NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Quando l’”autogol” di Antonio Fogazzaro gli impedì di avere il Premio Nobel

Lo scrittore vicentino era ormai candidato ufficiale, ma la sua sottomissione al Papa, dopo che il “Santo” fu messo all’indice, lo fece scartare dai giudici svedesi e il suo posto fu preso dal Carducci

di Gianni Giolo
giolo.giovanni@tiscali.it

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Quando l’”autogol” di Antonio Fogazzaro gli impedì

Si è svolta nell’Aula Magna del Liceo classico “Pigafetta” la conferenza “Omaggio a Fogazzaro: da allievo a scrittore”, organizzata dalla prof. Federica Bon. Dopo il saluto del preside Giorgio Corà, la prof. Francesca Gottin ha parlato della relazione tra Fogazzaro e il liceo cittadino. Il giovane Fogazzaro frequentò il liceo negli anni 1856-1857-1858 («anni in cui gli studenti – ha ricordato Corà – erano obbligati a confessarsi») riportando i giudizi più lusinghieri sia nella religione («di sentimenti sentitamente religiosi») che in tutte le materie. Ebbe come maestri i cattolici liberali don Giacomo Zanella e don Giuseppe Fogazzaro (il don Giuseppe Flores di “Piccolo mondo moderno”) che lo educarono a un forte sentimento patriottico e fecero di lui - come ha sottolineato il preside Corà - una figura importante per lo sviluppo della italianità a Vicenza. Lo Zanella definì il suo allievo “statua greca con anima moderna”. Il prof. Italo Francesco Baldo ha parlato sul tema “Fogazzaro e la filosofia” e ha illustrato il contenuto di un quaderno di pensieri, che incomincia con la parola Dio, che va dal 1857 al 1868, che finora non era mai stato preso in considerazione e da lui trovato nella Biblioteca Bertoliana, in cui il giovane Fogazzaro si pone domande sul problema religioso, sull’origine del mondo, sul panteismo, sul fato, sul concetto di persona e di individuo, sul problema di Dio e sul significato profondo della interiorità. Il prof. Giuseppe Longo ha parlato sul tema “Fogazzaro: letteratura come vita alla ricerca della verità”.


La crisi del positivismo

giuseppe longo (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Longo [foto a destra] ha detto che l’arte di Fogazzaro è un documento prezioso del sentire e del costume di tutta un’età. La crisi del positivismo italiano e quella sociale e morale dell’Italia di fine secolo si riflettono lucidamente in un’opera pervasa di temi romantici e spiritualistici, la quale non indulge a concezioni estetizzanti, ma anticipa peraltro il moto irrazionalistico che si sarebbe reso evidente nel nuovo secolo. Già nel poemetto in versi sciolti “Miranda” (1873) sono anticipati nuovi motivi tipici di tutta l’arte dello scrittore: la ricerca assidua del sublime unita al desiderio di svelare le caratteristiche della vita interiore, così come l’uso di effetti melodrammatici, frutto di approfondite conoscenze musicali, coniugato all’affermazione del carattere romantico dell’amore. Se da una parte l’arrivo della morte costituisce un ostacolo all’appagamento delle passioni e dunque il segno di un’assenza di pacificazione terrena, dall’altra la sofferenza viene vissuta come redenzione ed il superamento dell’amore è accettato in vista di un ideale più alto di ordine religioso, politico, artistico. Pertanto l’orientamento tardo romantico e le sue intense motivazioni spirituali conducono il Fogazzaro a una liricità emotiva intessuta di elementi narrativi, la quale prevale sulla mera rappresentazione schiller (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)sentimentale della vita e della natura. Il fascino del paesaggio assume connotazioni romantiche nelle poesie di “Valsolda” (1876), in cui le affinità con Schiller [a sin.] e Shelley evidenziano pure i tratti artistici di una lirica pervasa da un intimo sentimento religioso. Gli accenti narrativi di queste esperienze poetiche sono naturali prodromi dell’intensa attività del Fogazzaro prosatore. In questo senso già nel 1972, nella conferenza “Dell’avvenire del romanzo in Italia”, tenuta all’Accademia Olimpica di Vicenza, egli ricusa la veristica riproduzione oggettiva della realtà nel nome di una rappresentazione del vero autonoma rispetto ad implicazioni ideologiche e tale da privilegiare l’analisi interiore dei personaggi. In Fogazzaro essi vivono profondi ideali ed intense passioni, oltre ad essere esempi della simpatia tra uomo e natura e di una “weltanschaung” che collega in termini spiritualistici la felicità dell’uomo alla Verità assoluta, alla Bellezza assoluta, al Bene assoluto.

 

Il Nobel mancato

Alla fine Longo ha accennato, come a una questione di “gossip ma non troppo”, al premio Nobel che nel 1906 doveva essere assegnato al Fogazzaro, ma alla fine fu conferito a Giosuè Carducci [a des.]. Quale furono le cause che indussero carducci (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)l’Accademia svedese a preferire quest’ultimo al vicentino? Si tratta di un «clamoroso autogol di Fogazzaro». I membri giurati erano tutti legati al re Oscar, monarca conservatore, un vero e proprio baluardo morale e religioso contro ogni tentativo di sovvertire l’ordine costituito. Infatti, gli scrittori più anticonformisti venivano esclusi in partenza. Questo orientamento rappresentò per il Carducci un ostacolo durissimo per i suoi notissimi sentimenti anticristiani e il suo giacobinismo viscerale che avevano alimentato la stagione del suo repubblicanesimo e lo avevano indotto a scrivere “L’inno a Satana” e i versi incendiari della sua militanza democratica risultavano, al di là di ogni giudizio estetico, eticamente inaccettabili. Fogazzaro al contrario, veniva stimato “divino” e “Piccolo mondo moderno” un’opera ricca di “pagine tra le più sublimi che siano mai state scritte nella letteratura moderna”. Il premiato sarebbe stato sicuramente lui, se solo avesse trovato in Italia qualche autorevole patrocinatore disposto a fare il suo nome.

 

L’”autogol” di Fogazzaro

La qualcosa non accadde, mentre invece continuavano a piovere a Stoccolma proposte a favore del Carducci. L’Accademia rimase tuttavia nelle sue posizioni, nonostante la difficoltà di motivare con ragioni letterarie una opzione così discutibile. In quel periodo il Carducci era gravemente ammalato e si pensava che non sarebbe durato fino a dicembre, mese previsto per l’assegnazione del Nobel. Perfino il suo sponsor più influente, l’ambasciatore del libro il santo (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)governo svedese a Roma, il barone Carl von Bildt, parve rassegnarsi e finì per sostenere lui stesso la candidatura di Fogazzaro. Il quale però, quando la questione pareva chiusa e i giochi fatti, commise il più clamoroso autogol (per la commissione svedese non certo per lui che era un cattolico fervente e praticante). Da pochi mesi era uscito il romanzo “Il Santo” [a sin.], nel quale l’autore esprimeva la propria aspirazione a un cattolicesimo rinnovato sulla scorta delle posizioni più avanzate del modernismo. Alle polemiche suscitate dal libro in seno alla gerarchia ecclesiastica Fogazzaro reagì asservendosi pubblicamente all’autorità della Chiesa. Dopo la condanna della Congregazione dell’Indice in aprile, si affrettò a fare atto d’obbedienza come imponeva il suo “dovere di cattolico”. Questa plateale sottomissione ebbe eco in tutta Europa e venne considerata una scandalosa rinuncia alla libertà personale di pensiero e di parola. Il mese dopo, Bildt faceva presente per iscritto all’Accademia che sarebbe stato disdicevole premiare “chi aveva umiliato se stesso dinanzi ai papisti di Roma”. Fu così che, uscito dalla porta, il nome di Carducci rientrò dalla finestra. I giurati svedesi lo ripescarono e riuscirono bene a dissimulare quella che era una scelta obbligata. Al premiato ormai infermo, ma ancora vivo, giunse il 10 dicembre del 1906 a Bologna l’omaggio, forse poco sincero, «all’energia plastica, alla freschezza dello stile e alla forza lirica» della sua poesia.

 

nr. 12 anno XVI del 2 aprile 2011

 

conferenzieri (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)
[nella foto - da sinistra a destra - il Prof. Italo Francesco Baldo, il Prof. Giuseppe Longo, la Prof.ssa Francesca Gottin e il Preside Giorgio Corà]

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