NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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J. Newman: ogni essere umano è un essere unico e irripetibile (II parte)

di Italo Francesco Baldo

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J. Newman: ogni essere umano è un essere unico e i

Ex umbris et imaginibus in veritatem

 

La riflessione: fede e ragione due ali per innalzarsi

“La fede e la ragione sono come due ali con le quali lo spirito u-mano s’innalza verso la contem-plazione della verità. È Dio d’aver posto nel cuore dell’uomo il desiderio di conoscere la verità e, in definitiva, di conoscere Lui perché conoscendolo e amandolo, possa giungere anche alla piena verità su se stesso”. Queste parole pronunciate dal Santo Padre Giovanni Paolo II il 14 settembre 1998, riprendono la sacra tradizione, che costantemente è presente nell’insegnamento del Magistero Pontificio, basti ricordare la prima lettera enciclica di S.S. Pio IX Qui pluribus, pubblicata nel 1846. In essa, è un’unità di riflessione con Newman nonostante tutto, il pontefice ribadisce, anche sulla scorta di Tertulliano, che “la retta ragione dimostra e difende la verità di fede, e la fede libera la ragione da ogni errore e mirabilmente la illustra, la rafforza e la perfeziona con la cognizione delle cose divine”. In questa prospettiva si muove Newman con lo scritto On the Introduction of Rationalistic Principles into Revealed Religion, nel quale stabilisce che l’ istanza razionalista chiede prima di assentire di capire, ed esclude quello che non è in grado di comprendere servendosi dei dettami della ragione. Il punto cruciale è proprio questo, cioè la definizione di ragione. Essa è considerata sotto un unico aspetto, quella della dimostrazione logica, sillogistica o altro, e dimentica, come ben ricordava Dante Alighieri: “quanto son difettivi i sillogismi/Quei che ti fanno in basso batter l’ali! ” . In realtà il Vangelo non è un trattato scientifico, secondo un certo modello di scienza, ma ha una complessità, che l’analisi razionalista non può esaurire.

È il tema del mistero, che non è il “buio”, ma ciò che richiede un continuo ed incessante approfondimento. La Rivelazione non è un’oscurità, ma un “mistero”, certo per la fede, ma che necessita di una comprensione”. Così la verità religiosa non è né luce né oscurità, ma l’una e l’altra insieme. La rivelazione, considerata in questo modo, non è un sistema rivelato, ma è formata da un numero di verità isolate e incomplete che appartengono a un vasto sistema non rivelato di dottrine misteriosamente collegate che rappresentano parti sconosciute del sistema”. Non si deve ridurre la fede a scienza o la scienza a fede, perché, già lo affermava il Concilio Vaticano I, ripresa dalla Costituzione pastorale Gaudium et Spes del Concilio EcumenicoVaticano II, “esistono due ordini di conoscenza distinti cioè quello della fede e quello della ragione”. L’importanza di questa affermazione, è intuita da Newman: è nella considerazione che la ricerca dell’uomo, a qualsiasi livello essa sia, “deve mirare alla perfezione integrale della persona umana, al bene della comunità e di tutta la società. Perciò è necessario coltivare lo spirito in modo che si sviluppino le facoltà dell’ammirazione, dell’intuizione,della contemplazione, e si diventi capaci di formarsi un giudizio personale, di coltivare il senso religioso, morale o sociale”. Ciò che Newman difende è il dogma della Chiesa contro le interpretazioni che lo vedono solo come un’imposizione, che non trova nessuna giustificazione razionale. In realtà il dogma, se rettamente inteso, cioè come verità proclamata, non è incomprensibile, fa parte di quell’incessante approfondimento che è proprio della verità autentica. L’atteggiamento antidogmatico è in realtà un atteggiamento quasi esclusivamente politico, quello che teme il confrontarsi proprio con la verità e soprattutto con la prospettiva che esiste un’autorità e questa sia essenzialmente la verità. Infatti, la verità è autorità e autorevole è chi l’afferma. Accade invece che il liberalismo teologico -- oggi certa teologia della liberazione -- rifiutando il carattere rivelato del cristianesimo e la componente misterica, arriverà fino a sostenere che ogni verità religiosa deve essere compatibile con la ragione. In questo modo la religione altro non è che un’opinione condivisa da vaste collettività e la sua natura è storica. Così questo liberalismo apre le porte a quel modernismo che, servendosi dell’esegesi biblica, inficia il messaggio religioso e quello specificatamente salvifico per l’uomo. S. S. Pio IX prima con la lettera enciclica Quanta cura e con il Sillabo e S.S. Pio X con la lettera enciclica Pascendi Dominici gregis denunciarono. Soprattutto S.S. Pio X era ben consapevole che sarebbe stato accusato di antiscientismo, ma il problema del modernismo non è la scienza, ma la natura divina di Gesù Cristo. L’esaltazione della sola ragione e di una particolare ragione, quella liberale o quella positivista o quella marxista, ecc., nega la verità ed accetta solamente quanto appare, ma l’apparenza non è sempre verità, come ben dimostra la ricerca scientifica del Novecento. La ragione non si può arrogare il diritto di sanzionare la verità in ogni ambito della vita umana e in quel vasto campo che è il “ragionare concreto” come sostiene Newman. L’uomo non è riducibile ad una parte, non può essere ristretto nelle sole scienze, soprattutto se queste si fondano solo sugli avvenimenti che accadono nel tempo. Non vi è in questa scientificizzazione della storia, autentica storia, perché la storia è l’assunzione di significato dell’accadimento e del suo “perché” in relazione a quanto l’uomo effettivamente compie liberamente.

Decidere con la ragione senza la fede e la fede senza natural lume, sostiene Newman non fornisce quella integralità all’uomo, che è il significato profondo di ogni sua facoltà, di ogni sua istanza. Non si tratta di esplicitare con argomentazioni il fondamento, quanto di avere coscienza che la fede ha strade proprie, così come le ha la ragione quando esamina ad esempio la natura. Nella visione globale, nell’assumere la persona umana come essere dotato di coscienza e di dignità, cioè di libertà, sta il fondamento di una prospettiva che sceglie liberamente e dà al riconoscimento di Dio e di Suo Figlio il proprio assenso e ossequio ragionevole.

Nella prospettiva di Sant’Agostino e di tanti altri, Newman coglie il significato profondo della vita di un uomo, che ha come dovere primo quello di “seguire... coloro che insegnano la verità” e in questo il vescovo di Ippona comprende che “ragione e fede sono dure forze destinate a cooperare insieme per condurre l’uomo alla conoscenza della verità, …e comprese che la fede per essere sicura richiede un’autorità divina, che questa autorità non è altro che quella di Cristo, sommo maestro e che l’autorità di Cristo si ritrova nelle sacre Scritture, garantite dall’autorità della Chiesa cattolica”. In questa direzione si mosse Newman con gli studi sul cristianesimo delle origini, sulla dimensione “cattolica”, che non va confusa con quella negativa di “papista”, che indica solo una posizione di contrapposizione, mentre “cattolica” indica la via della unità. Unità che deve essere tra credenti, ma credenti capaci di pensare, di superare quello che è transeunte nella vita e negli accadimenti personali e sociali.

In particolare proprio quanto ci si educa e si educa alla verità bisogna tener presente che la fede non è mai senza ragione. Infatti, come sosteneva S. Agostino: “ nessuno crede se prima non ha pensato di dover credere”; lo stesso credere non è che un pensare con assenso, che coinvolge l’integralità della persona umana.

Per questo motivo Newman sostiene con rigore che non si può scindere l’elemento morale da quello di fede, perché “la conoscenza insita nell’atto di fede [è] come il frutto di un poliedrico ma ragionevole dinamismo morale”.

L’approfondimento di questa ricerca avverrà per Newman con l'opera An Essay in Aid of a Grammar of Assent. In essa il pensatore contribuì alla ricerca per stabilire alcune regole fondamentali che consentano di arrivare ad un assenso ragionevole da parte dell’uomo, soprattutto in relazione a quelle proposizioni che non sono di per sé evidenti. L’assenso non è solo opera di un ragionamento sillogistico o fondato sulle inferenze, ma si serve di due livelli di pensiero, quello concettuale e quello reale.

Nel secondo soprattutto entra in gioco la complessità dell’essere umano ed in particolare la coscienza -- attributo naturale-- che assente all’esistenza di Dio, che ha i suoi attributi più precisi proprio nella rivelazione cristiana.

Si tratta di una visione che è ad un tempo psicologica e antropologica, che richiede appunto un’indagine del dinamismo della coscienza stessa, che indagando in ogni dove, apprende. Newman intende dimostrare che si può credere a ciò che non si può capire, ma anche che si può credere ciò che non si può provare.

Le scienze, la logica in particolare, non è l’unica via della conoscenza, perché l’uomo conosce con tutto il suo essere e con tutta la dinamica della sua vita personale, della coscienza, morale e sociale. Ecco perché assume un ruolo fondamentale l’educazione, intesa come vera autoeducazione - in interiore hominis stat veritas - e com’educazione compiuta dal Maestro, che è assenso all’autorità, perché l’autorità è verità: perché in Cristo e nella Chiesa totum culmen auctoritatis lumemque rationis, come sosteneva S. Agostino.

 

O sono quello che sono o non sono nulla

 Il tema dell’educazione è uno dei più gravi, essa implica una responsabilità personale e una familiare-genitoriale e sociale. Educare significa in primo luogo avere chiarezza d’obiettivi e di metodi, in altre parole qual è l’apice dell’educazione.

Questo è individuato nella formazione integrale della persona e quindi coinvolge la ragione, la fede, la prospettiva morale e quella sociale. Oggetto della conoscenza è la verità raggiunta con la ragione esaminatrice delle leggi, i fatti e le loro relazioni, quella delle scienze, tutto ciò che esiste ed è contemplato dalla mente e il fondamento stesso di tutto quello che esiste.

Per questo è necessaria la filosofia, che nasce e si completa all’interno dell’io, nel momento in cui ragiona e si rende consapevole di quanto è fondamentale.

La presa di coscienza di “o sono quello che sono o non sono nulla”, che è dimensione prima di tutto interiore: “se non adopero me, non ho alcun altro io da usare”, è fondamentale. Per questo devo sapere di me e accogliere “ la prima lezione deontologica: rassegnarmi alle leggi della mia natura quali che siano; la mia prima disobbedienza sta nell’essere intollerante di ciò che sono, nell’abbandonarmi all’ambiziosa velleità d’essere ciò che non posso essere, nell’accarezzare la mia fiducia e diffidenza per le mie facoltà, nel voler cambiare delle leggi che sono tutt’uno con me”. Una consapevolezza precategoriale, per dirla con E. Husserl, prima di essere dentro alla ricerca scientifica e di fede, è un sapere di sé che è psicologico, ma, nel frattempo, si apre alla dimensione dell’alterità, quella della verità. In questo senso la filosofia piuttosto che un’indagine razionale, è una testimonianza personale, un sistema di riferimento.

Non dunque l’astrattezza del pensiero, ma la sua immediata realtà, essa: “Non è un vantaggio accidentale o meramente estrinseco, nostro oggi e altrui domani, che possa apprendersi da un libro e facilmente dimenticarsi, di cui possiamo disporre o che possiamo comunicare a nostra volontà…; essa è invece un’illuminazione acquisita, un abito, un possesso personale, una dote interiore”.

Di nuovo il riferimento è pienamente agostiniano, ma il S.Agostino delle Confessioni, che prende le mosse da un dialogo interiore con se stesso alla ricerca della verità, dopo aver vinta “ la dura cervice”, per abbandonarsi totalmente, nella pienezza della persona alla verità stessa. Ecco che Newman indica la stessa via, che è fatta di sforzo e di conoscenze che si acquisiscono ed operano nella nostra vita.

Ma qual è la conoscenza più profonda se non quella della verità: la verità ci rende liberi, ma questa non è un mero volere, ma la capacità di scegliere, perché mai l’uomo può esimersi dall’operare scelte. Non può rifugiarsi nell’espressione “ così fan tutti”, o rifugiarsi in una neutrale sospensione di decisione. In ogni caso non vi sono vie di mezzo, logiche morbide da adattare alle situazioni, vi è un intreccio tra

 

Da genitori vuoti nascono figli leggeri

ragione e fede da costruire, per tentare di comprendere l’immenso si-gnificato della vita e della propria vita. Il senso d’abbandono che l’uomo contemporaneo vive, perché ha rinunciato a cercare la verità, è il dramma di un’epoca che vive di quanto appare, di quanto sembra essere determinato scientificamente, ma è la mancanza d’educazione che è il vero dramma.

Da genitori vuoti, nascono figli leggeri, da cattivi maestri, scolari presuntuosi, da servi d’ideologie materialistiche e intellettualistiche escono uomini e cittadini illusi del presente e irresponsabili della vita comune. Si finisce nel solo affaticarsi nel realizzare il più rapidamente possibile dei guadagni o occupare posti di potere.

La via indicata da Newman è un'altra, essa è consapevolezza di sé, degli altri e del mondo, è quella volontà di “fare il bene…bene” che don Luigi Monza ha affermato essere la base per ogni autentica consapevolezza di fede e di operare con quanto l’uomo conosce.

Questa via è la via dell’uomo come persona, considerata integralmente in tutti i suoi aspetti, capace di ricevere il senso della verità, di amarlo e di riconoscerlo come autorità, vivendo con fede e ragione, Fides quaerens intellectus et intellectus quaerens fidem.

 

L’uomo va considerato nella sua globalità

Chi sia veramente l’uomo e che cosa alberghi nel suo animo non c’è dato completamente sapere, ma come i grandi hanno indagato questo significato, così noi, alla luce di quanto J.H. Newman ha cercato nel corso di tutta la sua vita, possiamo tentare. Se all’esprit de finesse di B. Pascal va l’indubbio merito di aver posto per primo la critica al puro razionalismo, a I. Kant va quello di aver compreso l’insufficienza nei confronti della verità - Dio – dell’intelletto scienJ. Newman: ogni essere umano è un essere unico e i (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)tifico, ad A.Rosmini quello di aver evidenziato la negatività di una soggettività che pone una realtà ed una verità come proiezione di se stessi, a J.H. Newman quella di aver compreso che l’uomo va considerato nella sua globalità, in quella dinamica di mistero che lo vede protagonista della ricerca di sé e dell’altro da sé verso la verità come autentica capacità di credere e pensare, di conoscere e contemplare, in una visione Armonica del creato che sarà poi la prospettiva di Teilhard de Chardin.

Al termine di queste brevi linee insufficienti nell’analisi della vastità e fecondità del pensiero e della vita di fede di J.H. Newman, credo che proprio la sua seconda preghiera a San Filippo Neri, al quale ricorre così sovente anche nel suo Diario, ci dia la possibilità di averlo come vero educatore. Egli rivolgendosi a protettore San Filippo, lo prega di fargli avere una vera devozione alla Spirito Santo per ottenere i suoi sette doni: “ il dono della sapienza, affinché restino nel mio spirito i misteri del Verbo Divino; il dono del consiglio, affinché io possa vedere la mia vita in mezzo alle tenebre; il dono della fortezza, affinché io sia forte e in flessibile nella lotta contro il male; il dono della scienza, perché mio faccia ogni cosa con pura intenzione a gloria di Dio; il dono della pietà, perché io sia devoto e coscienzioso, il dono del santo timor di Dio, affinché io serbi in mezzo a tutte le benedizioni spirituali, soggezione, rispetto e discrezione”.

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