(g. ar.)- Era giugno del 1978 quando Giobatta Meneguzzo decise di aprire: nacque il Casabianca di Malo, arte grafica internazionale, un ventaglio di grandissimo interesse che da quel momento in poi era destinato a catalizzare l'attenzione più selezionata della critica mondiale portando nel paese di Meneguzzo e Meneghello tutti i maggiori personaggi dell'arte figurativa protagonisti allora e di generazione in generazione fino ad oggi di qualsiasi movimento artistico. A distanza di 36 anni Meneguzzo sta ripensando pazientemente non solo al tempo trascorso e al patrimonio messo assieme con una lunga opera di collezionista cominciata fin dalla metà degli anni sessanta; sta anche meditando sulla sostanza del ruolo di un museo, rivolto all'esterno, ricco di arte grafica e non di dipinti capolavoro che altrove fanno la fortuna da soli del budget degli ingressi. Il perché di questa nuova fase di passaggio che secondo Meneguzzo porterà nel giro di qualche mese ad un rinnovamento di ruolo effettivo del suo museo, va sicuramente legato a tutti questi anni che sono scivolati via senza che in realtà del Casabianca -pur sostenuto e addirittura accerchiato dall'ammirazione e dal sostegno degli addetti ai lavori- si occupasse qualche istituzione. Interventi di affiancamento sono stati prodotti e lo sono tuttora con molta fatica dalla Regione e dallo stesso Comune di Malo, ma è chiaro che una gestione così lunga e così impegnativa non può che essere oggetto di una attenzione diversa tanto più in quanto il patrimonio in questione dal punto di vista culturale ed anche economico dovrebbe al contrario spingere ad impegni di maggiore consistenza di quelli finora verificatisi.
ARCHIVIARE COME FARE ARTE- L'idea di Giobatta Meneguzzo matura quindi dopo lungo lavorare, lungo proporre, lungo attendere. Nel frattempo in questi quasi quarant'anni di apertura ufficiale il Casabianca è andato su tutte le riviste che contano, da New York a Berlino, ha fatto più volte il giro del mondo proponendo iniziative e convegni che hanno sempre raccolto il massimo dell'attenzione e al più alto livello. Passata la soglia degli ottant'anni, il patron del Casabianca ha deciso una impennata in piena regola che lo aiuterà sicuramente a rimanere in sella. Il rischio per una istituzione di questo tipo è di essere soffocata dalla quotidianità degli obblighi, a cominciare dalle bollette, per capirci. Il cambiamento in questione avviene dopo che il patron ha cominciato con grande fatica a rinunciare a qualcuno dei suoi pezzi unici per ripensare al ruolo dei pezzi multipli, cioè delle cartelle in cui sono raccolte le opere dei tantissimi artisti grafici collezionati in praticamente mezzo secolo. In che cosa consiste il cambiamento? Soprattutto nel procedere con un lavoro che porta la funzione dell'archivio in primissimo piano: ci sono le cartelle, quelle che Meneguzzo chiama portafogli perché racchiudono una serie e possono essere consultate direttamente, ma c'è tutto il lavoro di contorno che le accompagna. L'esperimento è già in atto ma avrà la forza definitiva a partire dai primi mesi del prossimo anno. Le prime uscite si sono dimostrate adeguate a questo progetto: a Pordenone, Bassano, Rovereto, dovunque siano arrivate le casse, i contenitori speciali che racchiudono le cartelle e fin dall'esterno ne descrivono il contenuto, l'apprezzamento è stato unanime. L'archivio di opere d'arte insomma diventa con questa tecnica esso stesso una vera opera d'arte.
I GRANDI MUSEI... NON POSSONO- Questa uscite hanno dimostrato che effettivamente l'approccio è adatto e gradito sia per la qualità che esprime sia per la capacità di esprimere l'essenziale mettendo sotto gli occhi del pubblico un artista a panorama completo, una sorta di chiavi in mano che sembra sacrilego applicare ad una espressione artistica e che pure rende bene l'idea di quale sia la strategia di Meneguzzo. La dimensione del suo museo, accompagnata dal valore del patrimonio che può trasmettere come immagine e poi come messaggio dimostra che in realtà questa idea va a coprire una domanda esplicita e specifica che nessun grande museo è in grado di soddisfare. Il grande museo funziona con il capolavoro che viene esposto per attirare pubblico. Di tutto quello che rimane nei suoi depositi e che non asseconda questa opera di promozione non si sa praticamente niente almeno fino a che ci sia una iniziativa particolare e mirata che ottenga questo risultato, cioè portare allo scoperto la cosiddetta arte minore. Che minore non è, naturalmente, e la capacità del Casabianca di Malo di arrivare a capo proprio di questa questione dimostra che la differenza si vede in campo, appunto di fronte alla diversa specificità delle opere offerte al pubblico. Ricorrere all'archivio che diventa opera d'arte, ai multipli che da dentro alla loro cartella possono parlare direttamente e raccontare non soltanto la storia dell'arte ma ancora di più i cambiamenti e la mutazione che il mondo attorno all'arte ha conosciuto, è evidentemente un modo rapido e agile per arrivare a segno e raggiungere lo scopo. La storia del costume dell'arte insomma è quel quid in più che da una parte fa antropologia mentre dall'altra scuote direttamente l'interesse di chi guarda: vedere è assolutamente inutile se non si può pensare a quel che si sta guardando. I coinvolgimenti di tutto ciò sono presto detti: si parla e si discute di arte, si parla e si discute di critica e di analisi dell'arte, ma anche si coinvolge in tutto questo il mondo dell'artigianato perché le cartelle, o portafogli, hanno bisogno di contenitori assolutamente non banali, descrittivi, che diventino anche guida di ciò che in essi sta racchiuso.