NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Un omaggio a Shakespeare e ai suoi sonetti

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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In omaggio a Shakespeare e ai suoi sonetti

Dicevate che queste canzoni sono state incise solo una volta. Quali sono state le difficolta nel reperire il materiale sul quale lavorare?

M.G.: «È stato notevole direi, anche perché Finzi è stampato e pubblicato, Korngold solo in edizione americana. La ricerca oggi è ovviamente più facilitata con internet, ma sono sempre lavori di grande dettaglio e minuziosità».

I musicisti che proponete in questo recital sono autori meno conosciuti eppure è un genere che per esempio in certi film si sente molto spesso. Sembra di capire, da questa proposta, che la musica popolare inglese dell'inizio del '900 fosse correlata con l'operetta e moltissimo con la musica da camera.

G.S.: «Si sente sicuramente l'influsso della musica popolare, della musica afroamericana in Korngold [a des.] e lui lo sottolinea con le armonie di Gershwin per esempio, per cui siamo in piena America. Finzi invece si ispira ai compositori di scuola britannica, in lui si riscontra moltissimo Britten, che In omaggio a Shakespeare e ai suoi sonetti (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)è stato il compositore britannico più grande del '900, ma anche un po' di Henry Purcell, che è stato nel '600, nel periodo barocco, il caposcuola di una serie di compositori. Però nella musica sia di Finzi che di Korngold si sente sia l'influenza della musica popolare che della musica colta; che poi assomigli effettivamente alla musica da film è perché è la musica dei film che assomiglia a questo».

M.G.: «Dentro al nostro programma, all'inizio, c'è anche Aaron Copland che un po' riprende la musica da film, perché ha scritto delle colonne sonore, sempre ai primi del '900. E Charles Ives, che nella vita faceva l'assicuratore ma che ha scritto un'infinità di liederistica, perché questa è musica da camera».

Di che tipo di contesto si tiene conto maggiormente quando si propone questo genere di repertorio? Richiede un'interpretazione specifica o una gestualità e una presenza scenica particolari?

M.G.: «Presenza scenica quasi no, anzi meno si è scenici e più si dà importanza alla parola e al fraseggio musicale. È chiaro che è un repertorio di questo genere, non conosciuto ai più e non eseguito dalla maggior parte dei cantanti conosciuti operistici, stiamo parlando di un lavoro per cameristi. Anche i cantanti si dividono in operisti e cameristi. Io mi trovo in questa categoria, la mia voce stessa porterebbe, oggigiorno, in questa rivalutazione di questo timbro da controtenore, che è comunque sfruttato nella cameristica del '900, da Berio a Malipiero e perché no, anche la riproposta di questi brani».

E dal punto di vista del contesto storico e musicale, riguardo a queste canzoni, cosa vi ha colpito di più?

G.S.: «Diciamo che forse è stata un In omaggio a Shakespeare e ai suoi sonetti (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)po' una casualità quella di trovare per primo Finzi e poi di abbinare, come in una ricetta di cucina gli ingredienti che potessero completare».

M.G.: «Oppure: qual è la pietanza più buona? Visto che entrambi fanno la stessa cosa, però diamo la possibilità al pubblico di scegliere: a chi piace di più Finzi che è più musicale oppure Korngold che è un po' più...».

G.S.: «...Sicuramente meno cantabile, meno melodico rispetto a Finzi».

Quindi magari più orientato verso l'armonia.

G.S.: «Eh sì, infatti ricalca di più il jazz, che è poi struttura armonica basata sull'improvvisazione e quindi su una melodia che sfugge un po', mentre Finzi [a sin.] è più melodico e più inglese, ecco si sente proprio quella provenienza».

Quanto è importante il recupero di canzoni come queste e cosa vi ha lasciato questo studio?

M.G.: «Quanto sia importante credo sia il pubblico che deve dare questa risposta e penso che questa sera abbia risposto davvero molto bene. Per noi sicuramente è una soddisfazione personale, tra musicisti e amici, nel poter finalmente riuscire a fare un programma dove si lavora all'unisono tra pianoforte e voce: è veramente un dialogo continuo, perché non c'è il divo-cantante che prevale con l'aria conosciuta strappa-applauso, ma il pianista è veramente parte di quello che è il viaggio musicale insieme al cantante. Siamo molto contenti di come sia andato questo concerto».

G.S.: «Non ce lo aspettavamo, sicuramente non era una proposta da opera festival ma una proposta forse da “intenditori” ma siamo molto contenti perché abbiamo visto un pubblico che ha risposto positivamente».

 

nr. 28 anno XVI del 23 luglio 2011

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