NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Conoscere ed amare il passato

La sapienza contadina e la cultura del cibo: un nuovo libro di Galliano Rosset

di Italo Francesco Baldo

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Conoscere ed amare il passato

Lo studioso tedesco J.G. Droysen (1808-1884), dopo il trattato di J. Bodin (1529-1596) Methodus ad facilem historiarum cognitionem, è considerato con il suo Grundrisse der Historik colui che ha fornito una precisa classificazione del “materiale” che ci giunge dalle epoche passate. Esso è suddiviso in tre gruppi. Il primo gli “ avanzi” ovvero ciò che rimane del passato ma non è stato fatto dagli uomini per tramandare il ricordo di sé, ad esempio un o specchio, un vaso, un vestito, una ciotola per cibo, un carro, una mesa, una sella o un ferro da cavallo. Il secondo le “ fonti” è costituto da ciò che gli uomini hanno fatto per tramandare ai posteri il ricordo di sé; ad esempio la raccolta di quanto compiuto in appositi “annali” o il rendiconto di scoperte o viaggi, celebre quello di Antonio Pigafetta e del suo viaggio intorno al mondo. Infine vi sono i “monumenti” che assommano le caratteristiche degli avanzi e delle fonti, tali sono gli archi trionfali le colonne celebrative; essi rispondono al bisogno immediato di ornare la città, ma anche di tramandare qualche cosa. Il gruppo più consistente è certamente il primo, ma è stato anche sino a tempi recenti, il più trascurato. Infatti, quando si parla di storia, la s’intende spesso solo come narrazione di avvenimenti politici, diplomatici, di guerre e poco di quanto quotidianamente l’uomo vive. Proprio la quotidianità, che è la maggior parte del tempo che vive l’uomo, è stata valorizzata dalla scuola francese di J. Le Goff (1924-2014). Lo storico indicava che per conoscere la storia dell’uomo, in particolare di quello medioevale bisognasse avere ben chiari tutti gli aspetti della vita di quell’epoca. Nel suo saggio del 1967 La civilisation de l'Occident médiéval (trad. it., Sansoni, Firenze 1969), lo storico francese ritiene che per ricostruire l’aspetto della vita medioevale sia necessario collegare tutti gli aspetti, da quello artistico e intellettuale in genere al contesto economico, sociale, biologico, etnografico ecc. Utilizzando tutti gli strumenti e tutte le fonti, compresi gli “avanzi”. Si tratta prima di tutto di sapere che cosa era quel periodo, non di valutarlo secondo criteri aprioristici, in genere ideologici, come ad esempio fece l’illuminismo nei confronti proprio del medioevo, giudicato “ epoca buia”, che è divenuto uno stereotipo dal quale anche qualche studioso e romanziere, come U. Eco ne Il nome della rosa, che ambienta la propria narrazione in quel periodo, fatica a staccarsi. Con il testo L'Uomo medievale, a cura di Jacques Le Goff, Collana Storia e Società, Laterza, Roma-Bari 1988-1993, lo storico e i suoi collaboratori ci hanno indicato una nuova strada. È sufficiente scorrere il titolo di qualche opera dello studioso per rendersene conto. Ne citiamo qualcuna: La borsa e la vita. Dall'usuraio al banchiere, trad. di Sabina Addamiano, Laterza, Roma-Bari 1987. Per una storia delle malattie, a cura di Jean-Charles Sournia e Jacques Le Goff, Collana Storia e Società, Dedalo, Bari 1986-1993; La cucina e la tavola, presentazione di e con Jean Ferniot, Dedalo, Bari 1987.

Sulla sua scia tante altre opere; tra queste credo si possa ben collocare l’ultima fatica di Galliano Rosset: Sapienza contadina e cultura del cibo nelle tradizioni venete, Presentazione di R. Ciambetti e F. Pretto, Vicenza., Editrice Veneta, 2014 che è continuazione del testo I lavori e le stagioni nel veneto di inizio ‘900, Vicenza, Editrice Veneta, 2012.

Lo studioso, artista vicentino, è riferimento per molte attività culturali a Monticello Conte Otto, tra cui il premio nazionale Giacomo Zanella, di cui ha curato l’illustrazione di tutti i sonetti dell’Astichello (Vicenza, Editrice Veneta, 2013), ha inteso parlare ed illustrare la realtà quotidiana del contadino veneto nella sua lotta contro la fame, la povertà e, con arguzia, avverte Roberto Ciambetti: Rosset: ” ci dimostra come essa, pur senza saperlo, si basasse su quella che oggi sarebbe chiamata nel linguaggio dell’Expo, e non solo, sostenibilità nella filiera della produzione di cibo, nonché best practices e innovazioni nel settore dell’alimentazione, salute, benessere, sostenibilità e tecnologia”.

Conoscere ed amare il passato (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Infatti, spesso riteniamo che solo la nostra epoca sappia avvalersi delle scoperte scientifiche e tecnologiche e che tutto il passato, solito pregiudizio, non conoscesse e non apprezzasse quanto le invenzioni potevano apportare di vantaggio. Basti pensare all’utilizzo, a partire dal IX secolo, dell’aratro o versoio o della rotazione dei campi o della gramola meccanica. Certo le innovazioni entravano lentamente, ma se osserviamo, senza malizia, anche oggi la tecnologia non entra così velocemente in tutte le case.

Rosset ci porta con i suoi testi e i suoi disegni in un’epoca non così lontana, come si crede. Non ci separano che una manciata di anni, forse una trentina, dagli usi e costumi descritti della sapienza contadina e dalla sua tradizione, oggi riscoperta e spesso anche un po’ inventata ad uso e consumo di sagre e di momenti di comunità bene mangiante.

Con questo lavoro di Rosset invece impariamo a valorizzare il passato “un patrimonio prezioso da conservare fino a che si è in tempo e anche da divulgare per consentire alle nuove generazioni di conoscere fatica, saggezza e cultura di una società che per secoli ha affinato l’arte di vivere, a volte di sopravvivere, in situazioni spesso difficili e critiche.” Ricorda tutto ciò Francesco Pretto, il Presidente del Consorzio Pro Loco Astico Brenta.

In un ideale percorso Galliano Rosset c’illustra e ci dettaglia con puntuali annotazioni esplicative diversi ambiti del mondo agricolo- Il mondo degli animali e prima di tutto “Il bue” la stalla e gli attrezzi che servivano per il suo prezioso lavoro. Molti non sono quasi più nemmeno nella memoria come “le dòncole”. Ricorda Rosset:” straordinario freno a corda che collega le corna dei buoi al timone in traino: Così in discesa il bue usa la forza del suo collo per frenare la spinta in avanti del carro con il suo peso di tonnellate.” Non solo il bue era di grand’utilità, ma anche l’asino, il più prezioso cavallo e le mucche che fornivano alle famiglia il latte, uno dei principali alimenti insieme ai suoi derivati.

Si passa poi al fondamentale cibo: il pane, che era fatto in casa. La cottura era compiuta in un forno di “contrà”, dopo averlo magari “gramolato” ossia lavorato con uno speciale attrezzo, appunto la gramola che aiutava a rendere migliore l’impasto che poi era lasciato a levitare, indi suddiviso in varie forme, bene illustrate nel volume. Ma non di solo pane e latte vive la civiltà contadina, occupavano un posto rilevante “galline, oche e arne”. Queste erano allevate nel “punari” che serviva a salvaguardare gli animali anche dai loro nemici, volpi, donnole e faine, ma non da qualche lesta mano umana. Infine l’orto, ultima risorsa del mondo contadino illustrata da Rosset. Questa poteva anche comprendere, se abbastanza grande, alcuni alberi da frutta, mele e pere, ciliegie, fichi, magari nespole e soprattutto verdure varie. Era la risorsa delle donne, che lo coltivavano con amore e ne vendevano una parte, ricavando qualche denaro per la famiglia. Essa era il centro e la preoccupazione di tutta la società, dove si realizzava la vita di ogni persona, tanto che la società più vasta, era detta “la famiglia umana” e soprattutto era cristiana con semplicità e convinzione.

Così Rosset ci fa compiere un simpatico ed istruttivo viaggio nel mondo che fu, ma un mondo che se lottava per il cibo, non si riduceva ad essere “ciò che mangiava” ma aveva saggezza dei doveri e dei valori più importanti. Conoscere quel mondo, le sue quotidiane fatiche, ci spinge a saperne di più e qui attendiamo nuove produzioni da parte di Rosset, magari una recensione illustrata dei tanti capitelli votivi sparsi nelle campagne vicentine. Un augurio, per noi la riflessione che c’invita a sapere la storia quotidiana che è, in realtà, l’unica che quasi tutti vivono.

 

nr. 22 anno XIX del 7 giugno 2014



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