NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Le più belle liriche di Fernando Bandini alla chiusura dell’anno all’Accademia

Alla cerimonia conclusiva si è data lettura di alcuni componimenti tratti dall’ultimo libro “Quattordici poesie”; nella stessa sessione sono stati proclamati i nuovi accademici, tra i quali Giuseppe Pupillo, presidente della Bertoliana

di Gianni Giolo
giolo.giovanni@tiscali.it

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Le più belle liriche di Fernando Bandini alla chiu

Sabato 18 giugno, al Teatro Olimpico, si è svolta la cerimonia di chiusura dell’anno 2010-2011 dell’Accademia Olimpica. Dopo la relazione del presidente Luigi Franco Bottio sono stati proclamati nuovi accademici Rodolfo Costa, ordinario di genetica presso la facoltà di scienze matematiche Le più belle liriche di Fernando Bandini alla chiu (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)fisiche naturali dell’università di Padova, Antonio Masiero, ordinario di fisica astroparticellare dell’Università di Padova, Giuseppe Pupillo, presidente del consiglio di amministrazione della Biblioteca Bertoliana, Mario Saccardo, direttore della Cappella musicale della cattedrale e studioso della storia dell’arte vicentina. Successivamente sono stati proclamati i vincitori del 12° premio biennale “Hoc opus” e consegnati i premi a Erika Crosara [a des.], per la tesi sulla decorazione pittorica della Cappella da Porto nella chiesa di San Lorenzo, Romina Assunta Carmignato, per la tesi sulle decorazioni dei palazzi palladiani nel percorso di Domenico Brusasorzi e Giacomo Lanaro per la tesi su Neri Pozza editore di cultura. Alla fine si è proceduto alla presentazione della poesia di Fernando Bandini, che quest’anno festeggia il suo ottantesimo compleanno e il suo cinquantesimo di accademico olimpico (vi è entrato all’età di 31 anni), e alla lettura di testi tratti dalla sua ultima opera “Quattordici poesie” (Edizioni L’Obliquo di Brescia), introdotti e commentati dal poeta e critico letterario Paolo Lanaro.

Il “tracking” di Bandini. Lanaro [a sin.] ha presentato un profilo bio-bibliografico della figura poetica di Bandini, di cui ha lodato la modestia, l’onestà intellettuale e la mitezza, un poeta umile, defilato e orgogliosamente periferico nella compagine della Le più belle liriche di Fernando Bandini alla chiu (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)poesia nazionale, spesso asservita alle mode fittizie e alle esigenze del mercato libraio e dell’industria culturale. Il suo percorso poetico, un “tracking”, che non va dal basso all’alto, dall’umano al divino come l’itinerario dantesco, ma è un procedere laico, orizzontale, lineare terrestre che batte vie letterariamente sconsacrate e si sofferma soprattutto sui luoghi della sua infanzia su cui non intravede i fantasmi funambolici di Parise ma individua le tracce della storia. Il suo ultimo è un libro di memorie, che costituiscono degli isolotti di conoscenza contro la deriva del tempo e si collocano nel versante poetico come una denuncia della contemporaneità esprimendo nello stesso tempo un’estraneità intellettuale del poeta vicentino a una realtà e ad un presente vuoto e volgare.
Gli attori Carlo Properzi Curti e Anna Zago hanno letto le poesie “Goethe e il rigogolo”, “Behemoth”, “Discorso ai bambini della pianura”, “Voci dell’amico Nanni Lattes dall’aldilà”, “Anapesti per un gufo” (traduzione di Paolo Lanaro), “Oscuramento”, “L’invasione dei beccofrusoni nell’inverno del 2004/2005.

Goethe e il rigogolo. Cominciamo dalla prima: “Goethe e il rigogolo”. È un uccellino dalle piume giallo-dorate, un rigogolo (orìolus orìolus) che apre la raccolta. Un rigogolo guardingo, - ha scritto Lanaro - nascosto nel fogliame di un frutteto nei pressi della Rotonda. Un piccolo rigogolo giallo con qualche ambizione poetica, cui però sono negati la possibilità e l’orgoglio di un canto disteso. Di lì sta passando Goethe e l’estate va declinando, lasciandosi dietro una scia di desideri e pensieri struggenti. La natura divinizzata da Goethe, la sua frastornante idealizzazione è qualcosa di eccessivamente grandioso per un modesto rigogolo, come pure la Rotonda, con le sue geometrie algide e perfette, è uno sfondo vertiginoso per un uccello che non sa di storia, non sa di letteratura, non sa nulla di clausole e di metri. Canta il rigogolo come il passero leopardiano, avvolto da un’assolutezza immediata e sbigottita. Chissà dov’è adesso Mignon, se oltre una nube o nel cuore stesso dei simboli che come fiamme rosate illuminano una tiepida sera di settembre.

Le più belle liriche di Fernando Bandini alla chiu (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Beemoth la bestia. Passiamo alla seconda poesia “Beemoth”, nome che evoca un mostro biblico, la bestia per eccellenza, verosimilmente identificato con l’ippopotamo. Dio ne parla a Giobbe, come esempio della sua potenza creativa. Bandini invece ne parla ai suoi amici Abramo e Goffredo e insieme, una sera, lo vanno a cercare tra i canneti e le erbe palustri lungo il fiume che attraversa la città. Nessuno spera di vederlo, ma nessuno pensa che si tratti di un’allucinazione infantile. Il mostro erbaceo e pingue svanisce presto come un’idea senza peso. Abramo e Goffredo solcheranno un giorno altri fiumi, Bandini, che “ha nella testa solo sogni e chimere” nel giardino della sua casa, ora che è vecchio, attende sempre l’apparire della grande bestia “nell’ora in cui la dalia / piega la testa gonfia di rugiada”.

I bambini della pianura. Una volta la maestra Giustina Falcipieri ha invitato Bandini a parlare ai suoi scolari. Cosa può raccontare un poeta a dei ragazzi? della neve? di stelle lontane? di primavere che verranno dolci come fichi lattiginosi? O invece deve metterli davanti alla realtà, magari senza chiamarla col suo nome, ma anche senza nasconderne gli aspetti più cupi e orripilanti? Io - dice Bandini – vengo da un vecchio mondo che crede nelle favole, ma, voi bambini, se sentite un nuovo Orco che parla di Celti e di libera nazione non dategli ascolto. Sono queste le favole del nostro tempo cui non crede nessuno. Frattanto suona la campanella e i bambini si rovesciano fuori di corsa dalle aule per mangiare la merenda

L’invasione dei bLe più belle liriche di Fernando Bandini alla chiu (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)eccofrusoni. È il capolavoro della raccolta la lirica “L’invasione dei beccafrusoni nell’inverno del 2004/2005”, che si propone di demistificare la vana attesa di speranze utopiche collocate al di là della storia e delle vicende umane. I dialettici prevedevano, dopo la caduta del muro di Berlino, la fine della Storia, ma Bandini sostiene con ironia che il mondo è sempre pronto a ricominciare daccapo e a infischiarsene delle previsioni catastrofiche dei futurologi. Cosa mai sapeva Fukuyama del crollo del comunismo e della vittoria della democrazia liberale? Il poeta ammonisce: basta utopie, quelle utopie che avevano entusiasmato la sua giovinezza che sognava la realizzazione della felicità nella terra e un ritorno dei “saturnia regna”. Tutto termina nel mondo con la morte dell’individuo e l’unica fine che la Storia conosce è quella del singolo che un giorno se ne va, oltre la luce e la breve vicenda umana.

Dopo la lettura delle poesie Bandini [a sin.] ha preso la parola e, con la usuale modestia, si è augurato di non aver annoiato il pubblico con le sue poesie, in un tempo in cui nessuno legge poesie. Ma tutti se ne sono andati portando nel cuore l’eco delle sue parole: “uscire dalla luce del troppo breve giorno / in cui sono vissuto e dire addio / ai miei cari compagni e all’universo”.

 

nr. 25 anno XVI del 2 luglio 2011

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