NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Un’omelia non per chiamare applausi. Cronaca di una giornata perfetta

Sintesi della domenica di ingresso in diocesi per il nuovo vescovo, mons. Beniamino Pizziol

di Maurizio Dal Lago
maurizio@dallago.vi.it

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Beniamino

Ha fatto le cose giuste nel modo giusto il veneziano mons. Beniamino Pizziol nel giorno del suo ingresso in diocesi come successore del ligure-piemontese-romano – e di passaggio – mons. Cesare Nosiglia: per prima cosa è andato dalle Poverelle dell’Istituto Palazzolo. Scontata la soddisfazione della direttrice suor Marilena Tengattini; meno scontato, forse, il suo commento: «Siamo state molto contente e onorate per la sua visita che fa onore anche a lui». Come dire: che gaffe se non fosse venuto da noi e, invece, fosse andato dalle dorotee!

Un’omelia non per chiamare applausi. Cronaca di un (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Partito con la visita giusta, il resto è stata tutta discesa: la seconda visita si è svolta presso l’Istituto Novello che accoglie i sacerdoti infermi, una tappa assolutamente dovuta nonostante il direttore don Bruno Berton si sia detto “colpito”, quasi stupito, per tanta attenzione, al punto che aveva preparato per tempo tortellini in brodo, carne, dolce e caffè per l’illustre ospite. Così come impossibile da non fare è stata la salita a Monte Berico e la preghiera alla “nostra” Madonna: lo sanno tutti che senza la sua benedizione a Vicenza non si entra, neanche con la bolla papale e la scorta del patriarca di Venezia

Finalmente in Cattedrale. Probabilmente molti attendevano il momento dell’omelia per conoscere almeno alcuni degli “indirizzi programmatici” del nuovo vescovo. Temo che più di uno sarà stato deluso perché mons. Pizziol, liturgista, ha fatto ancora la cosa giusta e si è attenuto strettamente al testo delle letture incentrate sul mistero trinitario, di certo il tema più arduo e difficile da trattare e il meno adatto per essere sminuzzato a livello programmatico. Infatti il nuovo vescovo ha indicato solo l’orizzonte, la cornice teologale entro cui intende agire: poiché Dio è amore, e in questo amore smisurato vive e consiste la comunione trinitaria, compito della Chiesa, anche di quella vicentina, sarà quello di testimoniare questa realtà originaria, facendo crescere e dilatare una spiritualità della comunione più che una comunione organizzata e strutturata. Sempre che questa sia l’interpretazione giusta del compito non da poco che mons. Pizziol si è assegnato, come impegnativo al massimo è il motto da lui scelto: Deus Caritas est.

Un’omelia non per chiamare applausi. Cronaca di un (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Fin qui la cronaca di una giornata perfetta, dove tutti hanno fatto le cose giuste nel modo giusto, a partire dal sindaco Variati che, con quel ripetuto “caro vescovo nostro” di vago sapore nord coreano, ha certamente voluto mandare un segnale di maggiore consonanza con il nuovo arrivato rispetto a chi lo ha preceduto. E così la folla dei fedeli che, applaudendolo convintamente, ha voluto far capire che mons. Pizziol dovrà essere un vescovo stanziale, che dalla città berica non se ne dovrà più andare, così come è stato per il lombardo Ferdinando Rodolfi (di cui ricorre quest’anno il centenario del suo ingresso nella diocesi vicentina), per il veneziano Carlo Zinato, per il trevigiano Arnoldo Onisto e per il veneziano di Fossalta Pietro Nonis.

Ma che vescovo sarà mons. Pizziol? Per comprenderlo si può ripercorrere la sua formazione, le esperienze pastorali, la carriera; ma forse è più giusto partire dal presente e dal suo primo atto vescovile, cioè dalla sua omelia letta in cattedrale. Essa ci dice già qualcosa di lui. Per esempio che mons. Pizziol non ha, e neppure pretende di averla, la statura del grande intellettuale quale è e quale si presenta il suo maestro e amico card. Scola. Le omelie del patriarca, infatti, sono ampie, complesse, arricchite da frequenti e non scontate citazioni; sono omelie che concorreranno tra poco ad innalzarlo alla cattedra di S. Ambrogio. Quella di mons. Pizziol, invece, non passerà certo alla storia: tolti i saluti iniziali e finali, è stata molto breve, costruita con frasi secche, essenziali e quasi priva di subordinate (struttura paratattica, direbbero i grammatici); le citazioni poi, tranne quella del filosofo parigino Rémi Brague, erano giustamente “ufficiali” e tratte esclusivamente da testi di Giovanni Paolo II e di Bendetto XVI. Il messaggio sembra essere: da me non aspettatevi novità biblico, filosofiche, teologiche; io trasmetto l’essenziale della tradizione, che non è poco.

Un’omelia non per chiamare applausi. Cronaca di un (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Una seconda cosa sembra dirci questa scarna omelia: non è stato un discorso costruito per “fare colpo”, per “chiamare” l’applauso. Mons. Pizziol non è nato ieri e sa bene che le critiche gli arriveranno velocissime e impietose non appena comincerà a governare, a decidere. E sa altrettanto bene che le prime bordate gli arriveranno da dentro, dai suoi presbiteri, fratelli in Cristo ma pur sempre acuminati figli di Adamo.

Per questo, se un consiglio fosse possibile dargli, sarebbe quello di tenersi ben stretto mons. Furlan, di perlustrare con lui tutti i saloni e tutti gli anfratti della curia e, soprattutto, di guardare a lungo negli occhi tutti i preti vicentini e di darsi il tempo di piangere e gioire con ciascuno di loro. Oggi, infatti, sono i preti gli “ultimi” e il popolo di Dio attenderà con pazienza perché senza preti non c’è popolo e non c’è Dio, almeno il Dio cristiano.

Forse sarà questo uno dei modi in cui mons. Pizziol diventerà il “Beniamino” della diocesi, colui che già nella storia ambivalente del nome porta scritto il suo destino: “figlio del mio dolore”, “figlio di buon augurio”.

 

nr. 24 anno XVI del 25 giugno 2011

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