NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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IL VIAGGIATORE. Cercansi nipoti e bisnipoti degli eroi della Grande Guerra

Eredi a cui consegnare copia del mirabile libro sui decorati del '15-18, ripubblicato dall'Unuci di Vicenza. Dove in ogni pagina ci commuove il sacrificio di piloti, ufficiali medici e tiratori scelti che passavano alla Storia senza nemmeno immaginarselo

di Stefano Ferrio

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IL VIAGGIATORE. Cercansi nipoti e bisnipoti degli

Oltre un secolo fa viveva a Pojana Maggiore Trevisan Valentino, inconsapevole cowboy della Bassa, valente e audace quanto Billy the Kid nel tirare con la pistola. Lo si può apprendere non da un film o da un fumetto, bensì dal mirabile libro di cui ci accingiamo a parlare.

Per arrivarci occorre rammentare che si possono citare a piacimento, e finché si vuole, gli anni del passato, ma senza necessariamente sbucare da qualche parte. Eccettuati gli anni memorabili delle grandi guerre, un 1874 finirà con il somigliare a un 1713, a un 1901 e a un 1689, tanto indistinta è la forza rievocativa di questi segni del tempo per comuni mortali come noi.

Basta un'emozione, e tutto cambia all'improvviso. Numeri, prima così freddi e incolori, si animano di colori, si rivestono di storie, sembrano quasi palpitare. È il caso dell'editto – chiamiamolo così, con termine appropriatamente “d'antan” - con cui il sindaco di Vicenza, Achille Variati, ha lanciato l'appello a quanti sono in grado di segnalare parentele e discendenze di duecento vicentini, di città e provincia, decorati al valore militare per fatti accaduti durante la Grande Guerra. In modo da poter consegnare agli eredi, nel corso di un'apposita cerimonia, una prossima edizione del volume grazie a cui l'Unuci (Unione nazionale ufficiali in congedo d'Italia) custodisce la memoria di questi, noti e meno noti, padri della patria.

Modo quanto mai azzeccato di predisporsi al centenario dello scoppio di quel primo conflitto globale, innescato nel 1914 dall'attentato di Sarajevo. Con l'importante avvertenza di essere sulle tracce di nati fra il 1876 e il 1899, ovvero i ventitré anni in cui furono comprese le classi di chiamata alle armi di bisnonni e trisavoli degli attuali vicentini del terzo millennio.

L'emozione scatta proprio qui. Dovuta a uno sguardo all'indietro che, nonostante i centotrenta e passa anni, rimanda ancora a nomi, cognomi, strade, fotografie, carte mai ingiallite del tutto, bauli ficcati in soffitta, e medaglie riposte nel comò. Per non parlare dei ricordi di quanti sono ancora fra noi, a raccontarci di ore trascorse ad ascoltare, magari in braghe corte davanti al pranzo della domenica, padri, nonni e zii che sull'Ortigara, sul Pasubio e sul Grappa avevano sparato, pianto, pregato e, all'occorrenza, ucciso, per “fare l'Italia”.

Come dire che la Vicenza del 1876, passata a casa Savoia da appena dieci anni, si cela tuttora fra le quinte di questa del 2013. Dove nei ripiani più alti di certe, antiche pasticcerie, tra anfore luccicanti di bonbon e scatole ripiene di torroni, aleggiano ancora i pettegolezzi sul “matrimonio dell'anno”, che univa in sventurate nozze Angelina Lampertico e il marchese Fabio Mangilli, destinato a chiedere, quindici anni dopo, il divorzio dalla nobildonna vicentina. Sempre che i gentiluomini non prendessero il sopravvento sulle loro consorti, dichiarando perché, in quel '76 elettorale, votare per un conservatore come Paolo Lioy, scienziato all'epoca appena tornato in libreria con il suo “Le abitazioni lacustri di Fimon”, o per un sindaco di chiari sentimenti progressisti come Giuseppe Bacco. Al ballottaggio vinse poi quest'ultimo, per lo stesso pugno di voti che nel 2008 riportava a palazzo Trissino l'Achille Variati votato dalla sinistra cittadina.

Vicenza, 1876 - 1899. Città e anno di un altro tempo, ma che ancora occhieggia fra i portici di Sorarù, gli androni di contra' Porti, l'ansa disegnata dal Retrone fra ponte Pusterla e le Barche. In quello stesso quartiere di artigiani e pescatori dove lo scrittore Goffredo Parise spierà e origlierà, nel “Ragazzo morto e le comete” di sessant'anni dopo, torme di fantasmi ancora mescolate ai vivi. Presenze simili a quelle che tuttora avvertiamo sfogliando il pregiatissimo libro dedicato dall'Unuci ai Decorati della Grande Guerra. Come Maculan Sante da Zugliano, bersagliere caduto nel '16 a Monfalcone gridando al suo comandante “Signor tenente, non è nulla!”. Come Zamperetti Tito da Cornedo, capitano aviatore abbattuto con il suo idrovolante durante una spericolata missione nel cielo di Arco. Come Biasolin Umberto da Barbarano, ufficiale medico che nel 1918 finalmente rincasò, dopo avere curato e soccorso un'infinità di soldati sotto il fuoco della prima linea.

Sono appena tre nomi, citati a caso nella commozione di sfogliare un volume che, più passa il tempo dalla Grande Guerra, e più parla di vita e non di morte, lasciandoci incontrare nelle sue pagine la meglio gioventù di un secolo fa. Ecco perché augurarsi che entro il termine fissato di venerdì prossimo, 29 ottobre, alla sede dell'Unuci di viale Battaglione Framarin 94 (telefono 0444321381, da chiamare fra le 9 e le 11) rispondano all'appello del sindaco altri nipoti e bisnipoti di eroi grandi perché oscuri, passati alla Storia senza mai sognarselo, caduti su montagne che il loro sangue ha reso ancora più belle.

Nella speranza di scoprire, con l'emozione di cent'anni dopo, altre storie. Come quella, da cui siamo partiti, del fante Trevisan Valentino da Pojana Maggiore, più bravo e audace di un cow boy nel tirare con la pistola. Tanto che il 15 giugno 1918, lungo il Piave, sparò fino all'ultimo colpo, e all'ultimo respiro, pur di coprire e trascinare i commilitoni all'attacco. L'argento della sua medaglia luccica ancora in mezzo a noi.



nr. 11 anno XVIII del 23 marzo 2013

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