NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
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San Pio X e la Bibbia

L’importanza del suo pontificato per gli studi biblici

di Italo Francesco Baldo

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San Pio X e la Bibbia

San Pio X (1835-1914) 

 

Ricorre quest’anno, 2014, il centenario della morte di Giuseppe Melchiorre Sarto, papa Pio X, e il sessantesimo dalla sua proclamazione a “santo” della Chiesa Cattolica da parte di Pio XII il 29 maggio 1954. Il pontificato di papa Sarto, di 11 anni, ha una grande importanza perché Pio X promosse la formazione dei fedeli, il suo catechismo è stato il penultimo ed è ancora ben conosciuto nella memoria di molti quello breve, destinato ai fanciulli per la prima Comunione, gli studi biblici, la riforma liturgica e il canto sacro Seppe prendere precise posizioni contro lo stesso Imperatore d’Austria che aveva cercato di ostacolare l’elezione del cardinale Mariano Rampolla del Tindaro (1843–1913), Segretario di Stato di Leone XIII e segretario della Pontificia commissione biblica, al soglio pontificio. Manifestò la sua inquietudine e angoscia con l’enciclica Vehementer nei confronti della Francia, che aveva accentuato la separazione tra Stato e Chiesa con una visione laicista dello Stato stesso. Promulgò un nuovo Codice di Diritto canonico, revisionato solo dopo il Concilio vaticano II, che diede maggiore stabilità alla struttura della Chiesa.

Fu amato e seguito dai fedeli anche a Vicenza, dove era ben conosciuto. Il 25 agosto del 1900 l’allora cardinale, Patriarca di Venezia, Giuseppe Sarto, insieme ai Vescovi della Regione conciliare salì sul Monte Berico per incoronare, tra l'esultanza del popolo fedele, l'immagine di Maria, Madre di misericordia. Colui che, tre anni dopo, la Provvidenza avrebbe chiamato ad essere Sommo Pontefice col nome di Pio X, e che oggi è venerato come Santo dalla Chiesa universale, depose con grande pietà e fiducia ai piedi della Madre del Signore le gioie, le speranze e le miserie del suo popolo e consegnò "come in deposito la preziosa Corona aurea gemmata... alla religiosa custodia dei Padri Servi di Maria". (cfr. Messaggio di Giovanni Paolo II al Patriarca di Venezia, Cardinale Marco Cé in occasoione del pellegrinaggio al Monte Berico per celebrare il centenario dell’incoronazione di Maria, Madre di Misericordia. Si ricorda che in quell’occasione “Un professore del Seminario Vicentino, che era presso l’altare, disse: «Vidi le lagrime che rigavano il volto del Patriarca Sarto ed erano più fulgide delle gemme del ricco e superbo diadema. Il Porporato Veneto, in quel memorabile giorno, circondato da dodici Arcivescovi e Vescovi, da Prelati e Abati di ordini religiosi e da una folla di fedeli, nella sua omelia, illustrò il passo della Sacra Scrittura: «Posuit super caput Eius coronam de lapide pretioso» (Posò sopra il suo capo una corona di pietre preziose).”

San Pio X e la Bibbia (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Non era quella la prima volta, Giuseppe Sarto era già venuto in occasione di un altro pellegrinaggio, quello indetto dal clero veneto alla Madonna di monte Berico nel novembre del 1879, al quale Mons. Sarto, Vicario capitolare di Treviso, non solo partecipò, ma parlò anche e con tanta perizia, che uno dei Padri Serviti, che reggevano il Santuario, esclamò: «Mons. Sarto non muore nel suo letto a Treviso». Fu questa una felice profezia. Divenuto Papa, conservò nel suo cuore il ricordo di tali incontri e lo dimostrò concedendo a quel santuario privilegi particolari e doni di eccezionale portata e valore.” (Ginesta Fassina Favero, Centenario dell’incoronazione della madonna di Monte Berico, in “IGNIS ARDENS- S. Pio X e la sua terra”, 46 (2000), n. 4, pp. 14-15; per la cronaca dell’epoca cfr. Numero straordinario della rivista "L'Addolorata", fasc. 16 – 17, Firenze, 7 settembre 1900, pp. 241- 272).

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Ferdinando Rodolfi

 

Accanto a quest’avvenimento solenne il papa fu un preciso punto di riferimento a Vicenza nella questione del modernismo per molto clero, che aveva nella diocesi i fratelli Scotton, presbiteri a Breganze (VI), i più valenti e anche discussi accusatori delle istanze propugnate dalla visione che il papa aveva con precisione e chiarezza condannato nell’enciclica Pascendi dominci gregis dell’8 settembre 1907. Sarà sempre papa Sarto a nominare nel 1911 a vescovo di Vicenza, Ferdinando Rodolfi, che resse la diocesi sino al 1943 con grande capacità, pacificandola con mano ferma anche su indicazione del papa stesso che lo aveva tranquillizzato al momento della nomina, dicendogli che con la diocesi della Madonna di Monte Berico, gli faceva un dono d’eccezione, gli affidava una “diocesi premio” (G.B. Zilio, Ferdinando Rodolfi, vescovo di Vicenza, Vicenza, Tip. S. Giuseppe-G. Rumor, 1959, p.6).

Il pontificato di Pio X è importante per la promozione degli studi sulla Sacra Scrittura, seguendo quanto già compiuto da papa, molto devoto alla Madonna di monte Berico, Leone XIII (Gioacchino Pecci 1878-1903), che il 18 novembre 1893 aveva pubblicato l’enciclica Providentissimus Deus definita da Pio XII nella lettera del 1943 Divino affilante spiritu “la Magna Charta degli studi biblici”, dove affermava la divina ispirazione della Scrittura e la necessità della sua predicazione. In questa lettera il papa già notava come fossero circolanti le prospettive che saranno dette “moderniste”. Precisa, infatti: “Ora la lotta è con i razionalisti, i quali, quasi figli ed eredi dei primi, basandosi parimenti sul proprio giudizio, ripudiano nel modo più assoluto persino questi stessi elementi della fede cristiana ricevuti dal padri. Essi, infatti, negano del tutto sia la divina rivelazione, come l'ispirazione e la sacra Scrittura, e vanno dicendo che altro non sono se non artifici e invenzioni degli uomini, che non contengono vere narrazioni di cose realmente accadute, ma inutili favole o storie menzognere; così non abbiamo in esse vaticini od oracoli, ma soltanto predizioni fatte dopo gli eventi o presagi di intuito naturale; non presentano veri e propri miracoli e manifestazioni della potenza divina, ma si tratta o di fatti meravigliosi, mai però superiori alle forze della natura, o di magie e miti. I vangeli poi e gli scritti apostolici sono certamente, dicono. da attribuirsi ad altri autori.”

A siffatti errori, il papa cercò di porre rimedio e lo fece con precise indicazione per gli studi, lingue orientali, storia e scienze, precisando:” Nessuna vera contraddizione potrà interporsi tra il teologo e lo studioso delle scienze naturali, finché l'uno e l'altro si manterranno nel propri confini, guardandosi bene, secondo il monito di sant'Agostino di "non asserire nulla temerariamente, né di presentare una cosa certa come incerta". Se poi vi fosse qualche dissenso, lo stesso santo dà sommariamente le regole del come debba comportarsi in tali casi il teologo: "Tutto ciò che i fisici, riguardo alla natura delle cose, potranno dimostrare con documenti certi, è nostro compito provare non essere nemmeno contrario alle nostre Lettere; ciò che poi presentassero nei loro scritti di contrario alle nostre Lettere e cioè contrario alla fede cattolica, o dimostriamo con qualche argomento essere falso ciò che asseriscono o crediamolo falso senza alcuna esitazione.”

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 Leone XIII

 

Nel 1902 Leone XIII istituì la Pontificia Commissione Biblica con il compito di assistere ed aiutare gli studiosi e anche di avvertire contro quella tendenza razionalista, che forte degli sviluppi delle scienze in particolare di quelle storiche e sociali, tendeva a valutare la Scrittura solo in quegli ambiti. Si intravedevano già i risultati della prospettiva “modernista” e ad essi pose preciso rimedio proprio Pio X fin dall’inizio del pontificato con lettera Scripturae sanctae del 23 febbraio 1904, successivamente con l’enciclica Pascendi, che riprendeva le 65 proposizioni del Decreto Lamentabili sane exitu del Sant’Uffizio, dove ben avvertiva circa gli errori e le prospettive negative per la chiesa dei modernisti e successivamente con la fondazione con la lettera apostolica Vinea electa il 7 maggio 1909 del Pontificio Istituto Biblico. È questa un’istituzione universitaria sede di alti studi con il compito di promuovere il più efficacemente possibile la dottrina biblica e tutti gli studi connessi secondo lo spirito della chiesa cattolica. Fin dalla fondazione esso fu affidato alla Compagnia di Gesù e il Padre L. Fonck, professore di teologia a Innsbruck ne fu l’organizzatore e il primo rettore (cfr. Der Kampf um die Wahrheit der H. Schrift seit 25 Jahren; Beiträge zur Geschichte und Kritik der modernen Exegese, Innsbruck, F. Rauch (Karl Pustet), 1905).

 L’istituto ebbe ed ha il compito di “difendere, promulgare e promuovere la sana dottrina dei Libri sacri, conforme in tutto alle norme poste, o ancora da porre, dalla santa sede apostolica, contro le opinioni false, erronee, temerarie ed eretiche, soprattutto le più recenti.”

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Cattedra di Massimiano (? 498-Ravenna 556)

 

La necessità di approfondire i contenuti della Sacra Scrittura non iniziò alla fine del XIX secolo. Lo stesso Gesù Cristo all’età di 12 anni era al tempio di Gerusalemme; Maria e Giuseppe lo ritrovarono mentre “seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte” (Luca, 2, 46-47). Allo studio della Scrittura, sempre considerata come studio sacro e fonte di fede per il popolo ebraico, si aggiunse il Nuovo testamento, che, nei secoli fu precisata nei libri canonici, ossia quelli ufficiali, giusto il decreto del Santo Concilio di Trento,Sessione IV, 8 aprile 1546.

La Sacra scrittura, o come fu chiamata anche a partire dal IV secolo la Bibbia fu prima di tutto venerata, era posta su una cattedra speciale (cfr. quella di Massimiano a Ravenna), pregata, studiata e il rispetto era profondissimo, dato che è parola ispirata da Dio. Non è nemmeno possibile immaginare quanti si siano accostati alla Sacra Scrittura e l’abbiano eletta a via della loro vita, anche quando essa fu illustrata in affreschi per consentire a tutti di conoscerla. Gli studiosi fin dai primi secoli furono moltissimi. Basti leggere anche solo l’indice della raccolta della Patristica latina, edita dal presbitero francese Jacques Paul Migne, bibliografo francese (1800-1875).

La lettura dei testi sacri, volti dapprima dall’aramaico al greco e poi in latino da san Gerolamo, (la Vulgata) era condotta tenendo presente i cinque criteri fondamentali, come ricorda San Tommaso d’Aquino, ossia lo storico o letterale, l'allegorico, il tropologico o morale, e l'anagogico (cose terrene sono considerate come simbolo delle cose celesti) e quello parabolico (senso generato dalle parabole. (cfr. S. Tommaso d’Aquino, Summae theologiae, I, q. 1, art.10). L’interpretazione ufficiale spettava al Magistero (papa e concili) il quale poteva anche dichiarare non conforme alla Bibbia certe interpretazioni, che erano bollate come “eresie”. Un’unanimità nell’interpretazione è stata ed è considerata fondamentale per l’unità e la pace della Chiesa, come richiedeva il grande Erasmo da Rotterdam, che pubblicò la versione “ripulita” dalle incrostazioni storiche, del testo sacro.

Lutero, il monaco agostiniano che tradusse nuovamente, ne esistevano già sette, in modo completo la Bibbia in tedesco, costruendo quasi la lingua di quel popolo, sostenne che l’interpretazione della Scrittura è libera e ogni fedele si rapporta a Dio tramite essa. Non era una novità, riprendeva tesi già sostenute, ad esempio dal boemo Jan Hus (1371 circa – Costanza, 6 luglio 1415), dichiarato eretico dal Concilio di Costanza. Quello che Lutero aveva inteso era che non ci dovesse essere più un magistero per indicare al fedele la via della fede. L’uomo, predestinato, non costruiva la sua salvezza con una chiesa, ma nella sua individualità, coscienza, poteva seguire o no quanto la Bibbia prescriveva. Questa prospettiva è stata seguita da tutte le Chiese riformate ed è alla base anche di numerose sètte che si richiamano alla figura di Gesù Cristo.

L’opposizione al cristianesimo, in particolare alla Chiesa cattolica, nata in particolare con il libertinismo seicentesco, con l’illuminismo, il positivismo e le prospettive del socialismo utopistico prima e del comunismo marxiano e marxista poi, cercheranno di minare soprattutto il valore di parola “ispirata” della Sacra scrittura, che non dovrà più essere considerata come sacra dottrina e oggetto di scienza. Esiste, sosterranno gli appartenente a queste correnti di pensiero, un’unica scienza ed è quella che ha la sua base solo nello studio della natura (fisica e umana) e dei fatti rilevabili. Questa direzione della scienza, cui si aggiunsero le scienze storiche, quelle sociali e quelle psicologiche, usciva dalla classica distinzione di scienze naturali e di scienza prima, la metafisica, che aveva avuto origine con Aristotele, che considerava tre discipline le discipline di questa scienza: matematica, fisica e teologia. La nuova visione fu adottata da diversi studiosi e applicata anche allo studio della Sacra scrittura. Si negò la scienza della metafisica e non nei termini di Immanuel Kant, che della lettura della Bibbia si avvalse sempre durante la sua vita (cfr. il mio Kant e le note personali alla sua Bibbia, " Studia Patavina" 27 (1980), pp. 141-155), ma in quelli di una negazione non del modo di conoscere della filosofia prima, ma degli oggetti di questa. L’ateismo che era ben preciso nella cultura illuministica, fu da quella positivista e marxista accolto e propugnato. In particolare L. Feuerbach /(1804-1872) con lo scritto L’essenza del cristianesimo, che sosteneva essere tutta la Scrittura e i dogmi frutto solo umano, è alla base di tutta l’impostazione del comunismo. Lo scritto di F. Engels (1820-1895) L’origine del cristianesimo, dopo aver sostenuto il carattere rivoluzionario delle origini delle comunità cristiane, punterà il dito verso la loro istituzionalizzazione e il loro diventare, dopo Costantino Magno, instrumentum regni e quindi per questo motivo da abbattere come il capitalismo “solo con la violenza” (cfr. Manifesto del partito comunista, tr. it. P. Togliatti, Roma, Editori Riuniti, 1969, p. 113).

Le scienze naturali, storiche e sociali, furono considerate le uniche scienze e il progresso scientifico l’unico metro per valutare la bontà delle scienze, chiamate a dare, loro sole, le autentiche risposte, che dovevano essere considerate le assolute, proponendo così un riduttivismo della conoscenza dell’uomo stesso e del mondo e aprendo allo scientismo e al relativismo morale. Quest’ultimo fondato sui nuovi orizzonti delle scienze psicologiche, sulla libertà di coscienza, propugnata già dalla Riforma luterana e da pensatori come John Locke. Questa è la possibilità che ogni i singolo possa scegliere i “valori” di riferimento e decidere se e quando seguirli, senza nessun confronto, ma lasciando semmai alle sole leggi dello Stato il coordinamento dei vari valori scelti da ogni individuo.

Queste prospettive culturali, scientifiche e soprattutto politiche diedero origine ad un nuovo modo di accostarsi all’approfondimento della Sacra Scrittura, che divenne però solo “Scrittura”, perché i suoi seguaci moderni finirono con il negare l’ispirazione divina e ridurla a sola produzione storica e ad indicazione morale. Accanto alla svalutazione della Sacra Scrittura molti studiosi sostennero l’assoluta libertà di coscienza nella visione religiosa. Non vi era più una religione vera, ma tutte lo erano, e semmai proprio le religioni dovevano non con le loro istituzioni essere e abbattute.

Questa prospettiva dei nemici dichiarati delle religioni e segnatamente della chiesa cattolica, fu con chiarezza denunciata e condannata dai papi, a partire da Gregorio XVI che condannò il liberalismo cattolico del presbitero francese Hugues-Félicité Robert de Lamennais (1782 – 1854). I papi successivi presero posizione contro il liberalismo, il socialismo e anche le visioni di origine massonica e quelle che ritenevano unica la strada quella del razionalismo e del materialismo con la quale interpretavano tutta la realtà dell’uomo e della storia e propugnavano una visione solo razionalista e materialista dell’uomo, della storia.

Il Concilio vaticano I (cap.IV), svoltosi tra il 1869 il 1870, è stato l’unico ad esaminare la questione della relazione tra scienza e fede. Sostenne che esse sono distinte per oggetto, ma ambedue a beneficio dell’uomo e soprattutto le scienze un supporto per la fede, per meglio aiutarla a chiarire i suoi contenuti, come ben aveva già affermato san Tommaso d’Aquino (Summa Theologiae I, quaestio I, art. art.5).

Il problema però nacque allorché all’interneo stesso della Chiesa cattolica si manifestò l’esigenza di adottare le scienze storiche e sociali, unite a quelle naturali per interpretare la Scrittura. Queste direzioni di ricerca non furono ostacolate inizialmente dai papi che chiesero però “prudenza” ed “attenzione”. Gli esponenti di quello che sarà chiamato il modernismo(tra i principali gli italiani Salvatore Minocchi (1869–1943)(Romolo Murri (1870-1944), Ernesto Buonaiuti (1881-1946); l’irlandese George Tyrrell (1861-1909); gli inglesi Maude Petre (1863-1944) e Friedrich von Hügel (1852-1925); i francesi Alfred Loisy (1857- 1940) e Lucien Laberthonnière (1860-1932) Maurice Blondel (1861 –1949), però andarono oltre e tanto oltre che finirono con il negare la natura divina di Gesù Cristo. Fu a questo punto che Pio X decise di intervenire contro costoro, definiti “modernisti”, non già contrastando le scienze nella ricerca biblica e teologica, ma l’esito cui nella riflessione di questi “innovatori” si giungeva.

L’enciclica Pascendi dominaci gregis non nasce per contrastare le scienze e il loro progresso -lo dichiara lo stesso pontefice - ma soprattutto per una lettura che riduce la Sacra Scrittura a solo fatto umano e alla negazione della divinità di Cristo. Certamente il papa aveva una qualche ragione per intervenire contro questo movimento che non era unitario, anche se tentò di esserlo e che coinvolgeva soprattutto pensatori francesi, irlandesi e italiani, tra cui il vicentino Antonio Fogazzaro (1842- 1911) che però mai si oppose alle indicazioni della Chiesa nemmeno dopo la messa all’Indice dei libri proibiti dei romanzo Il Santo e Leila, considerati di contenuto modernista.

 

 L’enciclica Pascendi Dominicis gregis

 “Il credente prova in se stesso un intimo bisogno di armonizzare siffattamente la fede colla scienza”

(San Pio X, Pascendi Dominici gregis)

Questa enciclica è ancor oggi è additata, anche da qualche cattolico, come la lettera che più di ogni altro documento del Magistero e della Chiesa cattolica si scaglia contro la scienza, professando una visione “oscurantista”, antiprogressista e di cui ci sarebbe pure da vergognarsi di fronte al mondo della ricerca moderna. Tanto che ci si stupisce, sempre da parte degli irriducibili detrattori, che il papa san Giovanni Paolo II non l’abbia compresa tra le colpe della chiesa, di cui chiedere perdono, nell’anno giubilare 2000. Non sono mancati poi esponenti della Chiesa che hanno ben diffuso l’idea di una purificazione della memoria nei confronti di alcuni esponenti del modernismo, colpiti dall’enciclica, dimenticandosi che alcuni, in primo luogo Antonio Fogazzaro, si rimisero all’autorità della Chiesa senza contestazioni palesi, mentre altri si aggregarono addirittura ai nemici della Chiesa stessa e furono, come ben diceva Lenin, utilizzati ad uso e consumo proprio contro la Chiesa cattolica stessa.

Lo scritto di Pio X non mostra certo avversione per la scienza, e lo dichiara in modo netto verso la conclusione della lettera stessa con queste parole:”

“I nemici della Chiesa, - di questa enciclica- certamente ne abuseranno per ribadire la vecchia accusa, per cui siamo fatti passare come avversi alla scienza ed al progresso della civiltà. A tali accuse, che trovano smentita in ogni pagina della storia della Chiesa, alfine di opporre alcun che di nuovo, è Nostro consiglio di accordare ogni favore e protezione ad un nuovo Istituto, da cui, coll'aiuto di quanti fra i cattolici sono più insigni per fama di sapienza, ogni fatta di scienza e di erudizione, sotto la guida ed il magistero della cattolica verità, sia promossa. Assecondi Iddio i Nostri disegni e Ci prestino aiuto quanti di vero amore amano la Chiesa di Gesù Cristo.”

“Ci spinge anzitutto il fatto, che i fautori dell'errore –modernista - già non sono ormai da ricercarsi fra i nemici dichiarati; ma, ciò che dà somma pena e timore, si celano nel seno stesso della Chiesa, tanto più perniciosi quanto meno sono in vista. Alludiamo, o Venerabili Fratelli, a molti del laicato cattolico e, ciò ch'è più deplorevole, a non pochi dello stesso ceto sacerdotale, i quali, sotto finta di amore per la Chiesa, scevri d'ogni solido presidio di filosofico e teologico sapere, tutti anzi penetrati delle velenose dottrine dei nemici della Chiesa, si dànno, senza ritegno di sorta, per riformatori della Chiesa medesima; e, fatta audacemente schiera, si gittano su quanto vi ha di più santo nell'opera di Cristo, non risparmiando la persona stessa del Redentore divino, che, con ardimento sacrilego, rimpiccioliscono fino alla condizione di un puro e semplice uomo”.

 San Pio X e la Bibbia (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)

 

La lettura “scientifica” della Bibbia finisce con il negare ad essa di essere divinamente ispirata, di essere fonte di verità perenne e quindi di bene. Il fondatore del cristianesimo non “Dio”, ma un uomo santo, un benefattore dell’umanità con i suoi consigli morali che ogni singolo può o non accogliere senza mediazione della Chiesa.

Tutto ciò che riguarda Gesù Cristo, la Scrittura, il Magistero e la Tradizione sono oggetto di analisi storica e finiscono con l’essere ridotti ad oggetti d’indagine, ma non di fede, che nasce più da un bisogno psicologico che non da una rivelazione divina:” il sentimento religioso, che per vitale immanenza si sprigiona dai nascondigli della subcoscienza, è il germe di tutta la religione, ed è insieme la ragione di quanto fu o sarà per essere in qualsivoglia religione.”

La Scrittura, avverte Pio X, è soprattutto ridotta alle sole analisi storiche. Infatti, negano: “A dir più breve e più chiaro vogliono che debba ammettersi l’evoluzione vitale dei Libri sacri, nata dall’evoluzione della fede e ad essa corrispondente. Aggiungono di più, che le tracce di cotale evoluzione sono tanto manifeste, da potersene quasi scrivere una storia. La scrivono anzi questa storia, e con tanta sicurezza che si sarebbe tentati a creder aver essi visto coi propri occhi i singoli scrittori che di secolo in secolo stesero la mano all'ampliazione delle sante Scritture. A conferma di che, chiamano in aiuto la critica che dicono testuale; e si adoprano di persuadere che questo o quel fatto, questo o quel discorso non si trovi al suo posto e recano altre ragioni del medesimo stampo. Direbbesi per verità che si sieno prestabiliti certi quasi-tipi di narrazioni o parlate, che servano di criterio certissimo per giudicare ciò che stia al suo posto e ciò che sia fuor di luogo. Con siffatto metodo stimi chi può come costoro debbano essere capaci di giudicare. Eppure, chi li ascolti ad oracolare dei loro studi sulle Scritture, pei quali han potuto scoprirvi si gran numero di incongruenze, è spinto a credere che niun uomo prima di loro abbia sfogliato quei libri, né che li abbia ricercati per ogni verso una quasi infinita schiera di Dottori, per ingegno, per scienza, per santità di vita più di loro. I quali Dottori sapientissimi, tanto fu lungi che trovasser nulla da riprendere nei Libri santi, che anzi quanto più ringraziavano Iddio, che si fosse così degnato di parlare cogli uomini. Ma purtroppo i Dottori nostri non attesero allo studio delle Scritture con quei mezzi, onde son forniti i modernisti! Cioè non ebbero a maestra e condottiera una filosofia che trae principio dalla negazione di Dio, né fecero a se stessi norma di giudicare. Crediamo adunque che sia ormai posto in luce il metodo storico dei modernisti. Precede il filosofo; segue lo storico; tengon dietro per ordine la critica interna e la testuale. E poiché la prima causa questo ha di proprio che comunica la sua virtù alle seconde, è evidente che siffatta critica non è una critica qualsiasi, ma una critica agnostica, immanentista, evoluzionista; e perciò chi la professa o ne fa uso, professa gli errori in essa racchiusi e si pone in contraddizione colla dottrina cattolica”.

Una chiara analisi quella di Pio X; egli, temeva l’essere il modernismo una prospettiva accattivante che attraverso l’analisi storica della Scrittura, determinava la negazione di tutto il Cristianesimo. Così promosse una più severa disciplina e additò anche ai suoi successori e a tutti i cattolici, che ben lo compresero come e perché il patrimonio della fede debba essere salvaguardato e che le scienze non possono contraddire la verità; è necessario trovare sempre una precisa armonia.

Così la prospettiva riduttiva, solo analisi storica o tutt’al più morale che i modernisti fanno della Bibbia e soprattutto come, attraverso quest’analisi, finiscono con il negare la divinità di Gesù Cristo, ci richiede, sulla scia di quanto affermato san Pio X che di fronte al testo sacro non si cerchi solo quanto di accertabile dalle scienze naturali, storiche e sociali, ma, riportando le parole di san Pio V le accoglie: ” quanto alle discipline profane basti richiamare quel che il Nostro Predecessore disse con molta sapienza (Allocuz. 7 marzo 1580): «Adoperatevi strenuamente nello studio delle cose naturali: nel qual genere gl'ingegnosi ritrovati e gli utili ardimenti dei nostri tempi, come di ragione sono ammirati dai presenti, cosi dai posteri avranno perpetua lode ed encomio». Questo però senza danno degli studi sacri.”

San Pio X e la Bibbia (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)

 

San Giovanni Paolo II

 

San Giovanni Paolo II mostrò apprezzamento per quanto aveva sostenuto san Pio X e nella Fides et ratio afferma:” Anche nel nostro secolo, il Magistero è ritornato più volte sull'argomento mettendo in guardia contro la tentazione razionalistica. E su questo scenario che si devono collocare gli interventi del Papa san Pio X, il quale rilevava come alla base del modernismo vi fossero asserti filosofici di indirizzo fenomenista, agnostico e immanentista. Non si può neppure dimenticare l'importanza che ebbe il rifiuto cattolico della filosofia marxista e del comunismo ateo”.

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Paolo VI

Anche nelle scienze naturali il cattolico deve saper armonizzare le scienze e la fede; così si esprime Paolo VI nell’enciclica Humanae vitae:” Così gli uomini di scienza, e in modo speciale gli scienziati cattolici, contribuiranno a dimostrare con i fatti che, come la chiesa insegna, "non vi può essere vera contraddizione tra le leggi divine che reggono la trasmissione della vita e quelle che favoriscono un autentico amore coniugale".

Tanti altri riferimenti potremo trovare nel Magistero (cfr. Divino afflante spiritu di Pio XII) e nella Tradizione, quando affermano la centralità della Sacra Scrittura e riferiscono dell’importanza delle scienze per la stessa ricerca della fede, ma si deve anche sempre ricordare con san Pio X che la Bibbia è la fonte, divinamente ispirata, della fede. Essa è fondamentale perché non è un “oggetto” tra i tanti che è analizzato dalle scienze, essa è per cristiani è prima di tutto fede nella Promessa e nella rivelazione di Dio che salva gli uomini. Pertanto accostarsi alla Sacra Scrittura è venerazione e fonte di preghiera mai occasionale. Raccomanda ai sacerdoti Pio XII nell’enciclica sopra ricordata: “.I sacerdoti pertanto, che sono tenuti per ufficio a procurare l'eterna salute dei fedeli, dopo aver essi medesimi scandagliato con diligente studio le sacre pagine e dopo averle fatte loro sostanza con la preghiera e la meditazione, dispensino col dovuto zelo nelle prediche, nelle omelie e nelle esortazioni, le celesti ricchezze della divina parola; confermino la dottrina cristiana con sentenza dei Sacri Libri, e la illustrino con acconci esempi tratti dalla storia sacra e specialmente dal Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo; e tutto - questo schivando con attenta cura quei sensi accomodatisi, escogitati da privata fantasia e stiracchiati da molto lontano, sensi che sono un abuso, anziché l'uso della divina parola - lo espongano con tale facondia e chiarezza, che i fedeli non solo si sentano mossi e infervorati a migliorare la propria vita, ma anche concepiscano una somma venerazione per la Sacra Scrittura.”

La Sacra scrittura non è certo la fonte di originali e singolari interpretazioni, frutto più di momenti alla moda, che non di autentica lettura che trova pieno significato nella comunità dei fedeli, la chiesa e non nei piccoli mondi individuali, che talora ricercano l’effetto, come quando si sostiene che l’Eucaristica è un atto comunitario, cosa che palesemente contraddice quanto riporta il Vangelo.

È importante ripensare quanto ci ha detto san Pio X a proposito del “modernismo”, i centenari servono a ricordare e riproporre, soprattutto là dove possono assumere un preciso significato su quanto di importante ci ha lasciato un pontefice e un santo in eredità.

Così ripensare oggi il modernismo significa saper cogliere il valore della Bibbia, come fece l’Azione cattolica che rifiutò d’essere collaterale al socialismo come fece invece Romolo Murri. I cristiani, i cattolici non devono aver paura di quanto le scienze ci aiutano a comprendere della fede cristiana e della sua fonte, la Sacra Scrittura, perché coniugare fede e scienze significa avere una visione globale e armonica della persona e del creato.



nr. 20 anno XIX del 24 maggio 2014

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