caso, o si tratta di una vera e propria "rimozione" in senso psicanalitico, il fatto che, per celebrare la memoria, a un secolo dalla morte, di Paolo Lioy, in tutte le manifestazioni ufficiali e ufficiose non si faccia memoria di quello che, almeno a Vicenza, dovrebbe considerarsi il suo raggiungimento più alto non solo dal punto di vista scientifico ma anche "civile": la scoperta e la consegna al museo civico di Vicenza del famoso "crocodilus vicentinus"? Non c'è oggi, nel vasto programma di iniziative che il Comune di Vicenza ha preparato per commemorare, come dice il comunicato stampa ufficiale, Paolo Lioy «naturalista, archeologo, paleontologo, divulgatore scientifico, pedagogo, oltreché novellista e poeta», memoria di una "memoria" che egli presentò all'Accademia Olimpica, di cui fu anche segretario, per illustrare «questo scheletro ultimamente dissotterrato nelle ligniti terziarie del monte Purga, scheletro che ora forma uno dei più preziosi ornamenti del Civico Museo di Vicenza, e che tra i fossili suoi congeneri non ha rivali al mondo tanto è meravigliosamente conservato».

Come si sa questo "prezioso ornamento" con il quale, scrive il Lioy «io credo che nessun altro esemplare, non pure d'Italia, ma del mondo possa gareggiare», non c'è più, sparito quando un inserviente del museo civico, mandato probabilmente agli inizi del 1945 a ripulire il pavimento dell'atrio in cui tra i quadri era anche la vetrina con il coccodrillo fossile, ingombro di calcinacci caduti dal soffitto in seguito ad un bombardamento aereo, con i pezzi di soffitto e i pezzi di vetro del contenitore sul quale essi erano caduti spazzò via anche i pezzi del coccodrillo rimasto sotto le macerie, che, essendo carbonizzato, ad uno sguardo incolto poteva ben apparire come qualcosa di cui liberarsi al più presto. Quando i responsabili del museo se ne accorsero, non c'era più nulla da fare: il "crocodilus vicentinus", che doveva essere, secondo le misurazioni del Lioy, lungo 2,19 metri, ridotti a metri 1,78 «per le contorsioni avvenute nello scheletro» era finito in una delle tante discariche in cui venivano portati i rottami della case distrutte o danneggiate dalle bombe. Da allora sul triste destino di uno dei reperti fossili più rari e quindi preziosi, vanto non solo del museo di Vicenza in cui fu collocato ma dell'intera paleontologia italiana, che all'epoca del ritrovamento era ai suoi primi passi, cadde un silenzio che per molti versi fu o fu ritenuto imbarazzato, quasi che la colpa della distruzione dell'unico esemplare di coccodrillo preistorico giunto dalle ere più lontane fino a noi fosse di un'intera città, che non sarebbe stata capace di conservarlo e consegnarlo agli studi ulteriori, e non di un ignaro, anche se indubbiamente poco informato, inserviente incaricato delle rimozione di macerie belliche.

Questa rimozione globale, non più fisica ma psichica, di un ricordo tanto fastidioso da essere per qualche verso intollerabile, prolunga i suoi effetti sino a noi, e se può essere vero che Vicenza celebra solennemente e per un intero anno di manifestazioni il centenario della scomparsa di Paolo Lioy quasi a risarcirlo della incolmabile perdita di quello che era stato e rimane ancora nella memoria degli studiosi come il più grande regalo che egli aveva fatto alla città in cui era nato e vissuto, è altrettanto vero che questo sentimento, che potrebbe apparire anche come risentimento per un fatto increscioso di cui nessuno vuole sentirsi colpevole, non appare mai nel ricco e si potrebbe dire anche sontuoso calendario di manifestazioni che sono partite il 27 gennaio di quest'anno e si concluderanno nel settembre 2011. Infatti, se, giustamente, larga parte del programma di iniziative riguarda le manifestazioni didattico- divulgative per ricordare l'attività di archeologo svolta dal Lioy nelle valli di Fimon, proseguita dai suoi successori tra i quali il vicentino prof. Alberto Broglio fin quasi ai nostri giorni e testimoniata dai ricchi reperti conservati nel museo naturalistico e archeologico di Santa Corona, per quanto riguarda l'attività di Paolo Lioy nella famosa pesciara di Bolca, zona della provincia di Verona ma nelle immediate adiacenze del confine con Vicenza, nota fin dal Settecento per gli scavi di pesci fossili condotti dai componenti di una sola famiglia proprietaria della cava, e nella quale proprio il Lioy trovò e quindi presentò al mondo scientifico il suo famoso "crocodilus", il programma delle manifestazioni celebrative prevede una sola inziativa: 2-6 settembre 2011- Lessini orientali "Asini e scienziati, riproposizione dell'escursione naturalistica fatta nel 1879 da Paolo Lioy da San Giovanni Ilarione- Bolca a Ponte di Veja", mentre, nello stesso periodo, dal 3 al 4 settembre, si svolgerà una "escursione in Lessinia, nelle zone di Bolca- Cima di Lobbia, sulle tracce di Paolo Lioy". Le due manifestazioni sono definite escursioni, e sono a cura della sezione vicentina del Cai, per cui la parte scientifica è già programmaticamente messa in secondo ordine rispetto a quella che si potrebbe chiamare ricreativa. Del resto, ambedue intendono ripristinare una parallela escursione fatta dal Lioy e dai suoi amici quasi vent'anni dopo la scoperta del "crocodilus" a Bolca, quindi privilegiando concretamente quella che allora come oggi è definita "escursione" rispetto alla grande scoperta scientifica che il Lioy fece in precedente occasione e in ben diverso scenario. Così come non pare che la pesciara della famiglia Cerato, ancora coltivata dagli eredi di quel Massimiliano che fu con Lioy, abbia un posto d'onore nella passeggiata con asini e scienziati tra Ponte di Veja, fenomeno carsico posto a grande distanza nei Lessini occidentali, e Cima di Lobbia. Forse è solo una nostra impressione, un dubbio che potrebbe essere definito anche come malevolo, ma ci sembra di notare una precisa dissociazione tra il ricordo di Paolo Lioy e la forse non voluta ma reale dimenticanza dell'evento più notevole per il quale merita che Vicenza lo commemori con particolare gratitudine.

Ma probabilmente è una nostra fissazione. Per demolirla, o smontarla, basterebbe che Vicenza, nell'anno in cui si celebra un secolo dalla scomparsa del suo illustre figlio, scopritore e si potrebbe anche dire inventore del "crocodilus vicentinus", facesse qualcosa per ricordare Lioy [foto] insieme con la sua famosa creatura, fisicamente scomparsa ma sempre presente nella mente e anche nella coscienza degli studiosi e delle persone colte: per esempio, ricostruendo, in base ai disegni che Paolo Lioy ha seminato nei suoi libri, ma anche in base agli esemplari, magari incompleti ma ancora esistenti, l'antichissimo sauro del terziario. C'è un'ampia pubblicazione in cui Paolo Lioy descrive compiutamente non solo il "suo" coccodrillo, ma anche quelli che gli assomigliano e magari sono stati estratti dallo stesso giacimento geologico. È la memoria "I coccodrilli fossili del Veneto" che egli tenne nel luglio 1896 al Regio Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti di Venezia, e pubblicata nello stesso anno negli Atti dell'Istituto. Sono molti, i coccodrilli paleozoici, parenti stretti o prossimi del "vicentinus" descritti dal Lioy in questo saggio, e di molti è data anche la collocazione in musei e collezioni. Forse non sarebbe difficile, e magari neppure faticoso o troppo costoso, ricostruire il superstite, ormai perduto, che faceva bella mostra di sé all'ingresso di Palazzo Chiericati. E al quale il naturalista, «oltreché novellista e poeta», come scrive il comunicato stampa del Comune di Vicenza, Paolo Lioy, dedica nel suo saggio scientifico al Regio Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti anche questo squarcio lirico: «Il Crocodilus vicentinus, per la sproporzione tra i piedi anteriori e posteriori, dovea strisciare pigro sul suolo, serbandosi per lo sviluppo delle apofisi spinose e trasverse delle vertebre caudali agile nuotatore. Dava probabilmente la caccia ai piccoli pesci, specialmente alle Clupee e ad altri Alecoidi che ivi nella stagione degli amori, come adesso i loro congeneri, accorrevano in folla dall'alto mare alle spiagge».

 

nr. 07 anno XVI del 26 febbraio 2011

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