NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Sul palco non la diva, ma la sua vita

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Maria Callas, il canto della vergogna

Infatti voi dite che la gente dopo gli applausi vuole che tu sparisca altrimenti la delusione prende il sopravvento sul mito. Ma la mitizzazione del personaggio, e la conseguente idolatria, non portano ad una ricerca rituale e diretta dell’idolo? Questa figura così immanente, statica, un’apparizione, l’idolatria ti altera anche il rapporto con la realtà di questa persona, voi lo dite, loro vedono la Callas, vedono i vestiti, eccetera, ma non vedono la persona che deve misurarsi con la musica e ripeterla fino allo sfinimento.

«Eh sì perché ognuno ha bisogno. Forse ognuno di noi potrebbe dare una risposta su questo aspetto della realtà e il sogno, come si mescolano nell’animo della gente e come loro cercano di fatto sempre le icone. Ma è così quando vengono costruiti questi miti. Io credo che alla fine ci siano anche delle regole che rispondono alla domanda, c’è sempre una domanda e un’offerta».

MCallas-foto-MEDEA (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)La sua “grecità” le può essere pesata secondo te oppure è stata anche influenzata da una percezione folklorica deformata che magari avevano gli americani?

«Lei, lo diciamo anche nello spettacolo, ad un erto punto quando arriva al vertice dice: “Il mio nome non era più né greco, né americano, né italiano, il mio nome apparteneva alla musica.” Quindi lei ha voluto questo, non essere né in un modo né in un altro. Io ho visto molte interviste sue e in una lei diceva che non voleva una cittadinanza, ha avuto più cittadinanze, e la cosa della grecità che mi dicevi secondo me è venuta molto fuori, e lei l’ha vissuta profondamente, nel rapporto con Onassis. Loro si sono scelti, poi lui era un farabutto, ma si sono molto incontrati su questo aspetto, io ho un po’questa idea».

La madre che la torchia per cantare: penso a Mozart e Beethoven che avevano questi padri cerberi, anche se loro erano musicisti e la madre della Callas no. Questi artisti eccezionali che rimangono nella storia dell’umanità sono comunque persone che hanno il genio e la vocazione, sono indispensabili questi “allenatori dittatori” o se uno è un genio viene fuori lo stesso?

Daniela Mattiuzzi: «La Callas ha sofferto molto della separazione dei suoi genitori perché lei amava soprattutto suo padre che era quello che la coccolava di più. La madre è sempre stata una figura molto rigida, veniva da un’altra società rispetto al padre che proveniva più dal proletariato. C’è sempre la sofferenza di mezzo, sarebbe da aprire un discorso grandissimo: è vero che la sofferenza ti può uccidere, ma ti può anche far esplodere verso dei mondi che prima non conoscevi . C’è sicuramente un rapporto patito con la madre e forse mai risolto neanche dopo, quando è diventata celebre, perché lei fino a un certo punto ha continuato a dar dei soldi; secondo me poi c’era anche di mezzo la sorella che era la preferita della madre».

Ad un certo punto dello spettacolo lei si incontra e si scontra con questa figura femminile che è sempre in background, che crea queste scene e questi ambienti, lavora con questi oggetti e mi sembra un po’ una metafora di un suo cercarsi, non ritrovarsi e rifiutarsi in se stessa. Se nel “prima” lei non si sognava nemmeno la femminilità che si sarebbe ritrovata dopo, con i vestiti della Biki, osannata come icona di stile nonostante si ispirasse a Audrey Hepburn, nel “dopo”, quando lei diventa una persona, nei parametri, “normale” e addirittura bella, perde quello che l’ha sempre sostenuta: la voce. Quindi si cerca, si rifiuta, si trova e poi si perde.

P.Z.: «La Tebaldi ha avuto una carriera lunga il doppio, ha cantato quasi 30 anni. Alcuni anni fa uscì uno studio di alcuni specialisti tra cui anche il dott. Fussi, per cui pare che lei abbia avuto un cedimento muscolare proprio a causa della dieta e pare che possa essere causa della morte. Dopodiché è ovvio che è una donna triste, prova a pensare: stai 8-9 anni con un uomo, sei appassionata e innamorata, questo se ne va e per affari sposa un’altra».

E che altra.

«Lei ci ha sofferto tantissimo. Pensa la vergogna per un personaggio pubblico, non è che succede a noi che facciamo i conti con noi stessi e qualche amico o amica, ma un personaggio pubblico così? Il matrimonio con la Jacqueline Kennedy è andato in televisione. Secondo me è una donna profondente trite alla fine, tu guarda le sue immagini: è morta a 53 anni, sembra che abbia 10 anni di più. Sicuramente la voce l’ha persa anche grazie al marito Meneghini, bravo impresario e furbo, ma prova a pensare come cantava e cosa cantava: cambiava repertorio in continuazione ed era a destra e a manca, non è che faceva canzonette. Massacrante. Poi come è stata lei, rigorosa, ti consumi, è pesante a quei livelli, quindi un insieme di cose. Era una donna intelligentissima, ma la crisi non è avvenuta solo per Onassis, ma un po’ prima, probabilmente ha avuto dei cedimenti. Ad un certo punto lei dice: “Volevo solo sentirmi libera”. In quegli anni lì, quando è arrivata in Italia era il ‘46-‘47 aveva circa 20 anni, il fatto che si sia affidata subito a un uomo più grande ha fatto la differenza perché ad un certo punto quando tu diventi autonoma e vuoi decidere per te stessa, poi sei da sola. Alla Callas è mancato l’amore perché lei lo ha conosciuto e lo ha perso malamente. Ha sofferto in maniera esponenziale, tutto è stato esponenziale».

 

nr. 07 anno XVIII del 23 febbraio 2013

ONASSIS (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)

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