NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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La vanità secondo Mario Andrea Rigoni

È stata recentemente pubblicata la raccolta di aforismi "Vanità", nella quale lo scrittore e studioso vicentino indaga i molteplici aspetti del "vizio universale"

di Gianni Giolo
giolo.giovanni@tiscali.it

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Andrea Rigoni

Mario Andrea Rigoni [foto], nato ad Asiago nel 1948, docente universitario di Letteratura italiana all'università di Padova e critico letterario, collaboratore del Corriere della Sera, studioso del Leopardi (a 29 anni pubblica un ampio e innovativo saggio su "Leopardi e l'estetizzazione dell'antico", nucleo e presupposto dei successivi studi leopardiani), amico, traduttore ed editore di E.M. Cioran, uno dei più grandi pensatori del Novecento, è anche uno dei più apprezzati scrittori italiani di aforismi. Mario Rigoni esordisce nel 1981 con un gruppo di aforismi su Platone, cui seguono gli aforismi di "Variazioni sull'impossibile", stampati prima nella traduzione francese di Michel Orcel nel 1986, poi in edizione italiana aumentata nel 1993 presso Rizzoli. Di questo libro Cioran scriverà in una lettera a Rigoni: «Ho letto con vivo interesse le sue "Variazioni sull'impossibile" e le consiglio di farle pubblicare, prima di tutto perché queste riflessioni sono effettivamente molto varie, e in secondo luogo perché fanno un tutt'uno grazie alla loro unità di tono, merito essenziale ed esigenza fondamentale di una raccolta di questo genere». Di questo libro lo stesso Rigoni scrive: «Sono relitti di un piccolo naufragio gnoseologico, ma rivendicati nello stesso tempo come sole forme possibili dell'autentico e del plausibile».

Elogio dell'America

Il secondo libro di aforismi pubblicato da Rigoni si intitola "Elogio dell'America". Come il libro precedente viene prima pubblicato in francese con il titolo "Eloge de l'Amerique" ("perché lei conosce mirabilmente il francese, ogni volta che ricevo una sua tradizione respiro", gli scrive Cioran) nel 2002 e quindi a Roma presso Liberal Edizioni nel 2003. Nella prefazione del testo italiano Ruggero Guarini scrive: «Un elogio dell'America fatto in questi tempi da uno scrittore italiano sembrerebbe un caso singolare e quasi scandaloso. Ancor più straordinario e scandaloso potrebbe sembrare che a scriverlo sia stato un letterato che vedendo, giustamente, nella leopardiana "Strage delle illusioni", l'evento istitutivo della modernità, non può naturalmente misconoscere l'ufficio dell'illusione nella nascita e nello slancio dello spirito americano. Eppure è proprio al suo venerato Leopardi che Rigoni potrebbe chiedere di giustificare il suo amore per l'America Giacché quel critico beffardo di tutte le umane chimere non soltanto le disse necessarie alla vita, ma in un memorabile passo giunse persino a invocarne il ritorno: «O l'immaginazione tornerà in vigore, e le illusioni riprenderanno corpo e sostanza in vita organica e mobile, o questo mondo diverrà un serraglio di disperati, e forse anche un deserto». A proposito di "Elogio dell'America" Rigoni scrive: «Sono stato indotto alla scelta della forma frammentaria sia perché questo paese è un vero mosaico di paesaggi, di popoli e di esperimenti, e di situazioni renitenti a una sintesi compiuta, sia perché il colpo d'occhio, tradotto nella notazione insieme rapida ed emblematica, mi sembrava il mezzo più conveniente per evocare i tratti di una tale grandiosa complessità».

Aforismi sulla vanità

Il terzo libro di aforismi di Rigoni è Vanità (Aragno Editore) che comincia con la sentenza: «La storia della vanità è la storia del mondo». L'autore vicentino dà così rilievo e sottolinea l'importanza dell'argomento che affronta. Eppure, alla vanità non era masi stata dedicata un'opera di riflessione in particolare, capace di evocarne insieme le multiformi sfaccettature (dalla brama di gloria allo snobismo) e soprattutto di metterne in relazione i due principali aspetti: la vanità come esperienza metafisica della desolante nullità del mondo e la vanità come tentativo dell'individuo e della collettività - tentativo ora eroico ora patetico ora ridicolo - di sottrarsi all'oscurità e all'insignificanza. Alternando il tono personale all'osservazione obiettiva, mescolando la riflessione e l'aforisma alla citazione e all'aneddoto, mettendo in risonanza inaspettata storia antica ed esperienza moderna, anche attraverso un'antologia di testi, Rigoni illumina i comportamenti individuali e sociali alla luce di un impulso profondo e universale, responsabile sia di gloria sia di assurdità o di catastrofi, in ogni caso tanto irreprimibile da spingere il soggetto alla ricerca della propria affermazione a qualsiasi prezzo, compreso quello di degradarsi, e persino di calunniarsi.

Tra l'epigramma e il paradosso

"Vanità" è un libro diviso in quattro sezioni (Metafisica della vanità, Con Leopardi, Nel regno di Clio e Piccola antologia letteraria della vanità). Mentre nelle prime tre sezioni sono raccolti gli aforismi di Rigoni, nell'ultima c'è una piccola antologia di aforismi sulla vanità che comincia dai testi dell'Epopea di Gigamesh e arriva fino a Cioran [a destra nella foto, con M.A. Rigoni] e Claude Lévi-Strauss. Come scrive Paolo Ragazzi: «Nella sua nuova, bellissima raccolta di meditazioni "Vanità", oscillando tra l'epigramma, il paradosso, la chiacchiera e il calembour, Rigoni riparte proprio dal vuoto per osservarlo nel recto e nel verso, come Vanitas vanitatum e come fonte delle maschere mondane tese ad ammantare il nulla di colori sgargianti, rutilanti, iperbolici. Tutti, o quasi, i comportamenti sociali hanno, secondo Rigoni, la loro tragica e ridicola radice in un sentimento d'insensatezza che, ammantato di piume screziate come quelle del pavone, addobbato da una profusione di cose e parole inutili, tanto più si confessa quanto più vorrebbe celarsi. L'orchestra del Titanic che continua a suonare mentre la nave affonda "è più che l'immagine di un'epoca: è una metafora della storia, della vita stessa, di ciascuno e di tutti"». «Più di qualunque altra forma letteraria - ha scritto Tim Parks [a sin.], sul "Sole 24 ore" - l'aforisma, come viene praticato dal "Qoèlet", Leopardi, Cioran, è legato all'espressione di un unico contenuto: quella verità che, per viver bene, si fa di tutto per dimenticare, cioè che la vita è, come disse Leopardi "un solido nulla". La sfida per lo scrittore di aforismi è di trovare mille modi per ribaltare questo concetto, ma senza mai destare sconforto, anzi provocando un piacere, addirittura un'ebbrezza talmente intensi che, anche se solo per un istante, si è quasi contenti che le cose stiano così. Così gli aforismi di Rigoni, presi in se stessi sembrano rilassanti e divertenti, ma letti nel loro complesso sono devastanti. Come quello che riguarda la metafisica della vanità, in cui Rigoni si chiede perplesso perché Dio ha creato il mondo: "La creazione stessa non fu in tutta l'estensione e in tutti i sensi del termine, un atto di suprema, insondabile vanità?". Poi, abbandonati concetti così alti anzi provocatori, per non dire blasfemi, Rigoni procede con una sorta di antropologia della vanità garbata quanto spietata, parlando dello snobismo. Tutto questo - osserva Parks - senza mai accennare la minima critica al comportamento umano: la vanità è ineludibile, si respira come l'aria, e tutti negheranno di essere vanitosi, perché, come insegna Leopardi, tutto è follia fuorché il folleggiare, tutto è degno di riso fuorché il ridersi di tutto».

 

nr. 09 anno XVI del 12 marzo 2011

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