NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE: VERSO LA CRONICIZZAZIONE DEL DISAGIO?

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CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE: VERSO LA CRONICIZZAZION

Dalla contestualizzazione del disagio proposta si può evidenziare come la fisionomia dello stesso risenta delle recenti trasformazioni economiche e sociali, che hanno concorso a modificare non solo il profilo anagrafico, ma soprattutto la gamma dei bisogni espressi. Appaiono, dunque, palesi alcuni fattori che incidono direttamente o indirettamente sui bilanci delle famiglie, minandone la solidità economica. I temi ricorrenti delle persone ascoltate riguardano il lavoro che spesso manca e, insieme, l’aumento del costo della vita che hanno accresciuto il bisogno reale o hanno indotto una diversa percezione dell’entità dello stesso. Ecco allora che la casa e il suo mantenimento, sia che si tratti di affitto o di mutuo, diventano spesso una parte rilevante del bilancio familiare, ed ulteriori spese correlate, quali le rate condominiali, una riparazione o l’acquisto di elettrodomestici divengono spese difficilmente sostenibili. Non va dimenticato, quindi, che questi disagi presagiscono a delle nuove esclusioni sociali: gli “esclusi” diventano coloro – soprattutto famiglie con figli, ma anche pensionati, giovani coppie, genitori single, disoccupati – che non hanno possibilità di accedere alla vita sociale in termini non solo di occupazione, ma anche istruzione e formazione, possibilità formare una famiglia. Trovandosi a spendere o dover spendere più di quanto hanno a disposizione, sortiscono l’effetto di una spirale spesso fallimentare: alcune hanno smesso di pagare le spese necessarie e si sono indebitate, altre non sono più in grado di far fronte ai costi per sanità e scuola, per altre ancora assumono così un peso troppo considerevole le spese di affitto e di bollette.

È utile ripercorrere i dati analizzati per cercare di delineare i tratti salienti delle forme di disagio che sono emerse attraverso l’esperienza del fondo straordinario di solidarietà 2009-2011.

Un primo dato incontrovertibile è l’elevato numero di persone che si sono rivolte agli sportelli:

2242 persone (gli ascolti) che hanno avanzato un totale di 3548 richieste differenti di supporto (gli interventi). Dato questo che è senza ombra di dubbio sintomo di un disagio crescente e diffuso nel territorio. Un disagio, letto attraverso i numeri, che necessita di forme di risposta alle volte innovative, altre volte alternative rispetto all’offerta istituzionale.

A rivolgersi agli sportelli per richiedere il contributo sono prevalentemente gli uomini (68%) rispetto alle donne (32%). Maggioritaria si configura la componente del gruppo di migranti (78% rispetto al 28% degli autoctoni), tra i quali prevalgono le origini nordafricane per gli uomini e le provenienze dall’Est Europa per le donne.

Le richieste sono formulate principalmente da adulti di età compresa tra i 40 e i 59 anni (53%), ma va sottolineato come nel 44% viene manifestata da un giovane con meno di 40 anni (20-39 anni).

L’età media della popolazione ascoltata risulta pari a 41 anni, configurandosi del tutto sovrapponibile tra uomini e donne.

La difficile condizione di solitudine (sia essa indotta da separazioni e/o divorzi, da vedovanza o dal non essersi mai formata una famiglia) riguarda ben il 46% delle donne ascoltate. Tale condizione, pur caratterizzando trasversalmente il genere femminile, si annida in particolare modo tra le donne italiane: sei su dieci di quelle censite rispetto tre su dieci delle donne migranti. Per converso, la componente maschile viene ad essere maggiormente caratterizzata da una condizione di legame coniugale o relazionale (84%).

Del tutto femminile anche la tipizzazione dei nuclei monoparentali: si contata peraltro che la domanda di disagio femminile si annidi tipicamente proprio in questa fattispecie (34% contro il 2% degli uomini), mentre quella maschile coinvolga prevalentemente coppie con figli (69%). Per i motivi sopra descritti, appare palese come i processi di composizione e scomposizione della famiglia abbiano delle ripercussioni non indifferenti sulla modificazione delle condizioni di benessere individuali e familiari.

Guardando al lavoro, la complessiva posizione di inattività (sia perché disoccupato, pensionato, inabile al lavoro, cassintegrato o mobilità) riguarda l’81% delle persone che si sono rivolte al servizio. Da questo punto di vista l’esclusione temporanea (disoccupazione) o definitiva (inabilità al lavoro o pensionamento) dal mercato del lavoro, o ancora la precarietà lavorativa rappresentano le principali condizioni di debolezza e disagio economico. Questo dato, indotto proprio dalla tipologia di target a cui il servizio è offerto (persone in reale difficoltà economica), porta con sé interrogativi che riguardano l’adeguatezza delle politiche sociali di supporto e sostegno alla disoccupazione, alla precarietà, i livelli economici previsti dalla cassa integrazione e dallo stato di mobilità per far fronte alle difficoltà della vita quotidiana.

Va altresì sottolineato come le persone intercettate siano caratterizzate da un livello di scolarizzazione medio-bassa: meno di un terzo risulta in possesso di un titolo di studio superiore alla licenza media dell’obbligo (29%) ed è il 3% ad aver conseguito una laurea; per complementarietà quindi il 71% della popolazione ascoltata annovera al massimo il possesso della licenza media inferiore. Questo dato è fortemente significativo perché sottolinea come le richieste di contributi provengano da persone con una bassa scolarizzazione che evidentemente faticano maggiormente a collocarsi nel momento di crisi che attraversa il mercato del lavoro; questo non può che suggerire la necessità di maggiori investimenti e partnership volti a favorire interventi e progettazione in materia di attività formative come prerequisito alla ricollocazione lavorativa.

La gerarchia delle richieste e dei bisogni espressi ha evidenziato il posto di particolare rilievo delle problematiche legate alla gestione della vita quotidiana e domestica (91% del totale delle richieste): la sola difficoltà di far fronte al pagamento delle bollette arriva al 63% delle richieste, percentuale incrementata anche dalla difficoltà di far fronte all’affitto (24%) piuttosto che alla improvvisa necessità di effettuare delle riparazione, acquisti per l’abitazione o sostenere spese condominiali (4%). Vi è poi da segnalare l’ambito delle spese specifiche (10%) quali quelle mediche, scolastiche o ancora per acquistare o riparare il mezzo di trasporto, il pagamento dell’assicurazione.

Quasi quattro su dieci delle richieste di contributi viene formulata da persone che sostengono di non essersi rivolte a nessun soggetto in precedenza (37%), dato che potrebbe prefigurare una estraneità della persona alla rete di supporto locale o una scarsa fiducia di trovare una risposta nei servizi preposti o, ancora, una inadeguatezza dei servizi presenti sul territorio. Da sottolineare che la quota maggiore della popolazione intercettata dichiara di essersi rivolta precedentemente ai servizi pubblici (42%), presumibilmente non trovando in essi una risposta adeguata alle proprie richieste. Si tratta per lo più di coppie con figli e di nuclei monoparentali con figli, nella fattispecie madri sole con figli, appartenenti in misura maggiore al gruppo di autoctoni. Risulta significativa la bassa percentuale di criticità legata all’indebitamento (2%) sia verso le banche (mutui e prestiti) sia verso altri creditori. Da questo punto di vista il “fondo straordinario di solidarietà” ha probabilmente contribuito, su un duplice livello, da un lato a far fronte ad “emergenze e difficoltà quotidiane” anche dove i servizi preposti avevano lasciato delle lacune e, dall’altro lato, ad intercettare un disagio probabilmente prima che la criticità diventasse cronica e quindi il soggetto arrivasse all’indebitamento che avrebbe significato, visto il target di riferimento, la conseguente impossibilità di far fronte alla restituzione di quanto dovuto.

Per quanto riguarda i contributi concessi, a due persone su tre è stato accordato il contributo (67%), configurandosi maggiormente accolte le richieste formulate da coppie con figli (63,1% delle erogazioni), oppure a nuclei monoparentali con figli, tipizzati nella combinazione madre-sola con figli (12,5% delle erogazioni). Da ciò si deduce che il 75,6% dei contributi sono stati concessi a nuclei familiari con presenza di figli.

Si configurano, poi, prevalentemente accolte le richieste formulate da persone indirizzate al servizio da enti ecclesiali, Caritas compresa, da conoscenti/familiari o da associazioni di volontariato (con un grado di copertura superiore al 77%), facendo presagire una migliore azione di indirizzo svolta da questi soggetti.

Rispetto ai bisogni manifestati, hanno trovato una maggiore risposta le richieste legate alla conduzione della vita domestica: a otto persone su dieci sono stati concessi i contributi per pagare bollette, affitti e spese per l’abitazione.

Per quanto concerne la durata degli contributi concessi, i dati suggeriscono una tendenza alla progressiva cronicizzazione degli aiuti. Ben il 52% delle richieste sono state continuative, vale a dire non erogate in unica soluzione ma protratte nel tempo.

Inoltre, questa situazione ha riguardato soprattutto le coppie con figli (78% del totale erogazioni protratte oltre i 4 mesi, tetto massimo inizialmente pensato dal servizio per l’erogazione dei contributi), come anche i nuclei monoparentali con figli (9%). Dunque, l’87% degli aiuti dilazionati nel tempo hanno interessato in particolar modo i nuclei con presenza di figli: si tratta, in sostanza, di nuclei familiari affaticati da problemi economici che scivolano progressivamente verso la cronicizzazione e, quindi, verso una potenziale irrisolvibilità del bisogno espresso. Questo dato non può che sollecitare ad una ulteriore riflessione sulle strategie di intervento volte a favorire e garantire un sostegno maggiore e un minimo di stabilità familiare a queste specifiche categorie di persone.

Considerato, inoltre, che complessivamente almeno quattro persone su dieci hanno avuto almeno un contatto con i servizi pubblici, dovrebbe far riflettere il limite funzionale degli stessi e più in generale del sistema di protezione sociale. Da un lato, infatti, un sistema non in grado di provvedere con risorse aggiuntive a quei soggetti che non rientrano nei requisiti che danno diritto a forme assistenziali pubbliche; dall’altro lato, qualora i soggetti fossero i destinatari di forme di previdenza o di contribuiti sociali, evidentemente essi non sono più sufficienti a garantire a pensionati, cassintegrati o in stato di mobilità forme di reddito proporzionati ai costi della vita e ai bisogni essenziali inerenti, por l’appunto, la sfera del “mondo quotidiano”.

In fine, questi dati ci interrogano da un lato sottolineando come il servizio “fondo straordinario di solidarietà” abbia contribuito in misura non indifferente all’emergenza di fronte alla gestione della vita quotidiana e domestica e, dall’altro, suggerendo che oltre alle nuove situazioni di difficoltà intercettate, ritornano a rivolgersi alla Caritas anche persone che avevano già chiesto e ottenuto aiuto in precedenza. Una emergenza che tende, quindi, a cronicizzarsi e, come si è visto, questo perché le famiglie in difficoltà sono tali perché non hanno la forza di costruire dighe di protezione nonché di stabilire priorità – intenti a gestire l’emergenza quotidiana – affinché i figli camminino sulle loro gambe.


La redazione del rapporto di ricerca e l’elaborazione dei dati sono stati curati da Stefano Sbalchiero (Sociologo, P.h.D. – Università Degli Studi di Padova)

 

nr. 43 anno XVI del 17 dicembre 2011

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