NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Il "Così fan tutte" per il quasi esordio di Lorenzo Regazzo

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Settimane Musicali al Teatro Olimpico

Questa è un’opera forse solo apparentemente misogina, perché Don Alfonso alla fine manovra anche i due ragazzi che non solo si prestano a farsi manipolare in maniera molto sprovveduta ma anche ci mettono del loro perché si divertono, la serva si presta per soldi a istigare le ragazze e nel travestimento da notaio è da medico viene reso il grottesco perché sembra il mago Othelma, e le due ragazze vengono chiamate barbare dai due fidanzati napoletani perché sono ferraresi. Ce n’è per tutti i luoghi comuni, come mai viene vista come un’opera che discrimina le donne? Forse è un po’ riduttivo

Settimane Musicali al Teatro Olimpico (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)“Secondo me è un pregiudizio che è venuto fuori nei primi dell’ ‘800 quando il “Così fan tutte era vista come un’opera immorale, Beethoven l’ha criticata, è stata praticamente bandita, poi è ritornata nel ‘900 nel repertorio, però, secondo me non è un’opera misogina ma misantropa, l’ho scritto nelle note di regia e secondo me è una cosa fondamentale: Mozart e Da Ponte hanno scritto “Così fan tutte”, cioè hanno scelto le donne, per una ragione di durata. Se loro avessero detto “Così fan tutti”, l’opera sarebbe durata 20 minuti, si poteva fare un intermezzo di Scarlatti. L’uomo subito cede, la donna deve passare una prova, si devono bere il veleno, devono fare la festa, devono succedere tante cose, la donna non cede subito”.

Ho notato che quando viene introdotta una scena particolare le luci illuminano tutta la struttura architettonica della scena. Come nella cavatina delle due sorelle per esempio. Sembra quasi che questo tipo di illuminazione faccia un po’ da introduzione alle scene più importanti, un po’ da coro.

“Ho utilizzato questa contrapposizione dell’Olimpico per far sì che ci sia qualcosa di antico rapportato alle luci che c’è anche nei personaggi, soprattutto in Fiordiligi: ci sono molte scene in cui va sopra al cubo e prende la posizione delle statue illuminate, lì è proprio un messaggio per far vedere quanto questo sentimento di amore, questo professare sia ormai qualcosa di vecchio, dovrebbe essere il grande amore. Fiordiligi canta due arie antichissime proponendo l’amore fedele, equiparandola alla facciata e alle statue, io dico: questa qui che canta questa cosa non ha nessun senso, è una cariatide”.

Lei è musicista diplomato.

“In pianoforte, composizione e canto”

Settimane Musicali al Teatro Olimpico (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Quanto incide il saper leggere la musica nel gestire il gesto scenico e la composizione del quadro d’immagine che il pubblico dovrà poi guardare? E poi la collaborazione con il direttore d’orchestra?

“Il problema non è che un regista sappia leggere la musica: essendo cantante da 25 anni ho lavorato con tantissimi registi, mi sono trovato a lavorare con registi che non conoscevano il libretto, che arrivati al IV atto de “Le nozze di Figaro”: “what’s spilla??”e non ti dico in che sede, festival eccetera che ti dici “ma che cosa ci sto a fare io qua?”. Se uno vuole fare le cose con un certo scrupolo, perché deve succedere una cosa così? Allora uno dice: vabé la creatività, non mi interessa sapere della spilla. Il fatto che uno sappia la musica o meno, se uno è ben preparato tanto di cappello. A me aiuta lavorare coi cantanti e mi dà una certa eccitazione il fatto di essere cantante-musicista perché la priorità per me è che non c’è niente contro il canto”.

Quindi la priorità è sempre nell’emissione vocale che deve essere senza sforzo.

“Io devo prima sentire la musica poi facciamo il concetto”.

Quest’opera è ricca di recitativi: l’anno dopo esce “Il flauto magico”, singspiel, opera lirica con delle parti parlate come nella prosa, come già lo era Il ratto del Serraglio del 1782. Come mai la forma del singspiel non è diventata in voga anche in Italia? Qui ci sono tanti recitativi man ci sono delle parti di prosa come nel flauto.

“No, era un gusto un po’ tedesco. Noi veniamo dall’opera napoletana e veneziana veniva proprio da un recitar cantando, quasi un semicanto: se noi sentiamo l’opera di Cavalli e Monteverdi, veniamo un po’ da una forma un po’ mista che è rimasta. Questo marchio dell’opera veneziana e napoletana fa parte proprio dell’imprinting italiano”.

 

nr. 25 anno XIX del 28 giugno 2014

Settimane Musicali al Teatro Olimpico (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)



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