NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Mariano Rumor: per i giovani una lettera 14 agosto 1943

Per L.M., G. P. e a tutti i giovani che vogliono dedicarsi al bene comune

di Italo Francesco Baldo

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Mariano Rumor: per i giovani una lettera 14 agosto

Introduzione

Il 10 luglio 1943 alle luci dell’alba, ore 4,45, gli Alleati iniziano lo sbarco in Sicilia. L’operazione Husky come era chiamata l’operazione, forte di 160.000 uomini con 600 carri armati mettono piede sulla costa sud-orientale della Sicilia, gli americani della 7ª armata nel Golfo di Cela (tra Licata e Scoglitti), gli inglesi dell’8ª armata di Montgomery nel Golfo di Siracusa, tra il capoluogo e Pachino.

Inizia una storia nuova per il Regno d’Italia.

Nel volgere di pochi giorni, il 25 luglio, il Capo del Governo Italiano, cav. Benito Mussolini, è costretto, Ordine del giorno Grandi, alle dimissioni dai suoi stessi camerati di Partito. Il re, Vittorio Emanuele II di Savoia, non solo le accetta, ma provvede anche a “metterlo in sicurezza”.

Purtroppo la guerra non cesserà, ma nella società italiana grandi cambiamenti si annunciano. Ciò che sembrava zittita per sempre, l’opposizione al fascismo, non solo riprende vigore, ma molti che condividevano, accettavano il regime, lo rifiutano, anzi approdano alle formazioni (movimenti e Partiti) che lo combattevano clandestinamente o che nascono nel breve volgere di quei giorni.

Ripercorrere proprio quei giorni a Vicenza, significa ricordare i giovani che da allora saranno protagonisti anche combattenti per la nascita di una nuova Italia. Alcuni, tra cui Antonio Giuriolo (1912-1944), non vedranno nemmeno l’alba del nuovo Stato, altri, dopo aver combattuto per la sua nascita, come Mario Dal Pra (1915-1992), la “serviranno” dalla cattedra di Filosofia all’Università di Milano, promovendo fino alla fine quanto di meglio quei mesi avevano impostato con il pensiero e la formazione culturale di generazioni. Tanti altri vicentini, come Licisco Magagnato debbono essere ricordati, perché da quei giorni iniziarono a proporre e costruire, alcuni con le armi, ma tutti con la forza delle loro convinzioni ideali a costruire quella che riteneva dovesse essere il nuovo corso della storia italiana.

Due significativi interventi vanno ricordati. Uno, noto, ma poco considerato, è l’articolo, Ordine e libertà, di Mario dal Pra sul rinato “ Il giornale di Vicenza” il 30 luglio 1943 nel quale il filosofo con chiarezza afferma: “« La bandiera del nostro Risorgimento torna a sventolare gloriosa; tornano sulle nostre labbra i nomi di Mazzini, di Garibaldi, di Mameli, di tutti coloro che intesero la Patria come Libertà. Oggi più che mai apprezziamo che cosa significhi avere una responsabilità, partecipare colla propria passione alla vita politica, sentire il peso della propria costruzione, per quanto modesta. Siamo usciti di minorità, abbiamo riguadagnato la personalità. E sentiamo che appunto in questa libertà sta l’ordine vero, l’ordine spirituale. Comprendiamo bene l’abisso che separa il capriccio dalla libertà; il capriccio è appunto il segno della minorità spirituale, lo sbandare di chi non conosce regola, di chi ignora il sacrificio liberamente accettato e deciso. Invece libertà è farsi una nobile coscienza ed a questa essere fedeli. Va contro la libertà appunto colui che, col proprio ideale, tradisce se stesso. Libertà, responsabilità, ordine dell’uomo che colla ragione dà impronta alla sua vita: in ciò consiste la nobiltà migliore del nostro agire…” Un testo che andrebbe considerato e rivisitato-

L’altro è una lettera, che possiamo riprodurre per la cortesia del Presidente della Fondazione “Mariano Rumor”, avv. Lorenzo Pellizzari, e che il giovane Mariano indirizza a Ivo Coccia (1891-1979), un avvocato di Perugia suo corrispondente, che sarà Deputato nella prima legislatura post bellica per la Democrazia Cristiana e al quale Luigi Sturzo indirizzerà un’importante lettera il 25 dicembre 1947: “ Spero – scrive il fondatore del Partito Popolare Italiano- che l’attività politica della Democrazia Cristiana per vostra decisa volontà mostri sempre meglio la ragione morale e sociale del suo essere e del suo programma” (citata da V. De Marco, L. Sturzo e la Democrazia Cristiana: un rapporto critico?, in AA.VV., Universalità e cultura nel pensiero di L. Sturzo, Saveria Mannelli, Rubettino, 2001, p.314 e nota 13.)

 

          

  Mariano Rumor 16 giugno 1915-22 gennaio 1990

 La vita e l’opera politica

Mariano Rumor: per i giovani una lettera 14 agosto (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Mariano Rumor, il più noto degli esponenti ti democristiani vicentini, ebbe formazione cattolica secondo la tradizione familiare. Dopo aver frequentato il Ginnasio-Liceo classico “A. Pigafetta” di Vicenza” si addottorò in Lettere all’Università di Padova con una Dissertazione di laurea sul poeta, Giuseppe Giocosa (1847- 1906) summa cum laude e la dignità della pubblicazione, e fu stampata dalla casa Editrice Cedam di Padova nel 1939. Iniziò la carriera di insegnante nel Liceo classico vicentino, dove aveva come colleghi Giuseppe Faggin, Mario Dal Pra e altri illustri docenti. Dal luglio 1943 lo troviamo protagonista della vita politica della sua città e poi di quella nazionale.

La sua formazione avvenne anche nei movimenti cattolici (Federazione Universitaria Cattolica Italiana- FUCI) che avevano ben recepito fin dal Congresso, il XVIII, di Trieste 1930 le indicazioni dell’Assistente generale, mons. Giovanni Battista Montini, poi Paolo VI, (cfr. M. Quaranta, Marino Gentile e Giovanni Battista Montini: un progetto per rinnovare la filosofia cattolica in Italia- Nota introduttiva all’epistolario, in AA.VV, Modernità della classicità La filosofia etico-politica in Marino Gentile, Udine. Forum, 1996, pp.231-164). In quell’occasione M. Gentile relazionò sui Il compito dei cattolici nella cultura, che delineava proprio quello che i giovani avrebbero dovuto portare avanti anche nella situazione di avversità alla quale il fascismo costringeva le associazioni cattoliche. Un compito che fu ben recepito a Vicenza.

Il 2 giugno 1946 M. Rumor è eletto all'Assemblea Costituente nelle liste della Democrazia Cristiana, forte dell’appoggio che le organizzazioni cattoliche e del clero con il vescovo Carlo Zinato, succeduto a Ferdinando Rodolfi (1866-1943), vescovo di Vicenza dal 1911 che mai mostrò simpatia verso il regime e a quest’avversione improntò con serenità il proprio ministero.

Dal 1946 ininterrottamente Mariano Rumor sarà eletto al parlamento Italiano e sarà più volte sottosegretario, ministro e negli anni difficili tra il 1968 e il 1975 per cinque volte Presidente del Consiglio del Ministri.

Contemporaneamente si occupa anche della vita del Partito della Democrazia Cristiana, fondando una corrente, la Dorotea, che avrà gran peso nella vita politica italiana. L’attenzione dei dorotei, guidati da M. Rumor si incentrava particolarmente nell’azione amministrativa di governo, favorendo la concordia nazionale. Purtroppo il periodo di massima espansione della corrente coincide con quel travaglio ideologico e soprattutto morale che sono “gli anni di piombo”, dove nemmeno il maggior partito di opposizione, il comunista, sa indicare una nuova strada per lo Stato Italiano se non quella che approderà al “compromesso storico”, mentori E. Berlinguer e A. Moro e parzialmente realizzato da G. Andreotti. Ciò nel mentre lo Stato e i cittadini assistono impotenti al rapimento e all’assassinio da parte delle Brigate Rosse di Aldo Moro. Proprio la convergenza tra gli ultimi esponenti politici citati, porterà alla fine della visione politica di M. Rumor. Coinvolto nel 1976 nello scandalo internazionale l’affare Lockheed, che fu anche il tentativo di processare tutta la Democrazia Cristiana, ne uscì indenne, prosciolto, ma ciò determinò anche la fine del suo astro politico.

Ciò che di lui rimane è ancora un dibattito culturale e politico che ne valuti con serenità l’operato, di là delle solite prospettive con cui storici intellettuali usano considerare coloro che non furono “dalla loro parte”. Vari sono gli studi sulla figura dello statista, ne segnaliamo alcuni curati da studiosi vicentini, tra cui quello di G. Giolo, Mariano Rumor : la carriera di un veneto al potere,Milano, Verona: Teti/Città del Sole, 1982, O. Carrubba, P.Piccoli, Mariano Rumor : da Monte Berico a Palazzo Chigi, Bassano del Grappa, Tassotti, 2005, quello di F.Todescan, Il pensiero politico di Mariano Rumor, Vicenza, MR, 2009, bibliografia reperibile in Cfr. F. Agostini, M. Rumor e le Regioni in Italia (1968-1970), in AA. VV., La regione veneto a 40 anni dalla sua istituzione, a cura di F. Agostini, Milano, F. Angeli, 2013, p. 129 nota 1, e infine quello a cura di A. Baldo, Mariano Rumor: per non dimenticare, Vicenza, Esca, 2015. L’approfondimento del pensiero e dell’opera del politico berico è curata dalla Fondazione “Mariano Rumor” con i suoi Annali e altre pubblicazioni, la cura dell’archivio e della Biblioteca personale. La Fondazione ha sede in Contrà Pusterla, 12 Vicenza, presso la casa natale ed è nata sull’indicazione dello stesso politico: “Spero di non eccedere in un troppo alto concetto dell’opera mia se ritengo di aver lasciato una qualche traccia nella storia politica e sociale del mio Paese e nelle relazioni di esso con altri Paesi, nei numerosi incarichi da me ricoperti.

Desidererei che non andasse perduta”.

Attualmente ne è Presidente l’avv. Lorenzo Pellizzari

 

Presso la Fondazione è depositata (BUSTA 335 FASCICOLO 260 N°93) la lettera che riproduciamo in questo nostro intervento. Consta di due fogli dattiloscritti, uno completo, mentre il secondo solo parzialmente.La sola firma “Mariano” è scritta di pugno da Rumor.

 

 La lettera

 “Caro Ivo

Te Deum laudamus e basta! La foga della letizia che inonda l’anima mia nella gioia della riconquistata libertà di pensieri, delle parole, delle azioni, ora spontaneamente incanalate in una disciplina di convinzione e non di costrizione, è inesprimibile. È t’assicuro che in quella notte del 25 luglio in cui seppi della grande notizia, piansi di consolazione. Era il sogno di tanti anni, nutrito in fedeltà di convinzioni interiori, di tradizioni famigliari, di soprusi visti consumare suoi miei cari, che si realizzava finalmente in una certezza di libertà.

Ringraziamo Iddio e preghiamolo che ci conceda di essere degni della missione che i tempi nuovi ci impongono. Perché, caro Ivo, se c’è una cosa che nella letizia mi fa remare è appunto il timore delle responsabilità che incombono oggi a noi cattolici. È inutile nascondercele: a noi spetta cristianizzare la vita sociale, o noi abbiamo tradita la nostra missione. A che ci saremmo preparati in vent’anni di catacombe se non a questa suprema missione di apostolato! E d’altronde siamo noi maturi per affrontare tale responsabilità? Perché le esigenze dell’apostolato non sono soltanto di buona volontà ma altresì di cultura e di coscienza.

Ora, caro Ivo, non per me che sono l’ultima ruota del carro, ma per tutti noi io mi domando se siamo all’altezza della missione che ci incombe. E vorrei avere una voce immensa come il vento per rombare all’orecchio e all’anima di ognuno di noi e dire a ciascuno che non rinnovi per se stesso il gesto ignavo di chi fece il gran rifiuto, che il tempo del comodo raccoglimento formativo è finito, che bisogna che ognuno di noi con la sua poca suppellettile interiore, con le sue piccole porzioni di anima cristiana scenda fra gli uomini, senza ambizioni e senza pretese ma con gonfio cuore di apostolo a dire alta la sua convinzione, a farla nutrimento gradito o sgradito, non importa, perché nutrimento dei singoli e della collettività.

Forse esagero, forse sono retorico e tu mi perdonerai. Ma credi che se retorica è, è retorica dell’anima.

Ora dimmi di te. Io di me non ho molto da dirti, se non che qui si vive sempre sull’allarme. Pur nelle contingenze attuali sto bene: anche se dimagro a vista d’occhio, un po’ per il gran caldo, un po’ per l’insonnia coatta.”

Da Aquila nessuna nuova, se non una scialba lettera di Trecco. A Santi (Fedele Santi) e Selli (Angelo Selli) ho scritto ma non ne ho ricevuto risposta alcuna. Strano, ma mi fanno fare delle considerazioni non ottimistiche sull’amicizia.

Anche tu non essere avaro di notizie. Sii generoso e teniamoci uniti nello spirito. Non è certo lontano il giorno in cui potremo rivederci, e l'incontro nella vita sarà certo una delle cose più care della nostra amicizia, che m’accorgo – guarda, se non è strano questo mio interno – essere viva ed intensa proprio ora che siamo così lontani.

Ti stringo con amicizia la mano e credimi tuo        

 

 Mariano

 

 

Questa lettera ci avverte bene che alla giovinezza con la sua ricerca d’ideali e di prospettive dobbiamo riandare se meglio vogliamo comprendere una personalità che nel corso successivo degli anni ha sviluppato l’ambito di lavoro, di professione e anche quello del servizio alla comunità.

Il politico vicentino Mariano Rumor va prima di tutto considerato nella sua giovinezza, allorché, durante l’epoca nella quale il fascismo era al potere, seppe non farsi coinvolgere e in clima familiare, cittadino orientò la sua vita nella dimensione cristiana, curando il valore della fede cattolica contro quello che fu ed è per molti, purtroppo anche giovani, la lusinga della politica come gestione del potere e alla quale cedono.

Parole chiare che indicano una prospettiva alla quale, crediamo, Mariano Rumor, pur nelle difficoltà contingenti, tenne fede nel corso della sua vita, prima di tutto personale che investì l’attività politica. Gli ideali di Mariano Rumor, non frutto della contingenza, investivano la sostanza dell’uomo e si mostrano come perenni e segni di essere seguiti. Un’elaborazione politica che non sappia riferirsi ad una visione più ampia e soprattutto capace di valorizzare la dignità dell’uomo, non è politica, ma scade, come talora assistiamo, a “carrierismo”. I politici che “han fatta l’Italia” sia nel Risorgimento sia nei decenni successivi rispondeva ad ideali, tanto che si deve dire: “senza ideali la persona, la società e ciò che questi costruiscono, ad esempio lo Stato, nulla sono. Nel discorso pronunciato nel 1971 a Catania Partito Stato Europa nella tradizione di Luigi Sturzo (Roma, A.G.I., 1971), ricordando il fondatore del Partito popolare indicava la prospettiva che i democratici cristiani proponevano che era: “La presenza di uomini liberi e forti, uniti da una grande tradizione, da un’ispirazione universale, dalla volontà di dare al il nostro contributo al mondo nuovo che nasce. Questo si chiede da noi, in questa stagione politica così severa e ricca di prospettive, che solo la nostra ignavia potrebbe far disperdere e trasformare in occasioni perdute.” Una visione dell’impegno politico, che dalla giovinezza si estesa a tutta la sua vita e che può e deve essere stimolo ai giovani a non fare chiesuole, ma guardano con ragione critica la loro prospettiva politica anche avversando quegli adulti del loro stesso partito che non esprimono chiarezza e inseguono le poltrone ora qui ora là, e non rassegnandosi a “si fa quel che si può”, perché si fa quello che è bene fare. Rumor cattolico, accettò la lezione di don Sturzo che voleva i cristiani impegni in politica, ma senza essere “dipendenti” dalla gerarchia, ma dialoganti con essa semmai, perché il cattolico impegnato in politica propone, ma è consapevole dalla realtà contingente (cfr. M. Rumor, Omaggio a Luigi Sturzo, Discorso del 26 aprile 1964 a Caltagirone sulla tomba di don Luigi Sturzo in occasione dell’accensione sulla tomba di una lampada offerta dalla Democrazia Cristiana, Roma, A.G.I., 1964).

Certo l’Italia non si ancorò solo agli ideali di Mariano, agirono altre visioni politiche, ma tutte, allora, di valore ideale, anche quando non condivisibili, ma sempre rispettate dal politico vicentino, che proprio nella giovinezza, vedi il Discorso appena ricordato, si formò quel senso della libertà da difendere o da riconquistare nell’Europa, quasi premessa di una unità morale, che è condizione inderogabile perché la coincidenza degli interessi si trasfiguri in una salda unità politica.”

 

A quell’epoca, alla sua rivisitazione e proposta dobbiamo riandare e ad essa inviare i giovani che intendono o si stanno occupando di politica, perché allora non alle poltrone si mirava, ma all’affermazione di ciò è dovere civile, secondo grandi ideali e convinzioni, quelle che Mariano Rumor ancor oggi ci addita.

 

nr. 23 anno XX del 13 giugno 2015



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