NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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I problemi della vita e la riflessione della fede

di Italo Francesco Baldo

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I problemi della vita e la riflessione della fede

Introduzione

Il tema dell’eutanasia si affaccia alla nostra riflessione ormai quasi quotidianamente e viene considerato, soprattutto a livello dei mass-media come “un atto d’amore”. Il nonno che si uccide insieme al nipotino disabile è qualificato come “un estremo atto d’amore”, quello della giovane americana altrettanto. In Gran Bretagna fin dal 2008 si discute e si cerca di far approvare una legge epr la soppressione dei neonati con disabilità, dando facoltà all’ostetrica di compierlo; in Belgio e in Olanda si è già provveduto per alcune d situazioni di disabilità. In Isvizzera la morte dolce, come viene chiamata l’eutanasia talora è una prassi consolidata, anche per le depressioni, soprattutto senili. Sembra quasi che nella logica di un’industria non si vogliano né “prodotti di scarto” (i neonati) nè “obsoleti” (i vecchi). L’uomo, o, meglio, quell’essere che non si ha nemmeno più il coraggio/desiderio di definire almeno nelle linee generali della sua specificità, è sempre più un essere a tempo, come se s trattasse di un prodotto con tanto di data di scadenza.

Chi sia veramente l’uomo, rifletteva dal punto di vista della ragione critica I. Kant, nessuno lo sa, anche se la ragione e i sensi potrebbero aiutarci. Si preferisce non utilizzare l’intelligenza a tutto tondo, ma solo quanto ci appare sensibilmente più vantaggioso. Il Cosiddetto “uomo” altro non è che un animale tra gli animali, perfino la sua specificità, ossia l’intelligenza, non è più il suo segno distintivo, dato che anche “Fuffi”, il barboncino ne è dotato. “Quanto è intelligente…“; “Quanto sa amare…” Espressioni simili riferite ai cagnolini di tutte le stazze sono comuni. Da questa visione a quella che anche l’uomo sia come i cagnolini, il passo è diventato brevissimo. Ma se i cagnolini fanno testo sull’intelligenza, che direte dei leoni, delle serpi, dei batteri, dei virus saranno anche loro “intelligenti”?

L’uomo ha paura della propria intelligenza e di riferirsi ad essa con una visione che non sia del momento e del vantaggio sensibile e preferisce non pensare. Questo è il dato caratteristico della nostra epoca: un pensiero limitato a quanto serve, a quando fa piacere, a quello che io voglio hic et nunc (qui e ora). Ne consegue che non esistono né doveri (la morale) ne l’elevazione di questi a valori (misura delle proprie azioni) e pertanto siste la possibilità di una valutazione. Ognuno compie quello che vuole e non vi sono riferimenti. La stessa legge di uno Stato deve solo acconsentire al mio volere. Le restrizioni di legge debbono sparire e al loro posto subentrare una generica prassi di rispetto, fino a che non si tocchi il mio volere.

In simile situazione il problema della morte, la più terribile di tutte le realtà, diceva Aristotele, è solo un passaggio che deve avvenire quando e come la singola volontà la richiede o chi per lui se non in grado di decidere.

L’ottica della morte, la grande falce, è il segno della nostra epoca? Non sappiamo più trovare in noi e nella nostra storia, razionale, di fede, di tradizione elementi per dare p ridare significato alla vita, anche quando questa si avvia al suo termine? La riflessione dovrebbe essere sempre aperta, ma non per ammettere aprioristicamente solo quello che sembra un vantaggio immediato.

Alcune note di proposta.

 

Il senso della vita

I problemi della vita e la riflessione della fede (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)“La ricomprensione del senso ultimo della vita e dei suoi valori fondamentali è il grande compito che s’impone oggi per il rinnovamento della società. Solo la consapevolezza del primato di questi valori consente un uso delle immense possibilità, messe nelle mani dell'uomo dalla scienza, che sia veramente finalizzato alla promozione della persona umana nella sua intera verità, nella sua libertà e dignità. La scienza è chiamata ad allearsi con la sapienza”. Giovanni Paolo II Familiaris consortio 1981.

Con questa espressione Giovanni Paolo II individuava con chiarezza il problema fondamentale della nostra società non solo dal punto di vista religioso, della fede, ma anche in quello della ricerca scientifica, della libertà e quindi anche del consorzio umano nella sua vita politica e giuridica.

Non è stata né la prima né l’unica volta che il Magistero pontificio si è interessato del problema della vita. Infatti, non è una questione solo della nostra epoca, ma è una costante della fede cristiana, proprio in riferimento a quanto Gesù Cristo afferma nell’Evangelo, ossia che Lui- Dio è la vita ed è Lui che la dona agli uomini, i quali vivendola, rendendo grazia a Dio di questo dono, la realizzano.

La Chiesa, istituita da Gesù Cristo, ha il gravissimo compito di rinnovare ogni giorno, la fede è una realtà del quotidiano, il proprio senso di appartenenza al messaggio evangelico e di invitare tutti alla comprensione di questo stesso messaggio e di testimoniarlo, attraverso la propria vita, le proprie parole e azioni dovunque si sia e con chiunque si sia. Certamente la testimonianza della fede non è facile e spesso di fronte a più semplici vie si è tentati di adottarle e di prendere, come si dice, la scorciatoia. La prospettiva dell’uomo solo che tenta di risolvere i propri problemi, affidandosi solo al proprio pensiero, trova invece nella dimensione della Chiesa una prima proposta di risposta ai suoi quesiti. Non sarai solo, né sarai solo un gruppo, ma la tua vita è insieme e insieme con l’aiuto di Dio troverai la via della verità che è la via della vita.

Sono ben consapevole che questa indicazione può apparire ad un mondo secolarizzato e soprattutto timoroso di prendere prospettive di pensiero e di vita non ”alla moda”, dove prevale un solipsismo teoretico (io penso quello che voglio) e una libertà negativa (faccio quello che voglio e solo la legge dello Stato può limitarmi nel solo mio incontro con altri) che lascia l’uomo solo e in balia di se stesso, dei suoi problemi e delle difficoltà di trovare soluzioni adeguate e rispettose della vita. La via breve, ossia la via delle soluzioni che appaiono le più veloci è sempre pronta. Per questo, ritengo che sia oggi necessaria una riconsiderazione a partire non dal singolo, ma da una visione globale nella quale l’individuo, in quanto appartenente ad una società, ad una Chiesa, possa individuare riflettendo la via della sapienza, quella che non si ferma alla comodità, alla soluzione più veloce, ma sa dare risposte nella prospettiva della completezza, dell’integralità dell’uomo come persona: questa carne, queste ossa quest’anima, direbbe la Beata Ildegarda di Bingen. L’aiuto in questa direzione nel mondo cristiano è molteplice e ha gli stessi secoli di vita del cristianesimo, dato che la vita è Dio stesso e costantemente nella Chiesa i fedeli, qualsiasi sia il loro ruolo (sacerdoti, laici, filosofi o teologi, scienziati o monaci che pregano ecc), hanno continuato nell’affermazione che la vita è un bene, un dono di Dio e che essa non si restringe alla sola dimensione terrena, ovvero nella considerazione che la vita è solo una reazione biochimica, diremo oggi. Soprattutto a partire dalle ipotesi materialiste ed evoluzioniste e di evoluzionismo sociale dell’Ottocento, il dibattito si è fatto via via più denso ed importante. La ragione dio ciò deriva dalla comprensione dell’uomo che egli possa intervenire nei processi di formazione della vita. Già nel Settecento era stato intuita la possibilità, ad esempio, della fecondazione in vitro. Ne parla il grande poeta tedesco J.W. Goethe nel poema Faust, dove descrive la nascita dell’homunculus, appunto da una mistura composta in provetta.

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Un alchimista durante la creazione di un Omuncolo

 

Nel corso di due secoli la ricerca delle scienze ha individuato la possibilità di intervenire nei processi della natura, ad esempio la fissione dell’atomo con E. Fermi, e con la scoperta del DNA e della genetica, non ignota agli antichi (cfr. Aristotele, Sulla riproduzione degli animali), ma che ha avuto nel giro di pochi decenni grande sviluppo, basti pensare all’embriologia moderna o alla possibilità d’uso nel campo medico-genetico, delle cellule staminali. Accanto a questo progresso si è però sempre più approfondito anche il dibattito intorno alla vita nei suoi aspetti biologici, politici, giuridici, dimenticando spesso la valenza etica delle riflessioni. La bioetica ha dato nuove prospettive, ma la tentazione del “fai da te” garantito dalla legge che dovrebbe in queste concezioni semplicemente dare assenso al volere singolare, sembra essere prevalente. In ciò si afferma che il singolo, l’io, è il solo determinante e che nessun contesto religioso, metafisico ed etico, può in qualche modo aiutare. Io affermo il mio diritto ad operare per quello che voglio. Se ciò appare possibile, ma ne dubitiamo, a livello strettamente singolare, ci appare più che dubbio, quando questo coinvolga, anche con il suo assenso, altre vite, altre persone. La ragione di ciò la individuiamo in quella riduzione a singolo di ogni uomo che appare la caratteristica prevalente nelle concezioni odierne. La scienza fornisce le risposte oggettive e io erigo a legge quanto io voglio, tutti gli altri non possono che assentire e anzi dovrebbero addirittura garantire e consentirmi, anche con il loro eventuale aiuto, l’esecuzione delle mie volontà. Quello che mi piace, deve essere legge. Non si tratta nemmeno più di riduzionismo, tutto è solo scienza, né di relativismo, perché quest’ultimo implica pur sempre una presa di posizione. Il sapere scientifico è in realtà il mezzo che mi fornisce lo strumento per la mia volontà. Non si prospetta che una solitudine dell’uomo, che non fa riferimento a nient’altro che alle proprie capacità di decisione, senza nemmeno il dubbio che queste decisioni siano possibili ovvero che esse siano una risposta autentica e non dettata dall’urgenza, dalla situazione, dal proprio e non dall’altrui dolore.

        

I problemi della vita e la riflessione della fede (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Considerare con coraggio il tema della vita è prima di tutto affrontarlo insieme agli altri uomini, in due orizzonti. Il primo è quello del valore dell’umanità, considerata nella sua globalità: ritengo di essere portatore di una visione dell’uomo che sorpassa il mio stesso pensiero e con la quale mi confronto, perché mi salvaguarda rispetto alle difficoltà che io potrei incontrare nel mio stesso modo di pensare ed agire. Il secondo è quello della fede cristiana, che ha nella Chiesa il principale confronto e trova numerosi elementi per una riflessione serena, anche se estremamente difficile.

L’intervento della Chiesa, attraverso le encicliche (lettere pastorali su argomenti dogmatici, morali, pubblicata dal Santo Padre) sul tema della vita in relazione alle scoperte delle scienze e in particolare sull’uso che di certe scoperte scientifiche è possibile fare, inizia da quella di Pio XII, Humani generi del 1950, prosegue con quelle di Paolo VI Humanae vitae del 1968 e quella di Giovanni Paolo II Evangelium vitae del 1995; se questi sono i principali e più noti documenti del Magistero, non mancano moltissimi altri interventi, compresi quelli dei vescovi in tutto il mondo e di molti sacerdoti che pongono in primo piano il valore della vita secondo quanto l’attuale pontefice Benedetto XVI invita nell’enciclica Deus caritas est del 2005:” Abbiamo creduto all'amore di Dio — così il cristiano può esprimere la scelta fondamentale della sua vita. All'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva. Nel suo Vangelo, Giovanni aveva espresso quest'avvenimento con le seguenti parole: « Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui. .. abbia la vita eterna» (3, 16).

La prima enciclica, quella di Pio XII, affronta il problema dell’ipotesi evoluzionista, che da quanto fu pubblicata con C. Darwin nel 1859, è stata considerata dai nemici della Chiesa e della fede cristiana, come la vera soluzione al problema dell’origine dell’uomo, come discendente da un antenato comune a quello delle scimmie antropomorfe. Proprio da Vicenza iniziò la discussione con il poeta Giacomo Zanella, e il punto fondamentale non era e non è quello dell’origine del corpo umano, di ciò si occupano le scienze, ma che dalle scienze si trasferissero le conoscenze, non ancora del tutto ben precisate a proposito di micro e macroevoluzione.( Microevoluzione: l’uomo discende da un essere comune con gli altri primati,; la macroevoluzione: tutti discendono dall’essere unicellulare primordiale, un’alga( il dubbio è più che lecito).

Pio XII mette in guardia gli studiosi e ben considerare non tanti i risultati delle scienze, quanto la fede cristiana. Sostiene il papa: ” Non c'è da meravigliarsi che con queste nuove opinioni siano messe in pericolo le due scienze filosofiche che, per natura loro, sono strettamente collegate con gli insegnamenti della fede, cioè la teodicea e l'etica; essi ritengono che la funzione di queste non sia quella di dimostrare con certezza qualche verità riguardante Dio o altro ente trascendente, ma piuttosto quella di mostrare come siano perfettamente coerenti con le necessità della vita le verità che la fede insegna riguardo a Dio, Essere personale, e ai suoi precetti, e che perciò devono essere accettate da tutti per evitare la disperazione e per ottener l'eterna salvezza. Tutte queste affermazioni e opinioni sono apertamente contrarie ai documenti dei Nostri Predecessori Leone XIII e Pio X, e sono inconciliabili con i decreti del Concilio Vaticano”. Poi ben precisa: ” Per queste ragioni il Magistero della Chiesa non proibisce che in conformità dell'attuale stato delle scienze e della teologia, sia oggetto di ricerche e di discussioni, da parte dei competenti in tutti e due i campi, la dottrina dell'evoluzionismo, in quanto cioè essa fa ricerche sull'origine del corpo umano, che proverrebbe da materia organica preesistente (la fede cattolica ci obbliga a ritenere che le anime sono state create immediatamente sia Dio). Però questo deve essere fatto in tale modo che le ragioni delle due opinioni, cioè di quella favorevole e di quella contraria all'evoluzionismo, siano ponderate e giudicate con la necessaria serietà, moderazione e misura e purché tutti siano pronti a sottostare al giudizio della Chiesa, alla quale Cristo ha affidato l'ufficio di interpretare autenticamente la Sacra Scrittura e di difendere i dogmi della fede (Cfr. Allocuzione Pont. ai membri dell'Accademia delle Scienze, 30 novembre 1941; A. A. S. Vol., p. 506). Però alcuni oltrepassano questa libertà di discussione, agendo in modo come fosse già dimostrata con totale certezza la stessa origine del corpo umano dalla materia organica preesistente, valendosi di dati indiziali finora raccolti e di ragionamenti basati sui medesimi indizi; e ciò come se nelle fonti della divina Rivelazione non vi fosse nulla che esiga in questa materia la più grande moderazione e cautela”..

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A. Rodin, Il pensatore

 

La via è tracciate, le scienze sono un bene, ma non possono sussistere da sole e dare da sole le risposte fondamentali all’uomo. È necessario approfondire ma sempre nell’ottica di una prospettiva globale ed integrale dell’uomo, cioè tenendo presente tutti gli aspetti, evitando il riduzionismo ed il relativismo. Certo non sono argomenti facili, ma l’accusa che molti negatori della fede e della rivelazione oppongono a ciò è che la Chiesa non possa parlare di scienza. È un’accusa che già Leone XIII nell’Ottocento aveva rintuzzato, ma si sa che coloro che vogliono negare, non si preoccupano di quello che afferma essere a priori l’avversario.

I problemi della vita e la riflessione della fede (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)   

Pillola e pillole del giorno dopo

 

Su questa linea proseguono le altre encicliche ricordate. Quella di Paolo VI, che affronta il problema del controllo delle nascite per via artificiale. Il messaggio del pontefice è alla luce di quanto sosteneva Giovanni XXIII: "La vita umana è sacra” e per essa deve esserci una visione globale:” Il problema della natalità, come ogni altro problema riguardante la vita umana, va considerato, al di là delle prospettive parziali - siano di ordine biologico o psicologico, demografico o sociologico - nella luce di una visione integrale dell’uomo e della sua vocazione, non solo naturale e terrena, ma anche soprannaturale ed eterna. E poiché, nel tentativo di giustificare i metodi artificiali di controllo delle nascite, da molti si è fatto appello alle esigenze, sia dell’amore coniugale, sia di una paternità responsabile, conviene chiarire e precisare accuratamente la vera concezione di queste due grandi realtà della vita matrimoniale, richiamandoci principalmente a quanto è stato esposto recentemente a questo riguardo, con somma autorità, dal concilio Vaticano II, nella costituzione pastorale Gaudium et spes”.

Con chiarezza infine il problema degli uomini di scienza che debbono anch’essi considerare la prospettiva della vita in una dimensione globale: “Vogliamo ora esprimere il nostro incoraggiamento agli uomini di scienza, i quali possono dare un grande contributo al bene del matrimonio e della famiglia e alla pace delle coscienze, se, unendo i loro studi, cercheranno di chiarire più a fondo le diverse condizioni che favoriscono un’onesta regolazione della procreazione umana”. È in particolare auspicabile che, secondo l’augurio formulato da Pio XII, la scienza medica riesca a dare una base sufficientemente sicura ad una regolazione delle nascite, fondata sull’osservanza dei ritmi naturali. Così gli uomini di scienza, e in modo speciale gli scienziati cattolici, contribuiranno a dimostrare con i fatti che, come la chiesa insegna, "non vi può essere vera contraddizione tra le leggi divine che reggono la trasmissione della vita e quelle che favoriscono un autentico amore coniugale".Giacché l’uomo non può trovare la vera felicità, alla quale aspira con tutto il suo essere, se non nel rispetto delle leggi iscritte da Dio nella sua natura e che egli deve osservare con intelligenza e amore”.

 

I problemi della vita e la riflessione della fede (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Queste le prime basi e su di esse Giovanni Paolo II precisa fin dal 1981 nella Familiaris consortio: “L'amore coniugale comporta una totalità in cui entrano tutte le componenti della persona - richiamo del corpo e dell'istinto, forza del sentimento e dell'affettività, aspirazione dello spirito e della volontà -; esso mira ad un’unità profondamente personale, quella che, al di là dell'unione in una sola carne, conduce a non fare che un cuor solo e un'anima sola: esso esige l'indissolubilità e la fedeltà della donazione reciproca definitiva e si apre sulla fecondità (cfr. Paolo PP. VI "Humanae Vitae", 9). In una parola, si tratta di caratteristiche normali di ogni amore coniugale naturale, ma con un significato nuovo che non solo le purifica e le consolida, ma le eleva al punto di farne l'espressione di valori propriamente cristiani" e ancor più ciò viene ribadito nell’Evangelium vitae. In essa il valore incomparabile della persona umana non è solo ribadito in conformità alla fede cristiana, perché: ” L'uomo è chiamato a una pienezza di vita che va ben oltre le dimensioni della sua esistenza terrena, poiché consiste nella partecipazione alla vita stessa di Dio. L'altezza di questa vocazione soprannaturale rivela la grandezza e la preziosità della vita umana anche nella sua fase temporale. La vita nel tempo, infatti, è condizione basilare, momento iniziale e parte integrante dell'intero e unitario processo dell'esistenza umana”.

Per questo motivo: ” Perciò ogni minaccia alla dignità e alla vita dell'uomo non può non ripercuotersi nel cuore stesso della Chiesa, non può non toccarla al centro della propria fede nell'incarnazione redentrice del Figlio di Dio, non può non coinvolgerla nella sua missione di annunciare il Vangelo della vita in tutto il mondo e ad ogni creatura (cfr. Mc 16, 15)”.

Giovanni Paolo II non affronta solo il problema della regolazione delle nascite e dell’aborto, ma tutti i problemi della vita sia del suo inizio che del suo termine e ciò in una visione globale e puntuale, dove, ribadisce, ogni sapere occupa il posto che gli è proprio, ma nel contempo non può né deve dimenticare di essere parte e non il tutto delle risposte possibili alla vita dell’uomo. Infatti: “la scienza genetica moderna fornisce preziose conferme. Essa ha mostrato come dal primo istante si trovi fissato il programma di ciò che sarà questo vivente: una persona, questa persona individua con le sue note caratteristiche già ben determinate. Fin dalla fecondazione è iniziata l'avventura di una vita umana, di cui ciascuna delle grandi capacità richiede tempo, per impostarsi e per trovarsi pronta ad agire". Anche se la presenza di un'anima spirituale non può essere rilevata dall'osservazione di nessun dato sperimentale, sono le stesse conclusioni della scienza sull'embrione umano a fornire "un'indicazione preziosa per discernere razionalmente una presenza personale fin da questo primo comparire di una vita umana: come un individuo umano non sarebbe una persona umana?" {58}. Del resto, tale è la posta in gioco che, sotto il profilo dell'obbligo morale, basterebbe la sola probabilità di trovarsi di fronte a una persona per giustificare la più netta proibizione di ogni intervento volto a sopprimere l'embrione umano. Proprio per questo, al di là dei dibattiti scientifici e delle stesse affermazioni filosofiche nelle quali il Magistero non si è espressamente impegnato, la Chiesa ha sempre insegnato, e tuttora insegna, che al frutto della generazione umana, dal primo momento della sua esistenza, va garantito il rispetto incondizionato che è moralmente dovuto all'essere umano nella sua totalità e unità corporale e spirituale: "L'essere umano va rispettato e trattato come una persona fin dal suo concepimento e, pertanto, da quello stesso momento gli si devono riconoscere i diritti della persona, tra i quali anzitutto il diritto inviolabile di ogni essere umano innocente alla vita".

Il testo, che andrebbe letto e riletto come prospettiva integrale del valore della persona umana fin dal suo concepimento rileva anche il pericolo di una legge solo umana, che crede di risolvere i problemi solo chiudendosi gli occhi al valore della persona: ” "Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” Invece: ”Si pensa, altre volte, che la legge civile non possa esigere che tutti i cittadini vivano secondo un grado di moralità più elevato di quello che essi stessi riconoscono e condividono. Per questo la legge dovrebbe sempre esprimere l'opinione e la volontà della maggioranza dei cittadini e riconoscere loro, almeno in certi casi estremi, anche il diritto all'aborto e all'eutanasia”.

Non è questione di libertà di coscienza, che lascia l’uomo in balia di se stesso e della sua volontà psicologica più che nell’ambito di una possibilità di deliberazione razionale o di questa alla luce della fede e della Rivelazione-Salvezza, ma è proprio la coscienza, ossia l’autentica libertà come appetizione razionale e di fede al Bene, che è richiamata da Giovanni Paolo II e vi è costante l’invito alla scienza di operare per il bene. Ricordiamo per inciso quanto il cardinale Martini, arcivescovo emerito della diocesi ambrosiana, sosteneva al termine della Lectio magistralis per la laurea honoris causa all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano: ”Nel nostro tempo, infatti, c’è bisogno non soltanto di fare delle diagnosi precise e di indicare delle medicine efficaci. Occorre prendersi cura del malato nella sua totalità, nelle sue debolezze, nel suo bisogno di essere compreso, sostenuto, aiutato e amato. Così il medico compie un’opera che è parte di un insieme più vasto e che tuttavia si ricollega a quella di Gesù ed esprimere la cura della Chiesa per ogni persona sofferente”.

  

Le indicazioni morali, pastorali dell’Evangelium vitae trovano in quest’ultima citazione il loro preciso riassunto: “Urge dunque, per l'avvenire della società e lo sviluppo di una sana democrazia, riscoprire l'esistenza di valori umani e morali essenziali e nativi, che scaturiscono dalla verità stessa dell'essere umano ed esprimono e tutelano la dignità della persona: valori, pertanto, che nessun individuo, nessuna maggioranza e nessuno Stato potranno mai creare, modificare o distruggere, ma dovranno solo riconoscere, rispettare e promuovere”.

 

I problemi della vita e la riflessione della fede (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)È quindi vera, mente urgente che la riflessione intorno ai temi della vita sia compiuta alla luce delle scienze e di quella scienza superiore che avvicina l’uomo alla sapienza di Dio. Tanti tentativi e tante sofferenze vissute solo alla luce dell’umana ragione e del proprio singolare stato non contribuiscono a fornire quella prospettiva chiara di decisioni che invece può esserci, se nel confronto umano, legato al valore della vita come dono di Dio, ci sforziamo di andare. Se, m al contrario, basiamo ogni nostra valutazione-deliberazione, scelta su quanto ciascuno può riuscire, facilmente prevarranno le scelte di tipo estetico, di comodità e si invocheranno tutti i motivi contingenti possibili per determinare una scelta che va al di là del valore della vita e costringe nella sola dimensione terrena, che non è, occorre ribadirlo, l’unica realtà, ma che diviene tale se ci affidiamo a sole soluzioni terrene. Di questo è anche necessario riflettere, perché coniugando le scienze a tutte le altre prospettive dell’uomo avremo ragione e cuore, ragione e fede.

Una ricerca che siamo disposti ad accettare?

 

nr. 40 anno XIX del 15 novembre 2014



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