NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Giacomo Zanella per una riforma dello Stato Italiano

di Italo Francesco Baldo

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Giacomo Zanella per una riforma dello Stato Italia

Avvertiva Giacomo Zanella nel suo intervento all’Istituto veneto di scienze, lettere ed Arti nel 1870, Della morale nella istruzione secondaria (ed. recente, Editrice Veneta, 2013): ”

In Italia le piaghe si conoscono; manca la mano che vi applichi il farmaco o il ferro. Intanto che cosa veggiamo intorno a noi? Un agitarsi d’idee che si succedono e si distruggono a vicenda; molta attività d’intelletto, ma senza scorta di principi; più che progresso, un rovesciamento dell’antico; disprezzo del passato, noncuranza dell’avvenire, frenesia di godere il presente: la scienza coltivata per l’utile, e chi la professa non tanto bramoso del vero che dell’abbagliante: strane teorie appena allo stato d’ipotesi proclamate dalla cattedra come certezze, perché fruttano rinomanza d’ingegno indipendente: giornali che lusingano le popolari passioni, e cercano, se non promuovono lo scandalo per avere più compratori: l’arte ridotta a copiare la natura, quando non deve chiederle che la forma; fatta un prolungamento di sensazioni piacevoli, quando non dovrebbe essere che un’elevazione dello spirito; la religione tenuta un vecchiume o una ipocrisia; la patria stessa divenuta un luogo retorico per accattarsi il plauso delle plebi; e maledetta in silenzio, se non porga i mezzi a saziare brutali appetiti”.

Viviamo in un’aria malsana e certamente si teme che le nuove generazioni saranno forse peggiori di noi.

Parole forti, allora “non alla moda” quasi retrograde direbbero gli intellettuali seduti sempre e solo sul presente, M. de Montaigne avrebbe detto sulla parte B del corpo umano, ma autentiche di un uomo attento al bene comune e all’educazione (cfr. Zanella educatore, Vicenza, Editrice Veneta, 2013, che sempre nel corso della sua vita ebbe cura della formazione di base, quella dei principi, che voleva maestri, docenti con grande cultura, ma soprattutto grande umanità e dedizione alla formazione educativa. Il liberalismo cattolico di Zanella emerge chiaro in queste sue parole, non disdegna certo le scienze, lui che ne era anche attento, non disdegna l’artigianato e la tecnica, lui che scriveva del valore dell’industria e a coloro, come il cugino Alessandro Rossi, (cfr. le poesie Ad Alessandro Rossi senatore del Regno, L’industria ad Alessandro Rossi,Per il taglio dell’Istmo di Suez, Microscopio e telescopio e Milton e Galileo)

Quale è il male? Presto detto, lo statalismo di cui l’Italia fin dall’Unità di è impregnata, attraverso una visione centralista dello Stato, ma soprattutto una visione che ha finito con il sostenere che tutto debba dipendere dallo Stato. Non vi è, infatti, settore, che non dipenda dallo Stato, sempre e in ogni modo i cittadini debbono riferirsi allo Stato. Tale prospettiva si è accentuata nel corso dei decenni dapprima con la sinistra storica e la politica di G.Giolitti, primo ministro stimato da B. Croce, ma considerato anche da G. Salvemini il ministro del malaffare, perché portò all’ennesima potenza il trasformismo. Quella pratica dove i deputati e i senatori cambiano casacca anche con dazioni di denaro secondo la convenienza. In pratica si vendevano.

Lo Stato aveva anche subito nel 1893 lo scandalo della Banca Romana, presieduta dal senatore Bernardo Tanlongo ed il Cassiere Barone Lazzaroni (quando si dice la combinazione, avevano stampato più carta moneta di quella che la legge consentiva alla banca stessa. L’Istituto era male amministrato e foraggiava oscure personalità, giornalisti, faccendieri e altre squallide comparse minori. Per compensare il vuoto di cassa il disinvolto governatore Bernardo Tanlongo non aveva trovato di meglio che stampare biglietti falsi. Fu il grande e primo scandalo dell’Italia unita, che rafforzò ancor di più l’idea che lo Stato dovesse essere l’unico elemento portante della società e di tutti i suoi aspetti. Le vicende dei governi giolittiani, l’impresa di Libia, quando la Grande proletaria, così G. Pascoli, denominava la patria, si svegliò e soprattutto il primo conflitto mondiale non consentirono di portare a termine la indicazione di una Stato completamente centralizzato in ogni decisione. Ci pensò il fascismo, che fece della forza dello Stato in ogni settore la sua politica. Le ragione di ciò sono ben note e non vi furono certo grandi voci contrarie, né a destra, non era possibile, né a sinistra che lo statalismo era in crescita nell’Unione Sovietica di Stalin,il maestro dei comunisti italiani, forse con l’eccezione, tarda, di A. Gramsci.

Lo Stato guida e datore di leggi così fu concepito dal comunismo e dal fascismo (in rigoroso ordine cronologico,. Lo Stato è un assoluto, davanti al quale individui e gruppi sono il relativo. Individui e gruppi sono «pensabili» solo in quanto siano e si riconoscano, appagati, nello Stato. Ecco che lo Stato deve preoccuparsi e assumere in gestione ogni aspetto della vita sociale, dalla maternità, alla scuola, alle fabbriche, alle banche e avrebbe assunto anche la religione cattolica, in Italia, a suo uso e consumo se dall’interno della Chiesa, nonostante il Concordato, non vi fossero state fin dai primi anni serie opposizioni, tra cui quella di mons. F. Rodolfi, vescovo di Vicenza per non parlare di G. Montini che dal congresso della FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) a Trieste nel 1930 non avesse gettato le basi per un’avversione al fascismo stesso che avrebbe anche soppresso la monarchia se non avesse risposto ai suoi intenti politici. Lo Stato sopra tutto, il suddito gode di diritti perché lo Stato glieli assegna. In ogni momento della vita l’italiano è debitore dello Stato che, governato dalla ideologia del fascismo, porta il vantaggio di tutti. Una concezione totalitaria, che, guada caso, ha riscontro proprio nel fondatore di tutti i totalitarismi, quel K. Marx, che ebbe in V. U. Lenin il suo maggior realizzatore e in Stalin l’esecutore feroce da cui dipesero anche i comunismi internazionali fino alla caduta sonora del Muro di Berlino, di cui la sinistra italiana fatica ancora a credere che sia successo, vista il legame stretto con la visione caduta.

Giacomo Zanella per una riforma dello Stato Italia (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)La fine del fascismo, la richiesta di nuovi orizzonti della politica non aprirono però a una visione totalmente nuova, si proseguì, nonostante il Titolo V, modificato nel 2001, della Costituzione della Repubblica Italiana invitasse a considerare le autonomia locali, il decentramento amministrativo non politico, assegnando specifiche competenze a Regioni, province e Comuni. Lo Stato comunque dominava sovrano e certo non rispettò le autonomia pur dichiarate e sottoscritte, come fece per l’accordo internazionale tra Austria e Italia sulla questione del Sudtyrol, provocando il fenomeno del terrorismo negli anni ’60 del secolo scorso. La concezione statalista era perseguita anche da numerosi partiti, in primo luogo da quello comunista che, avendo come maestro Stalin, cercava, almeno ideologicamente, di preparare la giovane Repubblica a quella visione del mondo. Lo Stato continuò ad essere l’unico referente e lo statalismo continuò la sua vita, occupando sempre più i settori della vita dei cittadini italiani. Prime avvisaglie di un mondo che tendeva ad utilizzare lo Stato per i propri fini, si ebbero, finita la fase eroica della costruzione della Repubblica Italiana con una serie di scandali dove si approfittava l dello Stato per fini privatistici. Ricordiamo tra gli altri lo scandalo delle case popolari, dette case Fanfani, lo scandalo banane, quello della Italcasse e, apice, il caso Montesi che coinvolse in storie di alcool e droga anche dei politici. Sembrò che la nascita del primo centrosinistra potesse dare una svolta, non fu così, se seguiamo le vicende della nazionalizzazione dell’energia elettrica, che fece diventare la Montedison il centro di tanti intrallazzi fino alla tangentopoli del 1992, ma vi furono anche altri scandali piccolo e grandi che investivano Comuni, province, le Regioni nacquero solo negli anni Settanta e impiegarono un po’ per armonizzarsi al clima generale.

Giacomo Zanella per una riforma dello Stato Italia (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)In piena crisi petrolifera e quindi economica ecco tra le mille difficoltà, gli anni di piombo delle Brigate Rosse, dei Proletari in divisa, di Soccorso Rosso, di centinaia di movimenti che plaudivano ad una statalismo di origine sovietica o maoista, in altre parole stalinista. Accanto la grande indicazione di una via italiana al socialismo, che sarebbe stata indicata da Gramsci, ma di cui è ben difficile dare ragione teorica e pratica, se non quella di un avvicinamento al potere del Partito comunista con la Democrazia Cristiana., Su questo accordo, un po’ di sottobanco, ecco un nuovo scandalo: lo scandalo Lockheed, addirittura a livello internazionale con gravi casi di corruzione avvenuti in particolare nei Paesi Bassi, in Germania Ovest, in Giappone e in Italia. Per il nostro Stato si trattava letteralmente di “far fuori” i dorotei” della Democrazia cristiana con a capo il vicentino M. Rumor, che vedrà finire la propria importante carriera politica. La deputata E. Bonino per dirà: “ per voi rubare per il partito non è reato...il fine non giustifica i mezzi e che il furto rimane un furto, io non so quanti di questi soldi sono finiti nelle sezioni dei partiti e quanti nelle ville di Capri o di Anacapri, o nei panfili delle borghesie di Stato e regime..... Collega Moro, la corruzione non è solo il prendere realmente i soldi, è soprattutto la disponibilità a prenderli... Nell'alternativa se siamo governati da un branco di corrotti o da un branco d’inetti non vi è molta scelta”.

Intanto E. Berlinguer lavorava alla sua idea di rinnovamento per sostituire il Partito Socialista nel governo e da Madrid, affermò che lo scandalo Lockheed, era prova lampante della corruzione del centro. Questa può essere risolta solo con l'ingresso del PCI nel governo. È la strategia del compromesso storico per portare il paese fuori dalla decadenza, che aveva come sponda principale nella maggioranza, ormai incapace di governare stabilmente da sola, proprio Aldo Moro. Due anni dopo la strategia del segretario comunista che cercava di uscire dalla visione statalista sovietica, ormai in crisi, trovò nella morte di Moro, assassinato dalla Brigate Rosse, contrarie alla svolta berlingueriana, la sua fine.

Berlinguer pose nel 1981 in una intervista al direttore di “La repubblica” la questione morale al centro, ma non si è mai saputo di quale etica egli intendesse parlare, se non di regole, leggi, dello Stato, volte ad impedire nuovi scandali. In realtà era la lotta alla nuova politica, quella della DC e del PSI con Craxi. Le sue parole sono da rileggersi, perché aiutano a comprendere quale fosse il vero fine della sua visione politica: “I partiti non fanno più politica», dice Enrico Berlinguer. «I partiti hanno degenerato e questa è l'origine dei malanni d'Italia».

La passione è finita?

Per noi comunisti la passione non è finita. Ma per gli altri? Non voglio dar giudizi e mettere il piede in casa altrui, ma i fatti ci sono e sono sotto gli occhi di tutti. I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l'iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un "boss" e dei "sotto-boss". La carta geopolitica dei partiti è fatta di nomi e di luoghi. Per la DC: Bisaglia in Veneto, Gava in Campania, Lattanzio in Puglia, Andreotti nel Lazio, De Mita ad Avellino, Gaspari in Abruzzo, Forlani nelle Marche e così via. Ma per i socialisti, più o meno, è lo stesso e per i socialdemocratici peggio ancora...”

Unica salvezza il partito Comunista con la sua visione statalista e forse ancora un po’stalinista e le sue “diversità” rispetto a tutti gli altri, ovvero un’affermazione di aristocrazia proletaria della politica, là dove tutti gli altri sono incapaci e incapaci in ogni settore della Vita Repubblicana.

Giacomo Zanella per una riforma dello Stato Italia (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Ecco il medicamento e il ferro per il male dell’Italia. Così si espresse Berlinguer: “Non vogliamo seguire i modelli di socialismo che si sono finora realizzati, rifiutiamo una rigida e centralizzata pianificazione dell'economia, pensiamo che il mercato possa mantenere una funzione essenziale, che l'iniziativa individuale sia insostituibile, che l'impresa privata abbia un suo spazio e conservi un suo ruolo importante. Ma siamo convinti che tutte queste realtà, dentro le forme capitalistiche -e soprattutto, oggi, sotto la cappa di piombo del sistema imperniato sulla DC non funzionano più, e che quindi si possa e si debba discutere in qual modo superare il capitalismo inteso come meccanismo, come sistema, giacché esso, oggi, sta creando masse crescenti di disoccupati, di emarginati, di sfruttati. Sta qui, al fondo, la causa non solo dell'attuale crisi economica, ma di fenomeni di barbarie, del diffondersi della droga, del rifiuto del lavoro, della sfiducia, della noia, della disperazione. È un delitto avere queste idee?”.

Una visione “socialdemocratica” di impronta europea ? No, una nuova visione statalista Ecco quindi la visione del Segretario: “Lei ha detto varie volte che la questione morale oggi è al centro della questione italiana. Perché?

La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell'amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell'Italia d'oggi, fa tutt'uno con l'occupazione dello stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt'uno con la guerra per bande, fa tutt'uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati. Ecco perché dico che la questione morale è il centro del problema italiano. Ecco perché gli altri partiti possono provare d'essere forze di serio rinnovamento, soltanto se aggrediscono in pieno la questione morale andando alle sue cause politiche. [...] Quel che deve interessare veramente è la sorte del paese. Se si continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di restringersi, non di allargarsi e svilupparsi; rischia di soffocare in una palude”.

Questa intervista segna una svolta, che non riuscirò a compiere Berlinguer, morirà a Padova nel 1984, ma la tenterà A. Occhetto, lo scudo di Achille della politica italiana, dirà di lui U. Curi, (Milano, Franco Angeli, 1990) quando il crollo del comunismo internazionale dell’Est Europa è ormai un processo inarrestabile e quando la magistratura inaugurerà il suo ruolo nelle vicende politiche (cfr. F. Gentile, Intelligenza politica e ragion di stato, Milano,A. Giuffrè, 1984 e i numerosi interventi dell’allora capo di Stato Italiano F. Cossiga) assumendo la responsabilità di porre fine alla corruzione e applicare una nuova medicina e soprattutto i ferri…ai polsi mostrandoli magari in sede giudiziaria per fare colpo.

Tangentopoli nel 1992 doveva essere la fine degli scandali; fu un’epoca di terrore, alla Robespierre, anche se per fortuna senza ghigliottina, ma dobbiamo ricordarci dei suicidi anche in carcere. L’epoca di Di Pietro, del processo a S. Cusani l’epoca in cui solo il nuovo Partito comunista, se-dicente democratico, era l’incorrotto, il serio, il buono. Tutti a dimenticarsi di Primo Greganti, tutti a non parlare di dove sia finita una cospicua parte della tangente Montedison di R. Gardini di cui fece le spese solo U. Bossi e per cinquanta, diconsi, cinquanta milioni.(Nel 1995 è condannato per violazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti a 8 mesi, pena confermata in appello nel 1997 e Cassazione l'anno dopo.)

La magistratura poneva fine agli scandali, ma solo di quelli di una parte, degli altri……. E non teneva certo conto delle parole di B. Craxi pronunciate alla Camera il 29 aprile 1993, che poneva in luce che il sistema era di tutti e non solo di alcuni, ma si fece orecchia, di sinistra, da mercante.

L’effimero successo di Berlusconi nel 1994 fece fallire il sogno della sinistra del Partito democratico di allora; solo con l’aiuto della sinistra democristiana, erede del dossettismo, ossia con R. Prodi si ebbe per due anni un successo, ripetuto, sempre per due anni tra il 2006 e il 2008.

La magistratura, fino alle dimissioni di Di Pietro, ricordiamo che la spinta a ciò fu probabilmente l’inchiesta del Procuratore di Brescia Fabio Salamone, faceva il suo corso, poi…improvvisamente il silenzio sugli scandali e le tangenti. Di Pietro nel 1998 entra in politica e inizia un’avventura non ancora finita.

Sembra che non vi sia più corruzione, anzi, nessuno scandalo, solo quello di Berlusconi, tuona costantemente la sinistra in ogni occasione. E’ vero fu scandaloso che in poco tempo, due mesi, Berlusconi facesse fallire quarant’anni di lunga marcia verso il potere dei compagni e ciò al di là d’eventuali reati commessi dall’industriale.

Giacomo Zanella per una riforma dello Stato Italia (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Insomma tutto bene, il male sembrava risolto, di tanto in tanto Affioravano degli scandali, ma ai quali si poneva anche giornalisticamente il silenziatore. Opera di denuncia poca e spesso ignorata anche dalla magistratura pare. Dopo 20 anni da tangentopoli, ecco i primi segnali: 2011 scandalo a Milano del consigliere economico di Bersani: Franco Pronzato, già coordinatore del trasporto aereo per il Pd, accusato in un'inchiesta su appalti di voli, 2012 e Filippo Penati; A Novo Maerna viene contestato il reato di falso ideologico in concorso con Claudio Martino, poi lo scandalo della più antica banca del mondo, quel Monte dei Paschi di Siena, spesso chiacchierato per essere la cassaforte della sinistra toscana e non solo.

Inizia la nuova stagione degli scandali, quelli di Milano, dove ricompare quel Primo Greganti e l’industriale vicentino Enrico Maltauro, poi, ad urne chiuse, lo scandalo del Mose a Venezia, Padova, Vicenza e…. Certo questi sono quelli più noti, ma quanti altri ce ne sono? Quanti denari pubblici sono stati male investiti, male utilizzati e alla fine le opere non sono state spesso terminate?

Lo Stato provvede a tutto ecco il male che era già denunciato agli albori dello Stato Italiano ed oggi? Una sfida per tutti i cittadini a riprendersi lo Stato, a trovare quel ferro e quel medicamento che è la vera dimensione morale, che informa la politica e le leggi, ed è riassunta in poco. Rispettare tutti i cittadini, essere galantuomini nel servizio privato come in quello pubblico, avere leggi comprensibili a tutti e bilanci trasparenti in tutte le amministrazioni. Deve essere vietato parlare di introiti, senza dichiarare le uscite, come si usa da parte della Giunta di Vicenza (introiti per la mostra circa 560.000 euro, spese?????). responsabilità diretta degli amministratori ed in solido. Evitare consigli, commissioni inutili, per amministrare un Comune occorre un consiglio di amministrazione, non il gioco inutile di maggioranza e opposizione. Durata breve (4anni) dei consigli, ineleggibilità dopo due mandati per tutti coloro che hanno cariche pubbliche. Principio di sussidiarietà, non pioggia di interventi soprattutto nel sociale. Efficaci di strumenti tecnologici, basta un microprocessore per inserire tutti i dati di un cittadino (carta d’identità, diritti, patente, ecc.), leggibile solo dalla Forze dell’ordine, della certezza del diritto e delle pene. Non occorrono carceri pieni, occorre trovare processi brevi e pene alternative, ad esempio il pagamento di somme ben indicate e proporzionate alle pene. Una scuola che non sia un centro sociale di avvenimenti e progetti, ma che sia cosciente di che cosa insegnare e soprattutto con controlli non aleatori, dove non accada che il programma di storia consegnato agli studenti che debbono riparare sia relativo al testo in adozione in anni precedenti e non più in uso. Infine, ma andrebbe stilata per prima una Nuova Costituzione che alleggerisca lo Stato e lasci alla capacità e tasche dei cittadini provvedere al campo per le bocce o al film su qualche personaggio della politica o anche a qualche campo medico o paramedico Nella nuova costituzione il merito e non il genere deve essere preminente, ecc., smettendo di richiedere sempre e tutto allo Stato. (cfr. D. Castellano, L’ordine della politica, Napoli, Ed. Scientifiche Italiane, 1997)

Il principale medicamento, quello che certo indicava il poeta G. Zanella, è però l’onestà di ciascuno che da dal fare bene i doveri di cittadini e non trincerarsi dietro, altri, lo Stato, deve provvedere. Così è dovere esigere e dare lo scontrino o la fattura. Insomma la medicina e il ferro siamo noi cittadini e quindi all’opera.

 

nr. 23 anno XIX del 14 giugno 2014



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