NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Il direttore è giovane il pubblico ancora no

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Il direttore è giovane il pubblico ancora no

Quali sono il paese e il pubblico che ti hanno dato più soddisfazioni a suonare e quale la nazione a cui suggerisci di guardare ai musicisti che vogliono potersi esprimere e fare ricerca?

«Sicuramente mi ha sorpreso il pubblico giapponese: molto preparato, estremamente esigente ma al contempo estremamente generoso nel far comprendere quanto un’esecuzione li abbia coinvolti. L’Italia, che ha così tanti talenti musicali e così tanti problemi in questo momento, veramente bisogna esortarla più che mai a credere in questi talenti a scommettere su di loro, non dimenticando il proprio passato».

Tu dirigi molta opera lirica, soprattutto all’estero, molti artisti dicono che all’estero c’è molto pubblico giovane e interessato, in che modo vengono interessati i giovani a un tipo di spettacolo che almeno apparentemente sembra legato a qualcosa di più antico e poco attraente per le nuove generazioni?

«Mah in un certo senso togliendo dal concerto il senso di cerimonialità, tutto quello che è posto sopra alla musica in un certo senso la imbriglia e la soffoca. La musica va proposta con semplicità non dando mai niente per scontato, spiegandola, scendendo dal podio e andando in mezzo alla gente; è una cosa a cui io tengo molto».

Ci sono dei film che magari per il soggetto non ti hanno interessato ma che hai amato per le musiche? Quali sono secondo te le colonne sonore che valorizzano maggiormente il film e la storia raccontata e quali i tuoi autori preferiti?

«Un film come “Pirati dei Caraibi” non mi ha particolarmente coinvolto o divertito perché non sono un amante dei film d’azione ma la musica ha un grandissimo potere di coinvolgimento. Io amo molto la musica da film, credo che il cinema sia l’arte onnicomprensiva perché contiene in sé tutte le arti ed esplorarne la musica è una cosa che mi diverte molto e credo che andrebbe valorizzata più che mai».

Sappiamo benissimo che la musica classica della fine dell’800 e dei primi del 900 è stata letteralmente saccheggiata dagli autori di musica da film. La musica classica continuerà a essere la matrice su cui modellare le partiture da film oppure ci sono altre strutture più moderne, al di là delle canzoni che possono essere scritte appositamente o prestate?

«Si potranno combinare le due strade, l’importante è che a comporre la musica ci sia sempre un vero talento che conosce profondamente la musica».

Signora Gasdia, “West side story” è considerato un po’ lo spartiacque tra la lirica tradizionale e il musical e a volte capita anche di trovarlo nei programmi della stagione della lirica, tecnicamente è veramente il filo di lana tra cui c’è la lirica classica e il musical?

Gasdia (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Cecilia Gasdia: «È una tessitura da cantante lirico proprio scritta da Bernstein per cantanti lirici, un po’più leggera nello stile forse, ma poi è il trait d’union perché poi si va in tutti gli altri musical, come Loyd Webber eccetera, dove anche lì le tessiture sono importanti ma già meno impegnative. Io “West Side Story” la considero un’opera anche se è un musical in effetti».

Abbiamo visto molto pubblico giovane in sala, forse attratti principalmente dalle colonne sonore e nella sinfonica vediamo oggi anche molte star giovanissime, come per esempio Lang Lang. Solo la lirica fa fatica ad attirare pubblico giovane o è un problema solo italiano?

«La risposta è: in Italia; grazie a certi determinati comportamenti che abbiamo messo in atto negli ultimi 40 anni, e questo è il risultato, perché nel resto del mondo la lirica va benissimo, è molto amata ed è molto conosciuta. In Italia i giovani non la conoscono, non hanno la possibilità di scegliere se andare a vedere o no un’opera perché non l’hanno mai sentita. All’estero i bambini cantano a 3 voci, all’asilo. Da noi cosa fanno? Sono anni, non è che si rovina il mondo in due mesi. Io non trovo che sia in crisi, perché il pubblico ci va sempre all’opera, certo ci vuole l’apporto dei giovani, questo sì».

La tecnica di canto è molto cambiata negli ultimi decenni. Questo è stato condizionato dai gusti del pubblico o anche dal fatto che la ricerca scientifica ha permesso una consapevolezza maggiore…

«Minore, vorrà dire: la tecnica è peggiorata negli ultimi anni, gliel’assicuro! I cantanti non sanno più cantare, i giovani anche di 20 anni fa non avevano assolutamente la tecnica dei nostri predecessori».

Eppure oggi ci sono tante tecniche di protezione delle corde vocali.

«Sì però il risultato è che non hanno gli acuti avanti e hanno la voce afona, non tutti eh, ma ingenerale rispetto agli anni ‘50 o anni ’30, dove su 100 tenori, 100 avevano la voce avanti, oggi uno ce l’ha gli altri si barcamenano. La voce deve essere a fuoco, squillante, come una lama che ti spazzola tutti, cristallina. Come Pavarotti. Oggi ci sono dei grossi problemi tecnici perché non ci sono più i maestri, è un’arte che si è tramandata poco, poi soprattutto i giovani cantanti non hanno voglia di studiare, vogliono arrivare subito, questo un po’ dappertutto, per cui il livello medio si è tecnicamente abbassato».

Cosa vuol dire per lei rinnovare la lirica oggi?

«Tornare all’antico, come diceva Verdi».

 

nr. 45 anno XVII del 22 dicembre 2012

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