NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Ibsen il padre delle... soap opera

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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John Gabriel Borkman

 La pièce è idealmente suddivisa in due parti fisiche: al piano di sopra c’è la stanza di lui dove avvengono delle cose e viene dato spazio a un certo punto di vista. Al piano di sotto c’è l’ambiente di rappresentanza. le persone che abitano questi ambienti riescono ad esprimere solo certe cose all’interno di essi e nel momento in cui ciò che riempie questi spazi travasa, c’è una specie di rivelazione e di presa di coscienza. Perché?

“Perché non si va al piano di sopra e non si va al piano di sotto: ogni volta che si sale su o che si scende giù c’è un piccolo colpo di scena. Lui parla sempre del fatto che è figlio di un minatore, le ricchezze nascoste nel profondo della terra, portarle alla luce e invece rimangono sepolte, non riesce a tirarle fuori; anche questo è simbolico”.

L’amico di Borkman, Foldal, viene investito dalla macchina su cui sopra ci sono la figlia e il figlio di Borkman con la propria amante molto più grande di lui che stanno partendo per un viaggio. l’amico è contento perché ora la figlia può studiare e fare una vita brillante al punto che va bene anche se viene investito. Cos’è che crea quella specie di patto, di accordo, tra autore e pubblico per cui con la stessa frase, la stessa situazione si può alleggerire fino alla commedia o acuire nella sua drammaticità fino alla tragedia?

“La scrittura. Quella scena è più che altro patetica. Hai descritto bene quello che succede a Foldal, da una parte c’è quello che succede a Borkman che vede Foldal così, quella scena bisogna stare molto attenti a non farla troppo comica perché dopo c’è quel monologo che facciamo sotto la neve, lì Borkman ed Ella vanno in un altro territorio, metaforicamente la panchina dove muoiono è la testa di Borkman, vede delle cose che vede solo lui. Ella si accorge che lui sta andando alla deriva”.

La riconciliazione delle due sorelle avviene in un altro ambiente, in esterno, attraverso l’uomo che pur amandole entrambe le ha segnate e separate. Un ulteriore ribaltamento: un personaggio tutto sommato negativo che porta alla riconciliazione.

John Gabriel Borkman (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)“Morendo! Come vedi paghi: ibsenianamente tornano i conti. C’è una versione molto bella di Ronconi, credo che sia dell’80, per la televisione, c’era Marisa Fabbri, Franca Nuti, Omero Antonutti e il finale era su un ghiacciaio: è chiaro che questo assoluto bianco e assoluto gelo in cui Borkman si immette nel finale è quello che lo fa morire; dal punto di vista del testo lui muore di freddo, da quello simbolico muore di ciò che non è riuscito a costruire, di ciò a cui ha rinunciato, il deserto interiore”.

Lei è stato uno dei protagonisti de “La grande bellezza”, fa la parte del chirurgo plastico che fa i botox party a prezzi “stracciati” in casa. In quel film è un rimbalzare continuo tra grottesco e appunto, bellezza. A dialogare con immagini di una Roma protagonista dal punto di vista visivo, si evidenzia la recitazione di tutti voi attori. Tanti di voi sono attori di teatro, venite tutti valorizzati. È come sono stati scritti i personaggi oppure Sorrentino ha anche sfruttato la preparazione teatrale di quelli di voi che hanno questo background?

“Io ti posso parlare di me, quel giorno abbiamo girato, Paolo era vicino a me, e molte battute sono state inventate. Paolo è una persona estremamente competente, è un grande regista. Il testo c’era ma come spesso succede il cinema è il frutto di ciò che accade in quel momento, della combinazione tra attore regista e direttore della fotografia, la situazione era molto surreale ma anche molto pratica. Il film è frutto anche di molti tagli, durava un’ora in più, le scene erano molto più lunghe e sono state abbreviate, ci sono molti attori che non appaiono perché poi i loro personaggi sono stati tagliati”.



nr. 11 anno XIX del 22 marzo 2014

John Gabriel Borkman (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

 

 



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