NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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La vita difficile e avventurosa di un vicentino emigrato in Svizzera

di Gianni Giolo
giolo.giovanni@tiscali.it

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La vita difficile e avventurosa di un vicentino em

Giuseppe Rigoni è un vicentino, nato Creazzo nel 1941 ed emigrato all’età di 17 anni in Svizzera, che ha percorso per sessanta volte il mondo intero in automobile e, dopo aver scritto in un italiano approssimativo, non appreso con regolari studi ma da autodidatta all’estero, diversi libri La vita difficile e avventurosa di un vicentino em (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)pseudoscientifici di fantasia (“L’archivio delle stelle”, “I leoni del deserto”, “Il convento scomparso”, “Notredame”, “L’onda fredda cosmica”, “Il libro delle realtà riflesse, capovolte e deformate”), ha deciso di raccontare la sua vita di emigrante difficile, dolorosa e avventurosa, seminata di gravi insuccessi ma anche di altrettanti successi, nel libro “I viaggi della speranza” (Editrice Veneta). «Questi fogli sgrammaticati dei miei ricordi – scrive Rigoni – potrebbero proseguire per un lungo tempo ancora, in quanto di viaggi avventurosi ne ho poi fatti parecchi, in Romania e dalla Romania, nel resto dell’est europeo, in Libia ed in vari altri stati del mondo. La gente che mi incontra in patria, mi considera un po’ strano, dopo due minuti che parlo con loro già mi giudicano un individuo fuori dal branco. In questa situazione tu finisci per rifugiarti in famiglia, tra le persone care che hanno compreso il tuo travaglio, ed hanno finito per accettarlo. Ho scritto queste righe senza avere la pretesa di pubblicarle un giorno, ma con il solo fine di raccontare a me stesso parte dei ricordi della mia vita vissuta, alcuni dei quali ora mi fanno solo sorridere, altri invece mi fanno piangere ancora adesso. Ma in fondo, nel bene o nel male. sempre ricordi sono: anche se mescolati e poco dettagliati, come potevo scrivere nei dettagli una vita turbolenta e piena di avventure? Ora godo di un discreto benessere, anche se guadagnato correndo come un pazzo su e giù per le strade del mondo, tra non molto avrò fatto per sessanta volte il giro del mondo in macchina, un calcolo dedotto dai contachilometri delle automobili che ho usurato».

 

Emigrante in Svizzera

La decisione di emigrare in Svizzera è presa dall’autore per i continui contrasti che avvenivano in famiglia a causa del carattere debole del padre contadino, tutto chiuso nel suo lavoro e poco propenso a dirimere le liti fra fratelli che si La vita difficile e avventurosa di un vicentino em (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)moltiplicavano in casa. Il padre così finisce per demandare le sue decisioni al fratello maggiore che si comporta con brutale autorità e prepotenza soprattutto con la sorella Gina – la ribelle – che picchiava continuamente. Quest’ultima decide di andarsene di casa, rompendo definitivamente i rapporti con i genitori e fratelli. L’altra sorella Solidea è la prima ad emigrare, poi il cognato Bruno e alla fine è la volta di Francesco, l’autore del libro. Il suo primo lavoro: barbiere: «Le mie mani non erano quelle di un barbiere, bensì quelle di un contadino; la cosa non contava però, l’importante era andarmene via di casa, il resto poi si sarebbe sistemato in qualche modo. E dietro questa frase si nascondevano tutte le mie incognite di diciassettenne che voleva ad ogni costo uscire prematuramente dal nido». La partenza in treno da Vicenza per Berna: «Intravidi le grandi stalle della vecchia casa colonica familiare, dove per anni avevo accudito il bestiame, e vicina la vecchia casa con davanti la pergola dell’uva che si allontanava per sempre». Solo il biglietto d’andata, due panini, quattro stracci nella valigetta di cartone e neanche un soldo. Dopo due giorni di viaggio si trova a Berna, affamato e disperato.

 

L’angelo biondo

Deve andare a Solothurn, ma non ha il biglietto. Cosa fare? Non gli resta altro che pregare Dio e la Madonna di Monte Berico. All’improvviso appare un giovane tedesco bello e biondo, un angelo La vita difficile e avventurosa di un vicentino em (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)inviato dal cielo, che gli compra il biglietto. A Solothurn va dal cognato Bruno che vive con sua sorella Solidea. Finalmente dopo tre giorni di digiuno può mangiare. Il giorno dopo parte per Vangen Andre Are a fare il barbiere, mestiere per cui non era preparato. Il padrone lo rimprovera e lui se ne va. Si dirige verso il fiume Aare deciso di suicidarsi. Di lì lo cacciano. Torna a Solothurn e si mette a disposizione della missione per pesanti lavori occasionali. Poi viene assunto da una macelleria di Buren a tagliare, fra una puzza terribile, le interiora delle vacche per fare wurstel. Perde il posto, altro lavoro, si ammala, perde il posto, e così via. Si iscrive all’Istituto tecnico della città, la Gewerbschule. E finalmente arriva il lavoro tanto cercato. Viene assunto alla Simonet, dove impara tutto sulle macchine, poi alla Roamer, fabbrica di orologi. Da allora la sua carriera è tutta in ascesa. Nel tempo libero frequenta la biblioteca e “L’idiota” di Dostoevskij gli apre un nuovo mondo, gli cambia la vita. Ma il tempo d’oro dello sviluppo svizzero è finito. Gli svizzeri erano all’avanguardia nell’orologio meccanico, ma i giapponesi stavano costruendo l’orologio elettronico, più preciso e meno costoso. Allora Francesco pensa di tornare a Vicenza con la moglie Lilia, friulana, e il figlio Dario.

 

Ritorno in Italia

A Vicenza viene assunto alla Siev, collegata alla Svizzera Oerlicon, come capo officina, ma lì viene boicottato, allora passa alla Ferrari di Cornedo, dalla Ferrari alla Lovara e poi infine si mette in proprio con il fratello Riccardo. Tutto procede bene, finché Riccardo, in seguito a un incidente, muore. È il disastro economico e il fallimento. Francesco però si riprende e, ormai senza lavoro in La vita difficile e avventurosa di un vicentino em (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Italia, viene chiamato a ristrutturare alcune aziende in Libia e tratta direttamente con il fratello di Gheddafi. L’autore così conclude il suo libro: «Avevo vissuto una nuova avventura per guadagnarmi un po’ di denaro, e in fondo ne ero uscito senza gravi problemi. Nella cena della sera prima si parlò di molte cose che riguardavano il rapporto tra libici e russi. La vita in fondo è una sfida, comunque la si viva: sbaglia chi pensa che un individuo apparentemente insignificante non possa affrontare delle sfide. Spesso dentro l’animo umano si dibattono i demoni dell’insuccesso, della frustrazione, delle ambizioni sfumate e perse, delle delusioni amorose, della perdita di valori. Tutti questi impulsi portano la personalità di un individuo a svilupparsi, oppure a fossilizzarsi, a seconda delle circostanze; comunque sia comportano delle sfide, contro se stessi o contro la società. Io mi ero ormai allenato ad affrontare quelle sfide, e l’idea stessa che mi si presentassero di fronte stimolava tutto il mio essere ad affrontarle».

Il libro è un documento e una testimonianza umana importanti di come un vicentino, partendo da nulla e avventurandosi in un mondo ostile e diversissimo dal nostro, riesce, se dotato di buona volontà, onestà, spirito d’iniziativa e fede in Dio, a superare tutti gli ostacoli, migliorare il suo stato sociale e a predisporsi, come dice il Manzoni, a “una gioia raccolta e tranquilla”: «Di felicità la vita me ne ha donata tanta a piene mani, e anche di amarezze ho avuto la mia parte, direi in abbondanza. Ma tutto si supera, basta non accettare totalmente la propria sconfitta e la disperazione. Ogni problema della vita nasce con la sua risoluzione e quello che possiamo fare è impegnarci a cercarla».

 

nr. 18 anno XVI del 14 maggio 2011

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