NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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IL VIAGGIATORE. Chiusa anche la Zanza, ci resta solo la cedrata

Nella Vicenza dell’Eterno Presente è boom di bibite amarcord, mentre chiude l’ultimo locale di un glorioso passato

di Stefano Ferrio

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IL VIAGGIATORE. Chiusa anche la Zanza, ci resta so

E dopo ci si chiede il perché del nuovo boom della cedrata. Che, cosa di quest’estate, rilevabile in ogni supermercato o “casolino” di Vicenza e provincia, è tornata a risplendere nella sua gialla e zuccherosa opulenza accanto a coche, aranciate, succhi e bibite tropicali di antica o recente produzione.

Non è solo cedrata della marca più celebre, quella resa unica al mondo dalla voce di Mina, che la magnificava come imperdibile occasione di piacere fra “Quante cose al mondo puoi fare, costruire, inventare…”. Ne sono comparse di altre e più plebee, ma non per questo meno gradite dentro la loro bottiglia di plastica, colorata e invitante al pari dei rossi ginger e dei nerastri chinotti che, con la cedrata, compongono una sorta di profana trinità del bere estivo più liberatorio e appagante. Intimi sorsi che riconducono chi ha un minimo di anni ai ronzanti caleidoscopi di zanzare e pensieri svolazzanti lungo le notti di una Vicenza non solo perduta almeno trent’anni fa, ma pure difficile da raccontare con i suoi chioschi aperti fino a ore piccole in Campo Marzo, le sue carovane di caciarosi motorini lanciati sulle orme di introvabili ragazze dai capelli rossi, i suoi jukebox pieni zeppi dei melodiosi ti amo scritti e urlati sulla sabbia da Franco IV e Franco I.

A dispetto del nome “cedrata”, oggi come allora la presenza di qualche goccia di cedro resta un “optional” fra gli ingredienti di molti marchi che, per fare breccia nel consumatore, sanno invece di dover puntare a un proustiano mix di acido citrico, edulcoranti e vaghi aromi d’oriente. Un forse pericoloso, quanto irresistibile, intreccio di frizzante bevanda anti-indigestione e spuma da tramonto in rifugio grazie a cui bere significa soprattutto rievocare, e ancora sentire, e ancora – qualcosa - perfino “vedere”. Che ne abbondi il bisogno, è dimostrato da un’infinità di eventi, in apparenza diversi, ma tutti cospiranti in direzione di una distruzione della Memoria a vantaggio dell’eterno dominio di un’Attualità che, come tale, nel momento in cui si comunica al pubblico, brucia immediatamente se stessa.

A Vicenza, dopo vent’anni di onorata carriera, chiude in questi giorni la Zanza di porta Santa Lucia (ultimo nome ufficialmente conosciuto “Victoria Station”), e, al di là del dispiacere di non vedere più cabaret di qualità, ascoltare band rampanti, e fare ore piccolissime parlando di qualsiasi argomento con due autentici “osti” come Dino e la Manu, la difficoltà consiste espressamente nell’articolare un congedo: da cosa? Per quali motivi? In ragione di quali fenomeni storici? A proposito di questi ultimi, tale è la velocità di distruzione accumulatasi negli ultimi decenni per ogni tipo di evento tendente a radicarsi e non a evaporare, che si fatica addirittura a dare la giusta cornice alle vicende della gloriosa Zanza. Eppure, a Vicenza è stato l’ultimo locale supersite di un’età felice che, a cavallo fra gli anni ’80 e ’90, esprimeva una metropolitana, quanto sorprendente, gioia di vivere diffusa da templi della musica, e di un divertimento quasi quotidiano, come il Totem di Ponte Alto, il Vinelli di corso San Felice, Lo Stregone Macrobiotico di corso Fogazzaro, il Trombone di Santa Caterina, il bar Astra delle Barche, e i vari circoli Arci sparsi per la città.

A chi fa comodo cancellare che Vicenza, per un breve sospiro della sua storia recente, è stata angolino di Soho, frammento di Quartiere Latino, cartolina notturna della Cinquantaduesima Strada? Agli stessi che, all’ex ora del Carosello di ogni, invariabile sera, adorano tirare giù il sipario su quelle povere vetrine di corso Palladio e su qualche distributore di birra travestito da bar?

Che cerchiate o meno una risposta, gradirete comunque un bicchiere di cedrata da sorseggiare al Bar del Tempo Perduto.

 

nr. 26 anno XVII del 7 luglio 2012

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