NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
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IL VIAGGIATORE. Lo spread dello spritz aiuta a sondare i segreti di Marchionne

di Stefano Ferrio

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IL VIAGGIATORE. Lo spread dello spritz aiuta a son

Cosa di questi giorni, listini di Borsa e borse della spesa scannerizzate dall’Istat ci fanno dunque intuire che dallo spread ai bastoncini di pesce e alla bresaola è un tutto un un’oscura macchinazione, un inaccessibile enigma, una trama ordita dentro caliginosi scantinati, dove stagionate sagome di prosciutti incombono su terminali costantemente connessi con la più profonda e diabolica Anima Mundi.

Da sempre, nulla come l’omerica Sfiga (il Poeta dell’Odissea la chiamava in un altro modo, ma è sempre lei, da ben prima della guerra di Troia) alimenta il sentore di un qualche, più o meno teorizzabile, Complotto, intessuto da menti ignote oltre la ribalta dei nudi e crudi “fatti”.

È ad esempio un fatto che in quest’ultima settimana lo spread, ovvero quel differenziale fra le obbligazioni dei diversi Paesi europei, adottato come principale termometro della salute della Borsa, si è prima impennato ben oltre i 500 punti, evocando lo spettro di un nuovo 1929 tagliato su misura per l’Europa, ed è infine ridisceso (notizia del 27 mattina) attorno a un più rassicurante 470.

È altresì un fatto l’aumento non vertiginoso, ma sostenuto, della bresaola, rilevato a Vicenza durante il giugno scorso. In quel mese – si apprende dalla relazione della Commissione Prezzi del Comune – il pregiato salume di manzo valtellinese ha fatto segnare un rincaro del 2,5%, superato nel comparto alimentari solo dai bastoncini di pesce, schizzati a un vertiginoso più 3,9. Discorso a parte merita la “crema da spalmare al cacao”, aumentata sì del 2,8, ma notoriamente equiparabile alle sostanze stupefacenti, con la sola differenza della legalità del prodotto, assunto a barattoli interi pur di combattere la depressione.

Il messaggio leggibile da chi intravede macchinazioni anche nel caro, vecchio paniere Istat, è di inoppugnabile chiarezza: “Cara massaia vicentina (o schizzato single, che in coda al supermercato la affianchi con occhiali a specchio e fioriti bermuda), hai cercato in Capitan Findus, o nel salume da campeggio d’elite, l’alternativa al filetto di vitellone, o alla braciola di maiale da servire sulla tavola da pranzo delle tua famiglia? Guarda che noi ti abbiamo tenuto d’occhio, e puntualmente te la facciamo pagare”.

Indagando sul versante finanziario del Complotto, il salto dal bancone del “casolino” ai listini di Wall Street e Francoforte è considerevole. Però, da una certa età in su, ognuno avrà notato come negli ultimi anni sia aumentato in modo esponenziale, creando, più che un vuoto, uno spaventevole e invalicabile abisso. Nel senso che fino alla fine del secolo scorso due etti di fontina e un’azione Fiat erano entrambe equiparabili, nelle nostre menti, a beni monetizzabili, a quantità di ricchezza definite da prodotti identificabili come “formaggio” e “automobile”.

Oggi, mentre la bilancia del salumiere continua a segnare un preciso prezzo in euro per latticini e affettati pesati in etti e decagrammi, l’azione Fiat è un qualcosa che svapora la sua consistenza tra i flutti di un tempestoso mare di titoli, indici, obbligazioni, btp, e fondi finanziari sulla cui natura pare più informato uno scommettitore da sala corse, che un economista fresco di master ad Harvard. L’unico tratto costante, e in grado di inquietare una qualsiasi coscienza, è il doppio filo rosso che lega l’andamento delle borse all’informazione. Per cui a nulla valgono il sudore e le notti in bianco spese in termini di lavoro attorno a un prodotto, rispetto al titolo in taglio basso di un giornale finanziario, o alla sortita di una qualche venerata agenzia di rating a proposito neanche delle azioni collegabili a quello stesso prodotto, ma alle pendenze giudiziarie di chi ne possiede un 10%, o alle traversie politiche del parlamentare intimo amico del banchiere dove l’editore del giornale concorrente ha versato parte dei suoi patrimoni…

Ne consegue che tutto forse non è propriamente uno “spettacolo” drammatico-mediatico, perennemente in cartellone a qualsiasi latitudine del mondo, ma molto gli somiglia, con conseguente ricerca di autori e registi. Pensiero fatto ieri, rincasando dal salumiere con l’etto e mezzo di bresaola pudicamente acquistato al posto dei soliti due, in modo da poterlo consumare con meno complessi di colpa. Ed erano riflessioni suggerite da un Sergio Marchionne comparso sui giornali del mattino più barbuto e impenetrabile del solito. Capace di lanciare strali, da amministratore delegato della Fiat, contro Volkswagen, per motivi che vent’anni fa sarebbero stati semplicemente “impresentabili”.

Succede infatti che la casa automobilistica tedesca va talmente bene, con il suo 2,8% annuo in più in Europa e il suo faraonico più 34 in America, da potersi permettere una campagna di sconti per la propria clientela impraticabile da parte di qualunque altro competitor europeo. “Ma questo è un bagno di sangue, dannoso per l’intero mercato dell’auto” tuona Marchionne il quale, pur essendo al timone di una Fiat molto più incerottata di Volkswagen, trova in questo nostro mondo chi lo ascolta, lo pubblica, e magari confezionerà sui suoi pensieri ponderosi fondi domenicali pubblicati dai più autorevoli quotidiani.

D’altra parte, a cosa vale chiedersi chi è mai Marchionne nel mondo globale, in una localissima Vicenza dove, di fronte agli imperscrutabili travagli della beneamata squadra di calcio cittadina, ci si chiede chi è mai Tiziano Cunico, consigliere delegato della società biancorossa appena nominato da fedeli amici o da acerrimi nemici? Incaricato di reperire nuovi soci, o di sistemare vecchie pendenze finanziarie per conto terzi?

Per Cunico, così come per Marchionne, infiniti titoli di giornale e (per ora) nessuna risposta.

La consolazione è, come spesso succede, al bar. Dove lo spread dello spritz appena rilevato dal paniere del Comune di Vicenza segnala un confortante -1,8%. Prosit.

 

nr. 29 anno XVII del 28 luglio 2012

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