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Si è concluso al Comunale di Vicenza il tour della compagnia di danza Mvula Sungani Company con la celebre rock band Marlene Kunz il cui spettacolo, intitolato “Il vestito di Marlene” dove i danzatori si esibiscono con l’accompagnamento dal vivo della band. Il pubblico ha accolto con grande entusiasmo lo spettacolo tanto da tributare agli artisti una standing ovation decisamente plebiscitaria. Protagonista è la donna, con la danzatrice Emanuela Bianchini ma uno dei numeri che ha attirato particolarmente l’attenzione è stato il duetto tra il batterista Luca Bergia e il danzatore Emilio Cornejo esibitisi con un malambo, antica danza argentina simile al flamenco, numero nato durante una residenza.
Creare una coreografia dalla musica si fa da sempre: le canzoni dei Marlene sono molto dense e ricche: quanto hanno arricchito la coreografia?
Mvula Sungani: “La parte della drammaturgia coreografica parte dai testi delle loro canzoni, il soggetto principale, c’è stato un rapporto simbiotico. La musica dei Marlene Kunz è rock e il rock è forza, la nostra danza è fisica ed è passione ed energia allo stato puro e in alcuni momenti diventa poesia, quindi tutte queste caratteristiche hanno dato modo a me di potermi ispirare coreograficamente, sono stato preso per mano e condotto a livello coreografico dalle loro musiche e dalle loro canzoni”.
Il corpo di ballo si esibisce con la musica dal vivo. Nel classico ci sono grandi corpi di ballo numerosi con orchestre; Qual è stata la vostra esperienza nei confronti della coreografia? Avete cambiato qualcosa o avete seguito i danzatori?
Cristiano Godano: “Sostanzialmente no anche se c’è una cosa curiosa che sperimentiamo ogni sera quando facciamo la rappresentazione dal vivo: loro sono stati molto bravi a interpretarci, sorprendendoci, spesso. Loro se la sono giocata facendoci vedere una demo di uno dei nostri pezzi sui quali meno avrei scommesso, “Ape Regina”, hanno fatto una cosa molto figa e ci hanno subito conquistati. Noi siamo una rock band e abbiamo l’attitudine a gestire certi finali delle canzoni con una dilatazione che ogni sera è diversa, è una forma di attitudine improvvisativa. Bastano 12 secondi diversi e a loro può cambiare il mondo, quindi dobbiamo stare molto attenti a questo, c’è una griglia ben precisa dalla quale, in effetti, è bene non transigere mai, perché possiamo proprio spiazzarli. Per quanto noi siamo abituati ad essere spiazzati, ci aggiustiamo immediatamente, sappiamo dove siamo, bastano 3 secondi per loro che gli cambia tutta l’idea di come gestire insieme a noi lo spettacolo”.
C’è un numero in cui un danzatore sta a testa in giù immobile per quasi tutto il tempo della canzone. Quali sono i punti di appoggio nei confronti della musica dal punto di vista coreografico?
M.S.: “In quel pezzo,“Malinconica”, Cristiano nel testo scrive di quest’uomo innamorato e a Roma quando uno è innamorato si dice che sta sottosopra. Ho immaginato quest’uomo che stava a testa in giù, sottosopra, beatamente, purtroppo non si vede l’espressione. Lì mi sono fortemente ispirato al testo che mi ha condizionato a tal punto da volerlo evocare in maniera quasi plastica”.
Ma non sono troppo “ingombranti” i Marlene sul palco coi ballerini? Rubano la scena, in certi momenti: uno sta sentendo i MK e sembra quasi che i ragazzi accompagnino, per quanto siano straordinari e bravissimi e le coreografie rispettose!
M.S.: “Noi siamo onorati di lavorare coi MK e per me, senza scherzare, è stata una grandissima opportunità perché amo il rock, la loro musica e tutto ciò che è live. Abbiamo il massimo rispetto ma non il timore, per noi è un piacere avere la possibilità di andare verso qualcosa in cui le persone trovano unione e armonia, non c’è subordinazione. Questo progetto è nato da una residenza, ci siamo conosciuti, siamo stati insieme, abbiamo potuto capire gli uni gli altri e abbiamo fatto la quadra del cerchio poi tutto è venuto abbastanza naturale, anche la parte registica coreografica”.
Le luci sono da concerto poi ci sono i pannelli trasparenti, i costumi scenografici come la parrucca rossa all’inizio o il grande telo bianco oppure il bellissimo costume di paillettes nella scena del tango. Questo insieme estetico l’avevi in mente già dall’inizio e hai organizzato la residenza secondo la tua visione oppure lo spettacolo si è formato man mano?
M.S.: “In realtà ci sono stati dei processi ben precisi: i ragazzi del Teatro Lyrick di Assisi, che sono dei fans dei MK, ci programmavano ogni anno nel loro teatro e siccome stimavano entrambe le parti ci hanno proposto il progetto; c’è stato il promo che io ho prodotto per far vedere, una cosa scarna da poter mandare, a loro è piaciuto, dopodiché le idee sono venute: a parte alcuni punti fermi che avevamo, come i pannelli e gli apparati scenografici, questo costume grande che poi è il simbolo del vestito e non pensavamo di utilizzarlo in quel modo. La residenza ci ha dato modo di poter lavorare e perfezionare lì sul posto”.